Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28554 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 06/11/2019), n.28554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Dario – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17493-2014 proposto da:

SALID spa, elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA

19, presso lo studio dell’avv. CLAUDIO IOVANE, rappresentata e

difesa dall’avv. ANTONIO FELEPPA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BATTIPAGLIA, elettivamente domiciliato in BATTIPAGLIA,

PIAZZA ALDO MORO 1, rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE LULLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4026/09/14 della CTR di Napoli, Sez. dist.

Salerno, depositata il 17/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal relatore Dott. CAVALLARI DARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De

Matteis Stanislao, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso e la dichiarazione di inammissibilità del controricorso;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso avanti alla Commissione tributaria provinciale di Salerno la SALID spa srl ha impugnato quattro avvisi di accertamento in rettifica di ufficio relativi agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008 con i quali il Comune di Battipaglia, accertato il valore complessivo di due aree fabbricabili in Euro 11.799.783,60, aveva liquidato la maggiore imposta ICI in Euro 41.299,24, oltre sanzioni ed interessi per Euro 60.781,73.

La CTP di Salerno, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 12/18/12, ha accolto in parte il ricorso.

Il Comune di Battipaglia ha proposto appello che, nel contraddittorio delle parti, la CTR di Napoli, Sez. dist. di Salerno, con sentenza n. 4026/09/14, ha accolto.

La SALID spa ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Comune di Battipaglia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dichiarato inammissibile il controricorso, non risultando dagli atti che sia stato notificato alla controparte.

D’altronde, come chiarito già con provvedimento del 26 marzo 2013, l’esito negativo della notifica di un atto non preclude alla parte incolpevole di domandare la ripresa del processo notificatorio, con la conseguenza che detta ripresa, ove intervenuta in un tempo ragionevolmente contenuto, comporterà che la successiva notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento.

Nel caso in esame, peraltro, la parte interessata non ha chiesto di riattivare la notificazione e, quindi, il controricorso è da reputare inammissibile.

2. Con il primo motivo, la SALID spa lamenta l’errore in procedendo e la nullità della sentenza o del procedimento.

In particolare, essa deduce che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di motivare in ordine alla eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dalla medesima società contribuente.

La doglianza è inammissibile.

Infatti, la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche ove sia stata omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (Cass., SU, n. 2731 del 2 febbraio 2017).

Nella specie, la società ricorrente afferma che il Comune di Battipaglia avrebbe emesso degli avvisi di rettifica degli accertamenti impugnati, con la conseguenza che l’appello sarebbe stato inammissibile ed il giudizio si sarebbe estinto.

Nella sostanza, ritiene la SALID spa che l’amministrazione avrebbe prestato acquiescenza alla decisione di primo grado, che aveva, in parte, accolto l’appello.

Peraltro, benchè sia vero che la CTR non ha espressamente motivato in ordine al rigetto dell’eccezione e che la ragione di tale rigetto va ricavata implicitamente dalla circostanza che il gravame è stato esaminato nel merito, il motivo della parte contribuente risulta inammissibile, avendo il giudice di secondo grado comunque correttamente deciso di non dichiarare estinto il giudizio.

Infatti, l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c., consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa sia tacita. In quest’ultimo caso, essa può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dati quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione (Cass., SU, n. 12339 del 20 maggio 2010; Cass., Sez. 5, n. 1156 del 21 gennaio 2008).

Nel caso in esame, il fatto che l’amministrazione interessata abbia emesso gli accertamenti in rettifica in esecuzione della sentenza di primo grado che aveva dato parzialmente ragione alla società contribuente non comporta assolutamente che essa non potesse impugnare la decisione ad essa sfavorevole, essendo quella dalla stessa posta in essere una attività doverosa, in presenza di una pronuncia che, in accoglimento del ricorso della SALID spa, aveva prescritto che provvedesse “ai conseguenti adempimenti”.

Ne consegue che la scelta della CTR di esaminare nel merito l’appello, pur se non motivata espressamente, è da considerare conforme a diritto.

Se ne ricava l’inammissibilità del motivo.

2. Con il secondo motivo la SALID spa lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992m, art. 5 e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g, perchè la CTR non avrebbe spiegato le ragioni per le quali aveva ritenuto detratta, ai fini impositivi, la superficie di mq 25445,75 oggetto della cessione contenuta nella convenzione conclusa tra la medesima SALID spa ed il Comune di Battipaglia.

Inoltre, la società ricorrente contesta il fatto che il giudice di appello avesse ritenuto il Comune di Battipaglia legittimato ad accertare maggior valore del suolo sulla scorta dei valori di mercato e che, a tal fine, fosse stato utilizzato uno “studio del prof. M.” che non era finalizzato alla vendita del bene, ma al suo “conferimento in fondo immobiliare”.

La prima doglianza è infondata, in quanto la sentenza desume l’avvenuta non considerazione dell’area di mq 25.445,75 dall’esame delle note di trascrizione depositate agli atti, con riferimento all’utilizzo ed al contenuto delle quali alcuna contestazione è stata sollevata nel ricorso.

