Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2856 del 07/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 2856 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 30653-2007 proposto da:
PEZZARO RICCARDO, elettivamente domiciliato in Roma, Via B.
Tortolini 34, presso lo studio dell’avvocato PAOLETTI NICOLO’, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati GREPPI GIUSEPPE,
RAZETO GIORGIO, come da procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrentecontro
IMMOBILIARE VIOR società semplice, in persona legale rappresentante
Maria Teresa Viana, elettivamente domiciliata in ROMA, Via Pierluigi Da
Palestrina 63, presso Io studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BAROSIO
come da procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale
– controricorrente e ricorrente incidentale ric 1105 del 2008 –

109-ic?// 3

Data pubblicazione: 07/02/2014

avverso la sentenza n. 1090/2007 della COKIE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 02/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2013
dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;
uditi gli avvocati Nicolò Paoletti e Mario (-32ntaldi, che si riportano agli atti

udito il sostituto procuratore generale, dottoressa Francesca Ceroni, che
conclude per il rigetto del ricorso principale e assorbimento del ricorso
incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Immobiliare Vior proprietaria di un immobile di tre piani fuori terra,
oltre sottotetto abitabile e piano interrato, in Cossato, via Mazzini n.82,
adiacente ad altro immobile di proprietà di Pezzaro Riccardo, nel dicembre
del 1988, conveniva in giudizio quest’ultimo, chiedendo che fosse
dichiarato illegittimo quanto da lui costruito in Cossato, via Mazzini, dal
filo del preesistente muro fino al confine con il cortile comune,
relativamente al piano terra e al primo piano, e a distanza inferiore a dieci
metri dal fronte del fabbricato della società attrice quanto al terzo, quarto e
quinto piano, con condanna del convenuto a demolire le edificazioni
illegittime e a risarcire i danni.
Riccardo Pezzaro si costituiva ritualmente, chiedendo, nel merito, il rigetto
delle domande formulate nei suoi confronti, rilevando che le opere che
aveva realizzato erano giustificate dalla concessione in sanatoria n. 31 del
1984 e dalle successive autorizzazioni n. 231/84 e n. 285/85, aventi ad
oggetto rispettivamente l’ampliamento della soletta e il rifacimento del
tetto; che comunque egli disponeva del diritto di sopraelevare in forza
della convenzione del 1975 intervenuta tra lui e la società attrice, che non
vi era stato alcun ampliamento e, ancora, che le norme sulla visuale libera
non possono essere considerate integrative del codice civile, essendo
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-2-

e alle conclusioni assunte;

dirette a tutelare in via principale il pubblico interesse e, solo in via
subordinata, l’interesse privato.
2. All’esito dell’istruttoria esperita (CTU e testi) il Giudice di primo grado
accoglieva la domanda, dichiarando illegittimo, con conseguente condanna
del convenuto alla demolizione, quanto costruito al piano terreno e al

metri 2,60 circa e per l’intera altezza dei piani, e quanto costruito ai piani
terzo, quarto e quinto fuori terra inferiormente alla distanza di metri 10 dal
fronte del fabbricato della società, rigettando la domanda di risarcimento
del danno.
3. La Corte di appello di Torino rigettava l’impugnazione del Pezzaro,
basata sui seguenti motivi: a) errata applicazione della normativa che
indicava la distanza minima in 10 metri tra le costruzioni delle parti, perché
non vigente all’epoca della costruzione ma solo in “salvaguardia”. Detta
disposizione, contenuta al punto 5) dell’art.3..2.2 delle NTA del PRGI
adottato con delibera n.223 del 6.7.1982 era divenuta vigente solo con
l’approvazione regionale di cui al DGR n.88.17090 del 17.7.1987. Le
uniche norme applicabili al caso di specie erano quelle vigenti all’epoca
dell’esecuzione della costruzione, e cioè quelle del piano regolatore .del
1979; b) in ogni caso, la costruzione era legittima, anche tenendo conto
delle norme di salvaguardia, avendo il CTU commesso un “grave” errore di
calcolo nell’applicare il concetto di visuale libera stabilito dalle NTA,
poiché quanto al piano terreno la visuale libera doveva essere misurata
dalle pareti dei locali abitabili e non dal filo delle strutture aperte, e quanto
ai piani superiori doveva essere determinata in modo “normale”, e cioè in
orizzontale così come descritto dall’art. 1.2.2 NTA e conformemente al
codice civile.
L’Immobiliare Vior chiedeva il rigetto dell’appello e, in via subordinata con
appello incidentale condizionato, l’applicazione delle norme di
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-3-

