Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28555 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/12/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 15/12/2020), n.28555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23805-22 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in d Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.I.;

– intimato –

avverso la sentenza 74/2012 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 18/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nel camera di consiglio del 1

/01/2020 dal Consigliere Dott. FRACAZANI MARCELLO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il contribuente quale titolare della ditta individuale “Impresa Montaggi P.” era attinto da avviso di accertamento per gli anni di imposta 2000 e 2001 in relazione a versamenti di somme a due persone non iscritte a libro matricola, deducendone l’Ufficio la corresponsione di compensi non registrati a lavoratori dipendenti, cui non seguivano le ritenute alla fonte, nonchè rideterminando anche il maggior reddito d’impresa.

Reagiva il contribuente avanti la commissione di prossimità, dimostrando di essersi avvalso della definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 7, restando quindi inibito ogni potere accertatorio dell’ufficio per gli anni d’imposta in questione. Nel corso del giudizio di primo grado l’Amministrazione finanziaria lascia cadere le pretese circa il maggior reddito d’impresa, ma insisteva per la ripresa a tassazione delle ritenute non versate e delle relative sanzioni, in quanto trattarsi di voci non comprese tra quelle espressamente indicate dal prefato art. 7 per cui si era concretata la definizione agevolata. La CTP apprezzava le ragioni del contribuente e l’appello dell’Ufficio era rigettato dalla CTR, assumendo che la procedura della L. n. 289 del 2002, art. 7 inibisce -per gli anni in questione- le procedure di accertamento di cui agli D.P.R. n. 600 del 1973, artt. n. 32, 33,39 e 40, nonchè le forme di accertamento sintetico, nonchè specularmente, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51,52,54 e 55 a fini Iva, sicchè il potere dell’Ufficio non poteva esercitarsi nei confronti del contribuente per annualità pacificamente definite profittando della forma agevolata.

Avverso questa sentenza ricorre l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi a due motivi, mentre è rimata intimata la parte contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti due motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si solleva censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione L. n. 289 del 2002, art. 7, nella sostanza lamentandosi che l’art. 7 riguardi espressamente solo alcune tipologie di imposte, ivi indicate al comma 1, tra le quali non rientrano le ritenute per i lavoratori dipendenti, sicchè avrebbe errato la CTR nell’estendere ad ogni tipologia di tributo la definizione di cui all’art. 7, indebitamente assimilandola a quella dell’art. 9 che tratta del diverso condono c.d. “tombale”, richiedendo però altre tipologie di versamento e diversa dichiarazione, mentre quella in concreto operata -nella forma e nella sostanza- era la più ristretta procedura di cui all’art. 7 predetto.

Sul tema è intervenuta questa Corte affermando che “Le disposizioni in tema di condono fiscale, essendo derogatorie rispetto a quelle ordinarie, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, insuscettibili di applicazione analogica; a propria volta, anche ciascuna delle ipotesi agevolative previste dalla L. n. 289 del 2002, ha una propria specifica disciplina, di stretta interpretazione, insuscettibile di essere integrata in via ermeneutica sia dalle norme generali dell’ordinamento tributario sia da quelle dettate per altre forme di definizione agevolata, ancorchè contemplate dalla medesima legge.” (Cass. V. n. 17796/2018), sicchè non è possibile far rientrare nell’alveo delle imposte definite alcuna voce o tipologia diversa da quelle esplicitamente indicate al comma 1 dell’art. 7 più volte citato. All’opposto, la CTR ha adottato un’inammissibile interpretazione analogica espressamente vietata per le norme eccezionali (art. 14 disp. prel.), facendovi rientrare anche le ritenute per i lavoratori dipendenti, il cui accertamento non resta inibito all’Ufficio.

Il motivo è dunque fondato ed assorbente.

2. Con il secondo motivo viene prospettato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 ove la medesima circostanza viene censurata in via gradata sotto diversa forma, qualora si ritenga l’assunto sull’avvenuto condono come frutto di accertamento in fatto. Il motivo, posto espressamente in via gradata, resta assorbito dall’accoglimento del precedente.

In definitiva il ricorso è fondato e merita accoglimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR per l’Emilia Romagna, in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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