In ordine all’affermazione della legittimazione del Comune di Battipaglia ad accertare il valore dell’area in questione e del potere di avvalersi della perizia predisposta dal “prof. M.”, si osserva, innanzitutto, che la decisione della CTR sul punto, pur essendo in parte motivata erroneamente in diritto, è conforme al diritto, per cui occorre semplicemente correggere la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

Infatti, in tema di ICI, l’adozione della delibera, prevista dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, con la quale il Comune determina periodicamente per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili se, da un lato, delimita il potere di accertamento dell’ente territoriale qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello così predeterminato, dall’altro, non impedisce allo stesso, ove venga a conoscenza o in possesso di atti pubblici o privati dai quali risultano elementi sufficientemente specifici in grado di contraddire quelli, di segno diverso, ricavati in via presuntiva dai valori delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche, di rideterminare l’imposta dovuta (Cass., Sez. 5, n. 4605 del 28 febbraio 2018).

In particolare, deve affermarsi che la delibera in questione non h natura imperativa, benchè integri una fonte di presunzioni dedotte da dati di comune esperienza ed utilizzabili dal giudice quali indici di valutazione anche con riferimento ad annualità anteriori a quella della loro adozione (Cass., Sez. 6-5, n. 3757 del 2014; Cass., Sez. 5, n. 15555 del 2010).

Essa svolge una funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, costituenti una diretta derivazione dei “redditometri” o “coefficienti di reddito e di ricavi” previsti dal D.L. n. 69 del 1989, convertito in L. n. 154 del 1989, ed atteggiantisi come mera fonte di presunzioni hominis, vale a dire supporti razionali offerti dall’amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti (Cass., Sez. 65, n. 15312 del 2018; Cass., Sez. 5, n. 11171 del 2010).

Ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, il Comune pure in presenza della denuncia di un valore corrispondente a quello indicato nella delibera de qua avrebbe potuto accertare l’effettivo valore dell’immobile.

Ciò si ricava dal fatto che il potere, riconosciuto al Comune dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), di “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di contenzioso”, deve essere esercitato con un regolamento adottato ai sensi del precedente art. 52 il quale, al comma 1, prescrive che “Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti”.

Questo inciso impone, quindi, di rispettare, fra l’altro, il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, per il quale il valore delle aree fabbricabili, ai fini ICI, è quello “venale in comune commercio”. In pratica, i regolamenti predisposti dagli enti locali per prevenire il contenzioso non possono esonerare gli stessi enti dall’obbligo di determinare l’imposta ai sensi degli atti aventi forza di legge che regolano la materia, che costituiscono una fonte di rango superiore, e, quindi, nel rispetto della regola che impone di accertare l’effettivo valore di mercato dei cespiti.

Nel caso in esame, comunque, la società ricorrente aveva omesso, come riportato nella sentenza impugnata, di dichiarare il valore dei beni e, pertanto, la potestà impositiva del Comune di Battipaglia non incontrava le limitazioni ipotizzate da parte contribuente.

Infine, quanto alla contestazione concernente il fatto che la CTR avrebbe utilizzato un documento predisposto su incarico della SALID spa e non relativo alla compravendita del bene, ma al suo “conferimento in fondo immobiliare”, si rileva che gli enti locali, nel compiere i loro accertamenti, possono avvalersi di qualunque atto, pubblico o privato.

In particolare, non è prescritto che l’atto utilizzato sia una compravendita, ben potendo pure, come nella specie, costituire un valido parametro di riferimento un “conferimento in fondo immobiliare”.

3. Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, poichè la CTR non avrebbe ritenuto inammissibile l’appello del Comune di Battipaglia.

La doglianza è inammissibile per difetto di specificità, in quanto la SALID spa non ha riportato nel suo ricorso il contenuto dell’atto di appello contestato.

4. Con il quarto motivo la parte contribuente afferma che la CTR avrebbe omesso di chiarire la ragione per la quale avesse applicato il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 in luogo del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5.

La doglianza è infondata.

Infatti, la decisione di primo grado era stata motivata con riferimento proprio al citato art. 59, con la conseguenza che la CTR non poteva non considerare tale disposizione. Peraltro, si osserva che, in tema di impugnazioni, il giudice di appello incorre nel vizio di extrapetizione allorchè pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato. Non è precluso, invece, allo stesso giudice l’esercizio del potere-dovere di attribuire al rapporto controverso una qualificazione giuridica diversa da quella data in prime cure con riferimento all’individuazione della causa petendi, dovendosi riconoscere a detto giudice il potere-dovere di definire l’esatta natura del rapporto dedotto in giudizio onde precisarne il contenuto e gli effetti, in relazione alle norme applicabili, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al suo esame (Cass., Sez. 2, n. 7620 del 31 marzo 2006).

Pertanto, ben rientra fra i poteri del giudice di appello quello di inquadrare correttamente la vicenda processuale portata alla sua attenzione, anche individuando le disposizioni applicabili.

5. Il ricorso va, quindi, respinto.

6. Alcuna statuizione deve essere assunta in ordine alle spese di lite, essendo stato dichiarato inammissibile il controricorso.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’obbligo, per la società ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata dopo la data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 18 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 6 novembre 2019

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