primo piano dal filo del preesistente muro fino al cortile comune, per

salvaguardia.
3.1 La Corte di merito osservava che l’appellante, pur essendo onerato,
non aveva fornito la prova di aver realizzato le costruzioni in questione,
“quanto meno sul piano strutturale” in epoca anteriore a quella nella quale era
entrata in vigore la normativa edilizia applicata dal primo giudice (del 1987)

testimoniali.
Al riguardo, la Corte di merito osservava guanto segue.
«E’ pacifico che Riccardo Pezzato ha eseguito a partire dal 1983 interventi edili sul
fabbricato di sua proprietà, che, per la parte che qui interessa, era originariamente
formato da due piani fuori terra, collegati al rimanente corpo di fabbrica da una veranda
servizio igienico posta a/ primo piano (secondo jnon terra) —cft la relazione del CI il
geom. Arrigo Tornei/en-. Precisamente l’appellante ha costruito tre pilastri che iniziano
con fondazione nel piano terra creando, “tramite colonnati e nuove solette, un fabbricato
a corpo unico che modifica sostarkialmente il fabbricato esistente facendo nascere quattro
nuovi piani (cinque Pori terra), che effettivamente sono il primo (secondo fuori terra)
costituito dall’occupazione dell’area della veranda preesistente e dell’area libera
rimanente, il secondo (terzo fuori terra) costituito da terrazza e piccolo ampliamento
costituito dal tetto piano de/fabbricato prospettante il cortile e dell’area delle demolite
latrine, terzo (quarto fuori terra) ottenuto creando una nuova soletta che diventa un
ampio balcone con un ampliamento prospettante la proprietà VIOR, occupando la
supedicie coperta che come nel piano sottostante corrisponde alle demolite latrine, il
quarto (quinto fuori terra) nasce da un innakamento di parte del tetto de/fabbricato
prospettante la via Mazzini e la corte comune … che utilizzando la parte di soletta
relativa all’ampliamento della parte sottostante per la sola supedicie delle ex latrine e
parte della saetta ricostruita e innalzata di quota … viene a creare un balcone di lar
‘gbezza di circa cm 120 e un piano mansardato – cfr. ancora la relazione peritale del
geom. Tomellen-.

Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-4-

e ciò sulla base della espletata CTU e delle riesaminate risultanze

Dalle misura Rioni effettuate dal CIU geom Tomelleri emerge che la distatka tra
l’immobile di proprietà Peuaro e quello di proprietà Vior, che si fronteggiano con
tinterposkione del cortile comune, appare essere di metri 5,26 misurata dal filo esterno
delle colonne fino all’avancorpo dello stabile della società appellata; la stessa distanza è
stata misurata per i piani soprastanti, fino al teqo fiori terra, e l’altea del fabbricato

