Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28543 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28543 Anno 2013
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: FERRO MASSIMO

y,c).

Data pubblicazione: 20/12/2013

SENTENZA

t-29
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

GEO CONSULT s.r.1., in persona del 1.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. Claudio Preziosi,
elett. dom. presso la Cancelleria della Corte di cassazione, come da procura a margine
dell’atto
-controricorrentePagina 1 di 4 – RGN 22719/2009

estensor

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Napoli, sez.dist. Salerno
2.10.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 19 novembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi l’avvocato dello Stato Bruno Dettori per la ricorrente;

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Napoli, sezione distaccata di Salerno, 20.10.2008 che, in conferma della
sentenza C.T.P. di Avellino n. 96/06/2005, ebbe a respingere l’appello dell’Ufficio,
dunque vanamente diretto a far dichiarare la legittimità del recupero del credito
d’imposta, previsto dall’art.8 della legge n.388 del 2000 per le aree svantaggiate e fruito
dal contribuente per gli anni 2002 e 2003.
Ritenne a tal proposito la C.T.R., conformemente al primo giudice, che lo stesso
avviso emanato dall’Agenzia delle Entrate non potesse essere equiparato ad un atto di
accertamento ex art.42 d.P.R. n.600 del 1973 e che comunque vi facesse difetto una
enunciazione puntuale della pretesa, essendo anzi il medesimo atto censurabile per
‘approssimativa formulazione’.
Il ricorso è affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso la società
contribuente.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art.360 n.4
cod.proc.civ., la violazione dell’art.112 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. annullato l’atto
anche per difetto di motivazione, eccezione invero mai formulata dalla contribuente.
Con il secondo motivo, si deduce vizio di violazione di legge quanto all’art. 23 d.lgs.
n.546/1992, in relazione all’art. 360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. conferito
rilievo alla tardività della costituzione in I grado dell’Ufficio, senza avvedersi che
questi aveva svolto mere difese più che eccezioni, contestando che l’atto era in realtà
previsto dalla legge tra quelli impugnabili ed il beneficio non spettante.
Con il terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.19 lett.h)
d.lgs. n.546/1992, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. errato nel
confermare la sentenza di I grado sul presupposto che l’avviso di recupero del credito
fosse nullo ed abnorme.
Con il quarto motivo viene dedotto vizio di motivazione su punto decisivo, non
avendo la C.T.R. trattato adeguatamente dell’eccezione, sollevata dall’Ufficio, circa la
mancata giustificazione di inerenza delle spese di urbanizzazione per terreno non
ancora edificato e privo di carattere strumentale, invece ammesse al credito d’imposta
ex art.81. n.388/2000.
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estensore co

.ferro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Federico Sorrentino,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Può peraltro aggiungersi che l’art.19, co.1, lett.h), nella versione del d.lgs. n.546 del
1992 ratione temporis vigente, già prescriveva come possibile oggetto del ricorso
d’impugnazione “il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione
agevolata di rapporti tributari”, apparendo pertanto legittimo che l’Ufficio, accertata
l’inesistenza dei presupposti del beneficio, procedesse con un formale diniego ed alla
conseguente revoca, tenuto conto dell’applicazione diretta dell’agevolazione nel
frattempo attuata dalla società contribuente, così evolvendo un indirizzo che
ricondusse gli atti (comunque denominati) con cui si accerti, da parte
dell’amministrazione tributaria, la non spettanza di una data agevolazione — e che
siano, per altro verso, prodromici alla formazione del titolo di riscossione del tributo alla categoria giuridica degli “avvisi di accertamento in senso lato”, suscettibili di
impugnazione per espressa disposizione di legge, sia in base al testo originario, sia in
base al testo già in vigore (ex d.P.R. n. 739 del 1981) dell’art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972
n. 636 (così Cass. 11006/1990, 9429/1991), in una visione già generale del diniego di
agevolazione quale atto impugnabile e con il limite, in difetto, di una preclusione di
ogni successiva contestazione (Cass. 10992/1995, 7279/1995, 6471/2002,
13999/2002, 6420/2004).
2. Il quarto motivo è parimenti fondato. La stringata motivazione con cui la C.T.R., del
tutto genericamente, predica l’infondatezza dell’appello e la mancata introduzione con
esso di ‘motivi ed argomentazioni che giustifichino in diritto e nel merito la pretesa tributarid ,
realizza un caso di grave insufficienza, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 cod.proc.civ.
Individuato correttamente dal ricorrente il punto fattuale e decisivo della controversia
– le circostanze integranti l’agevolabilità dei lavori di urbanizzazione effettuati su un
terreno di area PIP — la corte ha omesso qualsiasi cenno, a ciò non valendo il predetto
richiamo di stile, circa il rapporto tra inizio dei lavori di costruzione del fabbricato e
destinazione a scopo edificatorio, così da dare rilievo al costo di acquisizione dell’area
portato a montante utile al beneficio fiscale ex art.8 1.n.388/2000. Può così ripetersi,
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estensore co

erro

1. Il terzo ed il quarto motivo, da trattare prioritariamente per logica pregiudizialità, sono
fondati. Il loro accoglimento determina l’assorbimento degli altri. Quanto al terzo,
osserva il Collegio che l’avviso di recupero del credito d’imposta (compensato in
difetto dei presupposti ed indebitamente secondo l’amministrazione), a maggior
ragione se preceduto da una comunicazione di revoca del beneficio, svolge una
funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, comunque costituendo
manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato, dunque al pari degli
avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tale è impugnabile innanzi alle
Commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, anche
se emesso — come nella specie – anteriormente all’entrata in vigore della legge 30
dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale
titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione. Proprio
Cass. 4968/2009 statuì invero tale principio con riguardo ad una fattispecie relativa ad
avviso di recupero di un credito di imposta per insussistenza dei requisiti del
beneficio, ai sensi della legge 23 dicembre 2000, n. 388, emesso prima dell’entrata in
vigore della legge n.311 cit. (conf. Cass. 22322/2010, 8033/2011).

conformemente al recente insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, che il
predetto vizio sussiste “qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla
sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa
decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del
procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento. (Cass.
s.u. 24148/2013).

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso quanto ai motivi terzo e quarto, assorbiti gli altri; cassa
la sentenza impugnata con rinvio a C.T.R. Campania, in diversa composizione, anche
per le spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 novembre 2013.

Conclusivamente, il ricorso va accolto, quanto ai motivi terzo e quarto, assorbiti gli
altri, con cassazione della sentenza e rinvio, anche per la liquidazione delle spese, al
giudice di merito, in diversa composizione, il quale si atterrà a principi sopra esposti.

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