Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28552 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/12/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 15/12/2020), n.28552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1675-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43,

presso lo studio dell’avvocato LIVIA LORENZONI, rappresentato e

dall’avvocato ALESSANDRO MARIA POESIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza 49/2012 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 23/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

1/2020 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notarile in data (OMISSIS) il contribuente cedeva appezzamento di terreno edificabile in frazione (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS). Contestualmente, si giovava della norma agevolatrice per la rivalutazione dei terreni agricoli edificabili posseduto al primo luglio 2003 prevista dalla L. n. 448 del 2001, art. 7 e successive modifiche, segnatamente quelle del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, allegando perizia giurata avanti lo stesso notaio rogante (che la menziona in atto), senza però dar seguito al versamento dell’imposta sostitutiva nella misura del 4% entro il termine del 16 marzo 2004 legislativamente previsto per il perfezionamento della procedura.

Sennonchè, in sede di conversione del predetto D.L. n. 355 del 2004, la L. 27 febbraio 2004, n. 47 ha introdotto l’art. 6 bis, ove ha postergato i termini di perizia e versamento della tassa al 30 settembre 2004. Il contribuente rinnovava quindi la perizia giurata il 21 settembre ed il 22 successivo pagava il dovuto.

2. L’Ufficio riteneva decaduto il contribuente dai benefici per non aver corrisposto l’imposta entro il 16 marzo 2004, circostanza pacifica in atti, ricostruendo induttivamente il valore del bene compravenduto, con ripresa a tassazione a fini di imposta di registro ed Irpef (plusvalenza da cessione).

Reagiva il contribuente, ottenendo ragione da questa Suprema Corte con ordinanza n. 23377/2011 per i profili attinenti all’imposta di registro e con sentenza della CTR Toscana n. 49/9/2012 per quanto attiene i profili Irpef. Più in particolare, la commissione territoriale rigettava l’appello dell’Ufficio, ritenendo – su precedenti di questa Corte – che non vi sia disposizione normativa che imponga la procedura di rivalutazione prima della cessione del bene.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidandosi a due motivi, cui replica con tempestivo controricorso la parte contribuente.

In prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti due motivi di ricorso.

0. Preliminarmente va disattesa l’eccezione generale di inammissibilità sollevata dal patrono del contribuente, il ricorso assolvendo agli oneri di autosufficienza richiesti da questa Corte: ed invero trattasi di motivi di ricorso sufficientemente specifici e riferiti alla ratio decidendi della sentenza di primo di grado contenendo quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico -giuridico” (Cass. S.U., n. 23299/2011; da ultimo, Cass. S.U., n. 27199/ 2017).

Il ricorso è quindi ammissibile e può essere esaminato.

1. Con il primo motivo si prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione della L. n. 448 del 2001, art. 7 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 14 undecies, convertito dalla L. n. 326 del 2003. Nella sostanza, si premette non volersi contestare l’imposta di registro (e quindi il prezzo di cessione), ormai divenuta definitiva con ordinanza di questa Corte, ma eccepire la regolarità della procedura di rivalutazione, protestando violate le norme indicate, perchè la gravata sentenza fa riferimento alla possibilità di rivalutare anche dopo la cessione del bene, purchè nei termini di legge, ma non si concentra sui diversi adempimenti necessari per perfezionare la procedura ed avere quindi una rivalutazione opponibile agli accertamenti del Fisco.

Nello specifico, alla perizia del (OMISSIS) non è stata fatta seguire il versamento entro il 16 marzo 2004, mentre la perizia ed il versamento operati in settembre, riguardano una procedura entrata in vigore dopo la compravendita, segnatamente il 28 febbraio di quello stesso anno. Di qui la prospettata censura di violazione di legge.

Occorre rilevare, invece, che nelle more della procedura, dopo la redazione della perizia e contestuale vendita, ma prima dello spirare del termine per il pagamento, la legge di conversione del 27 febbraio 2004, n. 47 ha sostituito le parole “16 marzo 2004” con le parole “30 settembre 2004”. Il contribuente ha quindi correttamente perfezionato la procedura di rivalutazione con la riedizione della perizia ed il versamento alla data del 22 settembre 2004, avvalendosi della proroga del termine per il versamento introdotta con la L. di conversione n. 47 del 2004.

La procedura è stata quindi perfezionata ed il motivo è infondato.

2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 per vizio di motivazione, laddove la commissione d’appello avrebbe argomentato solo sul profilo della possibilità di perfezionare la procedura dopo la cessione del terreno, non indagando quali adempimenti fossero necessari per completare la procedura, ovvero perizia e pagamento. Del mancato tempestivo pagamento la CTR non si sarebbe preoccupata, appoggiandosi per il resto alla pronuncia di questa Corte n. 23377/2011 relativa all’imposta di registro su quella medesima compravendita, di qui il vizio prospettato.

La motivazione della gravata sentenza supera il confine entro il quale è consentito lo scrutinio di questa Corte. Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013, n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 9 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2357). Nè il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662).

Peraltro, la soluzione adottata dalla commissione territoriale è conforme all’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. V, n. 30729/2011; Cass. VI-V, n. 25271/2014; Cass. V, n. 19378/2018).

Il motivo è infondato e deve essere disatteso.

Il ricorso è quindi infondato e va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con attribuzione in favore del difensore del controricorrente, avv. Alessandro Poesio, per dichiarato anticipo fattone.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente antistatario.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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