fabbricato iniziale».
3.2 La Corte di appello esaminava, quindi, in dettaglio, tutte le istanze
presentate dall’appellante al Comune e la relativa documentazione ivi
prodotta, nonché tutte le prove testimoniali, giungendo a concludere che:
«Da quanto esposto consegue che non vi sono elementi di prova univoci idonei a
dimostrare, ad onere del convenuto appellante che aveva ed ha intenzione d giovarsene;
l’effettiva ultima ione dei lavori, quantomeno strutturali, sul fabbricato di proprietà
Peuaro in epoca precedente all’entrata in vigore del PRGI del 1982, intervenuta nel
1987: si devono pertanto ritenere applicabile al caso di specie le disposkioni del “nuovo”
PRGI richiamato». Così concludendo: «Peuaro Riccardo non ha rispettato,
nelfedifica.zione di cui si discute, la distarka dalla parete finestrata frontistante di metri
10, né, per quanto riguarda i due piani fuori terra realivati in paqiale modifica del
preesistente, la distarka dal confine con il cortile di proprietà della struttura preesistente,
di metri 2.60». Ulteriormente anche osservando: «Si evidenzia che, a fronte
dell’appello principale con il quale si rivendica la legittimità dell’intero intervento posto
in essere dall’appellante, non vi è appello incidentale quanto all’individuaRione della
distanza dei piani già esistenti nell’edificaione precedente in relckione al confine con il
cortile comune».
3.3 Quanto, infine alle modalità di calcolo delle distanze, osservava la
Corte di merito quanto segue. «Le dogliarke dell’appellante riguardo alle modalità
di misurazione adottate dai CTU sono ingiustificate, per quanto riguarda l’estremo
rappresentato dal lato esterno dei pilastri realkRyti a piano terra come punto di
riferimento per la misurckione della distarka dalla parete del fabbricato frontistante, e
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-5-

Peuaro è maggiore rispetto a quella degli stabili confinanti e, per metri uno, rispetto al

inconferenti relativamente alla prospettata modalità di determina.zione, ipoti uala come
radiale invece che oriuontale, della distanza da/ fabbricato di Vior s. s. per quanto
riguarda gli altri piani. Per il primo profilo infatti correttamente il CITI, e quindi il
Tribunale di Biella, hanno considerato come costruzione ai fini del calcolo delle distane
l’area coperta – sena muri perimetrali verso il cortile -, che fa da soletta per

da pilastrini di sostegno, trattandosi di opera stabilmente infissa al suolo, ani portante
per i piani superiori, destinata quindi ad estendere ed ampliare la consistenza del
fabbricato e non a semplice elemento accessorio ornamentale dello stesso -fr, per
esempio, Cass. n.5963104 -; per il secondo profilo, l’appellante non giustifica in alcun
modo, in particolare sotto il profilo tecnico, la sua critica e da nessun elemento agli atti,
considerata prima di tutto la stessa relazione tecnica, è possibile ipotivare che il geom.
Tomelleri abbia utilivato il criterio radiale e non quello oriuontale per quantificare la
distanza tra i fabbricati delle parti quanto ai piani superiori, con ciò apparendo
superfluo qualsiasi. altro approfondimento al riguardo».
4. Impugna tale decisione il signor. Pezzaro, che articola quattro motivi.
Resiste con controricorso e avanza ricorso incidentale condizionato la
società VIOR. Resiste con controricorso al ricorso incidentale il Pezzaro.
Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato quanto al terzo motivo, che va accolto, ed
infondato nel resto; il ricorso incidentale subordinato è
inammissibile per quanto di seguito si chiarisce.
1. — Col primo motivo di ricorso si deduce: «Violnione dell’art. 873 c.c. come
integrato dall’art. 21 N.T.A. (P.R.G.C. 1979 e modificato nel 1985 in seguito a
variante Jpecifica): viola.zione dell’art. 11 delle disposkioni sulla legge in generale
(Preleggi), in relaR.ione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa e contraddittoria motivazione su
un punto decisivo della controversia in relcqione all’art. 360 n. 5 c.p.c. in relaRione
all’individuaione della normativa applicabile in materia di distane in caso di
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-6-

l’edifica.zione e/ o l’ampliamento dei piani sovrastanti, delimitata verso il cortile comune

successione di leggi nel tempo». Le uniche norme applicabili nel caso di specie
sono costituite dalle disposizioni contenute nel P.R.G.C. del 1979 e, per il
periodo relativo all’ultimazione dei contestati lavori, quelle della variante
specifica del 1985. Tali norme non prevedono alcuna disposizione sulle
distanze, resta applicabile l’art. 873 c.c., che prescrive una distanza minima

