Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28534 del 15/12/2020
Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 15/12/2020), n.28534
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10324-2019 proposto da:
RIS.CO SOCIETA’ RISCOSSIONI COMUNALI SRL, in persona del presidente
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO DENZA
20, presso lo studio dell’avvocato LAURA ROSA, rappresentata e
difesa dagli avvocati LORENZO DEL FEDERICO, PIERO SANVITALE;
– ricorrente –
contro
D.M.A.R.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 882/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 20/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO
FRANCESCO ESPOSITO.
Fatto
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 20 settembre 2018 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello proposto da RIS.CO – SOCIETA’ RISCOSSIONI COMUNALI s.r.l., addetta alla riscossione dei tributi di competenza del Comune di (OMISSIS), avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Chieti che aveva accolto il ricorso proposto da D.M.A.R. contro l’avviso di accertamento relativo ad ICI per l’anno 2010.
Premesso che la pretesa tributaria si fondava sul fatto che, nel periodo d’imposta, la contribuente e il di lei coniuge risiedevano in comuni diversi e che pertanto il nucleo familiare non dimorava nell’abitazione per la quale era richiesta l’esenzione, osservava, in particolare, la CTR che, alla stregua del disposto degli artt. 143 e 144 c.c., in difetto di primazia tra i coniugi, non poteva ritenersi che la dimora abituale della famiglia fosse quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche del marito ovvero quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche della moglie. Osservava, inoltre, che incombeva all’Amministrazione finanziaria dimostrare che la contribuente avesse già beneficiato dell’agevolazione prevista per la prima casa con riguardo all’abitazione di residenza del coniuge.
Avverso la suddetta sentenza la RIS.CO – SOCIETA’ RISCOSSIONI COMUNALI s.r.l., con atto del 15 marzo 2019, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La contribuente non ha svolto difese.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR illegittimamente ritenuto che la contribuente avesse diritto all’esenzione ICI per l’abitazione principale.
Il motivo è fondato.
Secondo l’orientamento espresso da questa Corte, nel caso in cui il soggetto passivo dell’ICI sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, atteso che, considerato che l’art. 144 c.c., prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, ciò che assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia (Cass. n. 18096 del 2019). Si è inoltre precisato che, in tema di ICI, ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo (in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la detrazione sulla base dell’accertamento che l’immobile de quo costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie) (Cass. n. 15444 del 2017). Da ultimo, Cass. n. 4166 del 2020 ha affermato che, in tema di IMU, l’esenzione prevista per la casa principale dal D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, conv. dalla L. n. 214 del 2011, richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente (nella specie, è stata confermata la sentenza impugnata che aveva escluso che l’immobile della ricorrente potesse ritenersi abitazione principale dato che il marito, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro comune).
Orbene, la CTR dell’Abruzzo, affermando che la contribuente potesse fruire dell’agevolazione fiscale pur essendo residente in un comune diverso da quello in cui risiedeva il marito, senza espletare alcun accertamento riguardo alla dimora abituale del nucleo familiare, non si è uniformata ai principi di diritto sopra enunciati, sviluppando argomentazioni non pertinenti rispetto alla valutazione giuridica ad essa demandata.
Il secondo motivo di ricorso – con il quale si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale si censurava la statuizione con cui la commissione tributaria provinciale aveva ritenuto carente sotto il profilo motivazionale l’atto impugnato è infondato, posto che il vizio di omessa pronuncia deve essere escluso in relazione a una questione esplicitamente o anche implicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza e che è, quindi, suscettibile di riesame nella successiva fase del giudizio, se riprospettata con specifica censura (Cass. n. 3417 del 2015).
In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020