Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28557 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 23/12/2011), n.28557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24446-2010 proposto da:

A.B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARZO RICCARDO giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 172/2010 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositato il 09/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2011 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che

ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.B.M. ricorre per cassazione avverso il decreto della corte d’appello di Potenza del 9 marzo 2010 che, accogliendo la domanda di equa riparazione del pregiudizio non patrimoniale derivante dall’irragionevole durata di un giudizio promosso davanti al tribunale di Lecce il 20 novembre 1980 è stato definito con sentenza di questa Corte dell’11 settembre 2008, ritenuta ragionevole una durata del giudizio di dieci anni e nove mesi (tre anni per il giudizio di primo grado, oltre a due anni per la complessa attività istruttoria e i numerosi rinvii richiesti dalle parti; due anni per il giudizio d’appello oltre a due anni per rinnovo della c.t.u. e i rinvii chiesti dalle parti; un anno e nove mesi per il giudizio di legittimità, tenendo presente il tempo trascorso tra il deposito della sentenza d’appello e il deposito del ricorso per cassazione) ha determinato la durata irragionevole in diciassette anni (ventisette anni e nove mesi complessivi meno la durata ritenuta ragionevole di dieci anni e nove mesi) e ha liquidato un’equa riparazione di Euro 17.000,00 e ha compensato le spese di lite attesa la parziale soccombenza dell’attrice e la non opposizione della difesa erariale alla giusta liquidazione. La ricorrente ha presentato memoria. 11 Ministero della giustizia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente (con sette motivi) censura la decisione della corte d’appello di Potenza deducendo: a) la mancata liquidazione dell’equa riparazione per l’intera durata del giudizio; b) l’errata detrazione dell’intero periodo corrispondenti ai rinvii e l’errata qualificazione dell’istruttoria come complessa; c) la limitazione della liquidazione alla stregua del parametro minimo adottato dalla giurisprudenza EDU; d) l’erronea compensazione delle spese di lite.

Il ricorso merita accoglimento solo in relazione all’ultima censura.

E’ orientamento pacifico che la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso. Tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla repubblica italiana con la ratifica della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, par. 1, convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2), sicchè deve dichiararsi manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata al riguardo. La corte territoriale ha puntualmente indicato le ragioni per le quali i periodi dei rinvii chiesti dalle parti e la complessità della controversia giustifica un aumento del periodo di durata da ritenere ragionevole e le censure della ricorrente costituiscono un’inammissibile critica all’accertamento di fatto del giudice del merito, congruamente motivato. La corte territoriale, liquidando la somma di Euro 1.000,00 per anno di ritardo ha fatto corretta applicazione dei parametri di liquidazione applicati dalla corte EDU e normalmente utilizzati dai giudici nazionali, non essendo censurabile, in quanto risultato dell’esercizio di un potere discrezionale, la mancata liquidazione della misura massima di Euro 1.500,00 pure risultante dai suddetti parametri.

Non è corretta la motivazione della compensazione delle spese con il riferimento alla natura costitutiva dell’azione L. n. 89 del 2001, ex art. 2 e alla mancata contestazione da parte dell1 amministrazione del diritto a una giusta riparazione del danno morale. Infatti, come è stato già affermato (cass. n. 1101/2010), l’azione giudiziaria di cui si tratta non ha natura costitutiva, ma di condanna perchè nulla impedisce alla pubblica amministrazione di predisporre i mezzi necessari per offrire direttamente soddisfazione a chi abbia sofferto un danno a cagione dell’eccessiva durata di un giudizio in cui sia stato coinvolto. Inoltre l’affermazione dell’amministrazione di non opporsi a una giusta liquidazione dell’equa riparazione non implica, di per sè, acquiescenza alla pretese dell’attore e non per questo giustifica che i costi del processo debbano restare, in tutto o in parte, a suo carico.

Non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere le spese del giudizio di merito possono essere liquidate ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

Le spese di questo giudizio, previa compensazione per due terzi, attesa la soccombenza rispetto alla maggior parte dei motivi, sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigettati gli altri motivi, accoglie il settimo e decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna l’amministrazione al pagamento delle spese del giudizio di merito nella misura di Euro 1.140,00 (Euro 490,00 per diritti, Euro 600,00 per onorari) oltre alle spese generali e agli accessori come per legge; liquida per il giudizio di cassazione Euro 965,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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