consulenza tecnico d’ufficio.
I giudici di primo e secondo grado hanno errato, avendo applicato alla
fattispecie la distanza di 10 metri, prescritta dal punto 5) dell’art. 3.2.2.
delle N.T.A. adottate con delibera n. 223 del 6.7.1982 (successivamente
integrata con delibera n. 68 del 15.2.1983) e divenuta vigente solo con
l’approvazione regionale di cui alla D.G.R. N. 88.17090 del 17.2.1987 e
quindi successivamente al rilascio dei titoli abilitativi e all’esecuzione delle
opere, epoca alla quale va riferita l’applicabilità della relativa normativa
(Cass. 18 giugno 1999, n. 6093), o quanto meno quella vigente al momento
dell’inizio dei lavori (Cass. 14 dicembre 1999, n. 14022).
Poiché l’ultima concessione edilizia, in sanatoria, era stata rilasciata al
signor Pezzaro il 30 aprile 1986, la distanza applicabile al caso di specie è
quella di 3 metri prescritta dall’articolo 873 c.c., dato che le norme
contenute nel P.R.G.C. del 1979 e della variante specifica del 1985, allora
vigenti, non contenevano alcuna disposizione in materia. Inoltre, la
distanza di 10 metri imposta dalla variante al P.R.G.C. approvata con
D.G.R. N. 88.17090 del 17.2.1987, è da ritenersi priva di qualsiasi rilievo,
«dato che tale disposkione, solo in “salvaguardia” al tempo del rilascio dei titoli
abilitativi e della costruzione, non poteva essere considerata integrativa dell’articolo 873
c.c. (cfr ad esempio Cass. Il, 6 novembre 1997, n. 10885; cassazione, II, 22 manzo
1996, n. 2473».

Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-7-

di 3 metri. Quest’ultima è ampiamente rispettata come risulta dalla stessa

La sentenza impugnata è errata, perché ha preso in considerazione la data
di ultimazione dei lavori e non quella del rilascio dei titoli abilitativi o, al
più, dell’inizio dei lavori.
In ogni caso, la nuova disciplina maggiormente restrittiva in materia di
distanze «… “non è applicabile alle costruzioni che al momento della sua entrata in

organiche, che costituiscono un punto di nfitiinento per la misurazione delle distane in
ossequio all’esigena del rispetto dei diritti quesiti ” (Cass. 18 marzo 1987, n. 2720».
Sotto tale profilo, il giudice di appello, al fine di individuare la distanza
legale, aveva errato nel prendere «in considera ione “l’effettiva ultimnione dei
lavori” e non la reakza.zione di quelle strutture (solette, colonne e struttura) rilevanti
per la misurazione del distacco».
Viene formulato il seguente quesito: «se la normativa edilkia applicabile in
materia di distane è quella vigente al momento del rilascio dei titoli abilitativi o
dell’inkio dei lavori; se, di conseguenza, nel caso di specie, la distanza tra le costruzioni
debba essere determinata in 3 metri, secondo quanto disposto dall’ad. 873 c. c. come
integrato dal norme contenute nel P.R.G.C. del 1979 e della variante specifica del
1985; se la normativa edilkia applicabile in materia di distane è quella vigente al
momento della realkzazione delle strutture organiche, che costituiscono un punto di
iiilèrimento per la misurazione delle distane e non al tempo dell’ultimaRione dei lavori;
se, di conseguenza, nel caso di specie, la distanza tra le costrnioni debba essere
determinata in 3 metri, secondo quanto disposto dall’ari’. 873 c. c. come integrato dal
norme contenute nel P.R.G.C. del 1979 e della variante specifica del 1985».

