Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28531 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui

Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

DANIPETROL SRL con sede in (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta delega in

calce al ricorso, dall’Avv. Giancaspero Berardino, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Asiago, 2 presso lo studio dell’Avv. Simona

Paiano;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 72/05/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di Bari – Sezione n. 05, in data 08/10/2007, depositata il

22 novembre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

23 novembre 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito per la società controricorrente, l’Avv. Giancaspero

Berardino;

Presente il P.M. dott. APICE Umberto che ha espresso adesione alla

relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Considerato che nel ricorso iscritto a R.G. n. 7562/2008, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 72/05/2007, pronunziata dalla C.T.R. di Bari, Sezione n. 05, l’08.10.2007 e DEPOSITATA il 22 novembre 2007.

Con tale decisione, la C.T.R. ha respinto l’appello riproposto dall’Agenzia Entrate, confermando la decisione di prime cure, che aveva escluso la rilevanza dell’atto, ai fini dell’imposta di Registro.

2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, relativa ad un compendio immobiliare ed aziendale, trasferito con decreto del Tribunale di Bari, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3 e art. 19, art. 2555 c.c. e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40.

3 – L’intimata società, giusto controricorso, ha chiesto che 1’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata.

4 – La decisione impugnata, dopo avere richiamato, condividendolo, l’orientamento giurisprudenziale che fissa i criteri generali per qualificare i trasferimenti come cessione di beni, piuttosto che come trasferimento di azienda, e ritenuto che, nel caso, trattavasi di trasferimento di beni, in quanto gli stessi non erano “legati tra loro in un rapporto funzionale per la produzione”, ha, altresì, argomentato che, comunque, la tesi dell’Agenzia secondo la quale “per aversi trasferimento di azienda è necessario e sufficiente che sia ceduta un’entità autonoma ancora esistente, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare”, non era condivisibile, dal momento che mancava “l’entità economica”, limitandosi la fallita Laser srl ad esercitare l’attività di fitto.

5 – A fronte di tali rationes decidendi, il ricorso in esame, propone censure ed un quesito, che non solo non aggrediscono la precitata prima ratio della decisione impugnata (Cass. n. 21490/2005, n. 24591/2005), ma che, pure, non risultano specifici e conferenti, rispetto alla stessa seconda ratio, come peraltro, evincesi dal tenore del formulato quesito.

Con l’unico mezzo, in vero, viene criticata solo la seconda delle due distinte “rationes decidendi”, – ciascuna di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adottata – e non anche la prima, alla cui stregua 1’irrilevanza impositiva, ai fini dell’imposta di Registro, veniva ricollegata alla circostanza che i beni ceduti non risultavano legati “in un rapporto di complementarità finalizzata alla produzione”, desumibile dalle “qualità oggettive del complesso dei beni trasferiti”.

Peraltro, come rilevato, la doglianza, nella misura in cui è rivolta alla seconda ratio, non risulta idonea ad incrinarne il tessuto argomentativo, tenuto conto che i Giudici di appello non hanno affatto affermato che, nel caso, era da escludersi la cessione di azienda, per avere riconosciuto valore decisivo “alla non attualità dell’esercizio dell’impresa”, bensì avendo notato che era a ritenersi insussistente “l’entità economica avendo la fallita Laser srl esercitato solo l’attività di fitto di azienda”. Ciò stante, essendo l’Agenzia tenuta ad impugnare entrambe le ragioni della sentenza, il gravame va dichiarato inammissibile, tenuto conto che tale omissione determina il passaggio in giudicato della sentenza e, quindi, la carenza di interesse alla impugnazione sulla base di altri motivi, al cui accoglimento non può, comunque, conseguire l’annullamento dell’impugnata decisione, che sopravviverebbe sulla base della ratio non criticata (Cass. n. 21490/2005, n. 24591/2005, n. 5553/1981, n. 3236/1985) .

Si osserva, altresì, sotto l’altro cennato profilo, che il mezzo risulta, comunque, formulato in spregio, al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, n. 9558/1997), tenuto, peraltro, conto del fatto che, nel caso, i giudici di appello non hanno applicato principi contrari a quelli desumibili dalle norme denunciate, avendo affermato l’insussistenza dei presupposti fattuali e giuridici perchè, nel caso, venisse configurata una cessione di azienda, in coerenza e sulla base del principio giurisprudenziale ivi richiamato, che fissa i criteri alla cui stregua va operata la qualificazione dell’atto, agli effetti fiscali.

6 – Sulla base delle considerazioni che precedono, è possibile, pure, cogliere un ulteriore profilo di inammissibilità, connesso all’inconferenza del quesito, il quale, così come formulato, non risulta, infatti, coerente ai principi fissati dalla Giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 5073/2008, n. 19892/2007, n. 23732/2007, n. 20360/2007, n. 27130/2006), la quale ha affermato che il quesito deve essere espressamente riferito al motivo cui accede e la relativa formulazione deve essere tale da stimolare una risposta idonea a definire il giudizio, e, quindi, non può risolversi, come nel caso, in una istanza di decisione sull’esistenza del vizio relativamente ad una sola delle due rationes decidendi, senza tenere conto che il provvedimento impugnato è affidato a due argomentazioni autonome, in grado ciascuna, di sorreggerlo.

7 – Si ritiene, dunque, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, proponendosi una declaratoria di inammissibilità del motivo, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.. Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e la memoria 14.11.2011, nonchè gli altri atti di causa;

Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione ed i richiamati principi, ritiene di dover rigettare il ricorso, per manifesta infondatezza;

Considerato che le spese del giudizio vanno poste a carico della ricorrente e liquidate in complessivi Euro tremilacento, di cui Euro tremila per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge;

Visti gli artt. 375 e 380 bis del c.p.c..

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro tremilacento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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