1.2 – Il motivo è infondato. La sentenza ha fatto corretto riferimento, ai
fini dell’applicabilità della normativa sopravvenuta, alla mancanza di prova
dell’ultimazione dei lavori strutturali prima della sopravvenienza della
norma più restrittiva. Al riguardo questo Collegio condivide i principi
affermati al riguardo da Cass. SU 1976, n. 3901, secondo cui “Nell’ipotesi di
successione nel tempo di differenti discipline edilkie, la seconda delle quali sia più
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-8-

vigore possono considerarsi già sorte per la già attuata realiunione delle strutture

restrittiva della precedente, la costruzione eseguita in conformità di una licenza edilizia
rilasciata prima dell’entrata in vigore del nuovo piano regolatore, rende inapplicabile
quest’ultimo nei rapporti fra privati, nella sola ipotesi che la costruzione medesima sia
stata già eseguita. almeno nei suoi elementi essenziali, prima dell’entrata in vigore della
nuova disciplina urbanistica», nonché da Cass. n. 10351 del 1994, secondo cui

“ius sloerveniens” deve essere armonizzato con l’esigenza del rispetto dei diritti quesiti,
talché nell’ipotesi che le nuove norme siano più restrittive, la nuova disciplina non è
applicabile alle costruzioni che al momento della sua entrata in vigore possano
considerarsi già sorte”. Occorre osservare, poi, che la questione
dell’applicabilità dello ius superveniens prescinde dalla esistenza o meno di
una concessione edilizia e dalla eventuale legittimità di essa o sanatoria, ma
si ricollega unicamente all’elemento fattuale della esistenza all’atto
dell’entrata in vigore della norma sopravvenuta di un’opera qualificabile
come costruzione e conforme in quanto tale alle prescrizioni anteriori. Al
riguardo viene condiviso il principio affermato da questa sezione (Cass. n.
3771 del 15/03/2001) secondo il quale “In tema di edilizia quando nel tempo si
succedono una pluralità di norme regolatrici, la legittimità o meno di ciascuna attività
edificatoria e le relative conseguenze vanno accertate con rzferinento alla normativa
vigente all’epoca della realizzazione dell’attività stessa”. Nella specie la sentenza ha
affermato con un apprezzamento di fatto che non era stato provata
“l’effettiva ultimazione dei lavori, quanto meno strutturali, sul fabbricato in
epoca precedente all’entrata in vigore del PRG del 1982.
2 — Col secondo motivo di ricorso si deduce: «Omessa e contraddittoria
motivazione Si? un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c..p.c.
in relazione all”ultimazione dei lavori”». La documentazione prodotta dalle
parti, le deposizioni dei testi e la consulenza tecnica d’ufficio svolta nel
giudizio di primo grado dimostrano che gli interventi edilizi eseguiti dal

Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-9-

“In caso di successione di norme edilizie il principio dell’immediata applicazione dello

signor Pezzaro, nella parte influente sulle distanze legali, si erano conclusi
in epoca antecedente all’approvazione della variante al P.R.G.C. del 1987.
L’ultima concessione edilizia (114/86 del 30 aprile 1986) era stata rilasciata
al signor Pezzaro in sanatoria, ai sensi dell’art. 13 della legge 28.2.1985 n.
47. Quindi, «le opere in essa rappresentate erano state già eseguite poiché,

potuto concederla … «I disegni allegati alla sanatoria mostravano la consistenza di
quanto realk.zato» … in essi «si distingue chiaramente la parte già edificata sulla base
delle concessioni precedenti (docc. 1 e 2 del fascicolo di primo grado) e la parte chiesta in
sanatoria consistente nei pilastri in elevazione dal piano terreno al teqo, in archi e
terrai .del primo, secondo e terzo piano. I disegni sono poi ulteriormente illustrati e
confermali dalle fotografie sempre allegate all’istan.za di sanatoria, che mostrano lo stato
dei luoghi antecedente alla concessione n. 49 del 1985».
La stessa relazione del CTU, nell’affermare che “i/3014/1986 si richiede una
Concessione finale in sanatoria che dovrebbe sanare tutte le opere effettuate sencr
concessione dal 1983 (Concessione 144/1986 allegata al fascicolo avv. Perino). In
questa occasione si dichiara chiaramente che i colonnati a partire dal piano terra sono
abusivi”, sostanzialmente ne confermava l’esistenza a quella data. Anche
dalla restante ulteriore e copiosa documentazione prodotta, conseguente
all’esecuzione dei lavori in più tempi, si ricavava la conferma di tale
circostanza. Quanto alle prove testimoniali, la Corte d’Appello non ha
tenuto conto di quelle dei signori Prevelato, Vercellone e Barberis (che
hanno confermato che solette, colonne e struttura erano già realizzate fin
dal 1984), mentre «ha invece considerato probanti le dichiarazioni dei signori
Bertoglio, Gallo e Drago che, pure, contrastano non solo con le deposkioni degli altri
testi ma anche con i documenti allegati alla concessione 49/1985 (doc. 2, fascicolo di
primo grado), alla concessione in sanatoria (doc. 3, fascicolo di primo grado) ed alle
risultane della (TU». Così il riorrente conclude l’esposizione del motivo:
«Da quanto precede risulta inaccettabile, sotto il profilo logico-agomentativo,
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-10-

diversamente, non avrebbe avuto senso presentare la domanda né il Comune avrebbe

l’afferma_zione de/giudice di appello secondo cui “non vi sono elementi di prova univoci
idonei a dimostrare, ad onere dei convenuto appellante che aveva ed ha intenione di
giovarsene, l’effettiva ultima_zione dei lavori._ in epoca precedente all’entrata in vigore del
1982, intervenuta nel 1987 …”».

2.1 — Il motivo è infondato.

vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione
(ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), non conferisce al giudice di legittimità il
potere di riesaminare autonomamente il merito dell’intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare,
sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale,
le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via
esclusiva l’accertamento dei fatti, all’esito della insindacabile selezione e
valutazione della fonti del proprio convincimento. Di conseguenza il vizio
di motivazione deve emergete – secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte. Cass. S.U. n. 13045/97 e
successive conformi) – dall’esame del ragionamento svolto dal giudice di
merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente
solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del
mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia,
prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile
contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non
consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base
della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e
significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui
vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano
attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti.
In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al
giudice di legittimità (dall’art. 360 c.p.c., n. 5) – non equivale alla revisione
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-11-

Occorre, in proposito, precisare, in via generale, che la denuncia di un

del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice
del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata. Tale
revisione si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del
giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe estranea alla
funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità

che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito)
giudizio di merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze
istruttorie – prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio
diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a
fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso “sub specie” di
omesso esame di un punto decisivo. Del resto, il citato art. 360, comma
primo, n. 5), cod. proc. civ. non conferisce alla Corte di cassazione il
potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto
spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito,
valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo,
tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti
in discussione. (Cass. n. 4766 del 06/03/2006 – Rv. 587349)
In definitiva, le censure concernenti vizi di motivazione devono indicare
quali siano i vizi logici del ragionamento decisorio e non possono risolversi
nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella
operata dal giudice di merito (Cass. n. 12467 del 25/08/2003 – Rv.
566240). Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi
della motivazione, si può giungere solo quando tale vizio emerga
dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta
dalla sentenza, che si rilevi incompleto, incoerente o illogico, e non già
quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-12-

Né, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione

valutati un valore ed un significato difformi dalle aspettative e dalle
deduzioni di parte (Cass. n. 20322 del 20/10/2005 – Rv. 584541).
Nel caso di specie, quanto alla prova dell’avvenuta esecuzione delle opere
strutturali la sentenza ha affermato con motivazione adeguata (vedi amplius
per la motivazione della Corte di merito la parte della presente sentenza

erano stati rilasciati sulla base di affermazioni e allegazioni del richiedente
non necessariamente riscontrate, in fatto, dagli organi concedenti e/o
autorizzanti; 2) dalle testimonianze assunte non emergevano elementi
univoci idonei a datare con certezza l’ultimazione dei lavori strutturali,
comprensivi dei muri di tamponamento e perimetrali, anteriormente alla
vigenza del nuovo piano regolatore. Va ulteriormente considerato al
riguardo che la presunzione di legittimità di un atto amministrativo
concessorio od autorizzativo non opera laddove tra privati si controverta
in ordine alle lesione derivata ai terzi dall’esercizio dell’attività oggetto di
concessione o autorizzazione. In definitiva, parte ricorrente nella sostanza
non formula correttamente una censura ex art. 360, comma 1, n. 5 cod.
proc. civ. ma si limita a proporre una propria personale lettura delle
risultanze probatorie, chiedendone una nuova valutazione, inammissibile
in questa sede.
3 — Col terzo motivo di ricorso si deduce: «Violazione dell’art. 2697 c.c. in

relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. ». Il giudice di appello, con
l’affermazione riportata al termine del secondo motivo di ricorso, ha
inoltre compiuto un ulteriore errore in diritto; violando l’art. 2697 c.c., in
materia di onere della prova. L’onere della prova è a carico del soggetto
che chiede la demolizione delle opere ritenute in contrasto con le
disposizioni relative alle distanze tra costruzioni: “Spetta al proprietario
che chiede la demolizione dell’opera in violazione della normativa sulle
distanze dimostrare che al momento dell’entrata in vigore della disciplina
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-13-

dedicata allo svolgimento del processo), che: 1) gli atti amministrativi

più rigorosa essa non era completata, mentre il convenuto può limitarsi a
contestare, senza altro onere probatorio, neppure nel caso abbia articolato
prova testimoniale sul punto, sempre che non vi sia inequivoca rinuncia ai
vantaggi derivantigli dai principi che disciplinano la prova” (Cass. 1998, n.
141).

appello, in assenza di prova dell’ultimazione delle opere strutturali
successivamente al febbraio del 1987, tempo di entrata in vigore del nuovo
P.R.G.C., la domanda della società immobiliare Vior doveva essere
respinta.
Viene formulato il seguente quesito: «se l’onere della prova, in caso di opere
ritenute in violazione della normativa sulle distanze, sia a carico del soggetto che ne
chiede la demolizione, il quale è conseguentemente tenuto a provare il momento della
realizzazione delle opere, la normativa ad essa applicabili e tutte le altre circostanze
presupposto dell’accoglimento della domanda; se, di conseguenza, nel caso di specie, in
assenza di prova dell’ultimazione delle opere strutturali successivamente al febbraio del

1987, tempo di entrata in vigore del nuovo P.RG.C, la domanda della società
immobiliare Vior doveva essere respinta»
3.1 li motivo è fondato. La sentenza ha affermato che “non vi sono elementi
di prova univoci idonei a dimostrare, ad onere del convenuto appellante che aveva ed ha
intenzione di giovarsene” idonei a dimostrare “l’effettiva ultimazione dei lavori,
quantomeno strutturali, sul fabbricato di proprietà Pezzaro in epoca precedente
all’entrata in vigore del PRGI del 1982, intervenuta nel 1987”, violando i principi
affermati al riguardo da questa Corte. Al riguardo Cass. n. 141 del
09/01/1998 ha affermato il condiviso principio secondo cui “Spetta al
proprietario che chiede la demolizione dell’opera in violazione della normativa sulle
distanze dimostrare che al momento dell’entrata in vigore della disciplina più rigorosa
essa non era completata, mentre il convenuto può limitarsi a contestare, senza altro onere
probatorio, neppure nel caso abbia articolato prova testimoniale sul punto, sempre che
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-14-

Per questa ragione, contrariamente a quanto affermato dal giudice di

non vi sia inequivoca rinuncia ai vantaggi derivantigli dai principi che disciplinano la
prova”, principio successivamente confermato da Cass. n. 8661 del
25/06/2001; Cass. n. 22780 del 03/12/2004.
4 – Col quarto motivo di ricorso si deduce: «Violnione dell’art. 873 c.c. come
integrato dall’art. 1.2.2. e art. 3.2.2. N. TA. del P.R.G.C. del 1987 in relnione

all’art. 360 n. 3 c.n.c: omessa e contraddittoria motivnione su un punto decisivo della
controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. in relnione alla misurazione della
distana tra le costrnioni».
Anche applicando le norme in salvaguardia (art. 1.2.2. e art. 3.2.2. delle
N.T.A. adottate con delibera n. 223 del 6.7.1982) la costruzione del signor
Pezzaro sarebbe da considerare legittima. «La C.T.U., infatti, ha commesso un
grave errore di calcolo, non rilevato dal giudice, nell’applicare il concetto di visuale libera
stabilito dalle N. TA.. Per quanto riguarda il piano terreno, infatti, la distanza tra
fabbricati secondo la visuale libera doveva essere misurata dalle pareti dei locali abitabili
(fi: art. 1.2.2. e grafico allegato al P.R.G.C.) e non dal filo delle strutture aperte come
fatto dal C. T U. (ger. pagg. 10 e 11). E’ noto, infatti, che le norme in materia di
distane sono imposte allo scopo di evitare la formnione di intercapedini dannose;
pertanto sono da considerare irrilevanti e dunque sempre consentite opere che, pur
delimitando degli soni, tuttavia, come nel porticato del signor Peuaro, consentono la
circolazione dell’aria e non limitano la luminosità (d.r. Cass. 1999 n. 5236, in
motivazione, dove si fa espresso riferimento a porticati, logge, balconi, scale esterne in
aggetto). La distanza, poi, con riferimento ai piani superiori doveva essere misurata in
modo “normale”, cioè in orkzontale così come prescritto sempre dall’art. 1.2.2. N.T.A.
gr. anche i grafici allegati alle N. TA.) e conformemente al codice civile: “In relazione
allo scopo delle limitnioni poste dall’art. 873 c. c. e dalle norme legislative o
regolamentari che lo integrano, che è quello di evitare intercapedini dannose, le distane
tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distane rispetto alle
vedute, ma in modo lineare” (Cass. 1993, n. 7048). Viene formulato il seguente
quesito: «se, in relazione agli arti. 1.2.2. e 3.2.2. delle N. TA. adottate con delibera n.
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-15-

1\1\1

223 del 6.7.1982 (approvati definitivamente nel 1987) integrativi dell’art. 873 c. c., la
visuale libera doveva essere misurata dalle pareti dei locali abitabili e non dal filo delle
strutture aperte come fatto dal C.T.U. e in modo lineare e non radiale; di conseguen.za
se, applicate correttamente tali norme, la costruzione del signor Peuaro risulti a
distanza legale».

posto che le misurazioni furono effettuate, per come rilevato dalla Corte
d’appello, secondo le tecniche previste e in conformità alla relativa
normativa e, quanto al vizio di motivazione, la corte d’appello ha chiarito
che non risulta che le misurazioni siano state effettuate secondo le
indicazioni dell’appellante, che al riguardo nulla aveva dedotto neanche
indicando il risultato della diversa misurazione applicabile.
5. Il ricorso incidentale.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce «Viola.zione e falsa
appliccqione dell’art. 873 c.c. e dell’ad. 9 comma 1, n. 1, del d.m. 2.4.1968, in
rela.zione all’art. 360, n. 3, del p. c. ». Si assume che il base all’art. 21 prg del
1979 la costruzione del convenuto avrebbe dovuto comunque mantenersi
alla preesistente distanza di In. 2,60 dal confine del cortile comune anche
per i piani superiori non avendo rispettato la distanza originaria dei volumi
preesistenti.
Il motivo è inammissibile perché attinge una questione ritenuta assorbita
dalla Corte di merito.
6. In definitiva, il ricorso principale va accolto quanto al terzo motivo,
mentre va rigettato per gli altri; il ricorso incidentale va dichiarato
inammissibile. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo
accolto e rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello
di Torino che si atterrà al principio di diritto esposto con riguardo al terzo
motivo di ricorso.
P.T.M.
Ric. 2007 n. 30653 e 1105 del 2008 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-16-

4.1 Il motivo è infondato. Non sussiste la dedotta violazione di legge,

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello
di Torino, anche per le spese.

L’ESTENS2

IL PRESIDENTE

Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 10 ottobre 2013

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA