Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2853 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 06/02/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 06/02/2020), n.2853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26249/2014 proposto da:

APPLES GESTIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 34,

presso lo studio dell’avvocato ROCCO AGOSTINO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIULIO GUARNIERI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, ESTER ADA

SCIPLINO, LELIO MARITATO e CARLA D’ALOISIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 508/2011 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata il

20/10/2011, R.G.N. 1053/2012.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. Il Tribunale di e Lucca ha rigettato l’opposizione proposta dalla soc Apples Gestioni srl avverso la cartella con cui era ingiunto il pagamento a favore dell’Inps di Euro 392.204,71 in relazione al verbale di accertamento Inps del 14/6/2004.

Secondo il Tribunale le ricevute non fiscali acquisite dalla GdF datate ed intestate nominativamente, dove era indicato l’ammontare del corrispettivo, l’oggetto della prestazione, documenti sottoscritti per ricevuta, attestavano cospicui versamenti con causali riconducibili a prestazioni lavorative, sia a favore di dipendenti regolarmente iscritti a libro paga, sia di soggetti non iscritti e regolarizzati. Il Tribunale, ha specificato che tali ricevute erano state integralmente trascritte dalla GdF che la rispondenza di tale prospetto al tenore effettivo delle ricevute e la loro riferibilità a compensi erogati per prestazioni di lavoratori risultava confermata anche dai riscontri e dalle dichiarazioni dell’allora legale rappresentante; che i versamenti trovavano riscontro nei dati annotati nella contabilità reperita sul supporto magnetico informatico acquisito; che per i dipendenti registrati erano state scomputate le somme che risultavano dalle buste paga.

Secondo il Tribunale gli elementi acquisiti erano sufficienti senza necessità di ulteriori accertamenti a provare il versamento di cospicue somme in nero a dipendenti registrati e non. Ha escluso infine alcun rilievo alla decisione della commissione tributaria.

La Corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’appello.

2. Avverso la sentenza del Tribunale ricorre in cassazione la soc. Apples a r.l. con due motivi. Resiste l’Inps.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., circa il riparto dell’onere probatorio. Deduce che era onere dell’Inps dare prova punto per punto di tutti gli importi elencati indicando chi fosse il percettore di ogni importo e l’imputabilità dei compensi corrisposti ad imponibile evaso; che ciò non era avvenuto sebbene la società avesse sempre affermato che le somme erano acconti, salvo conguaglio in busta paga, oppure acconti per TFR e/o rimborsi spese non imponibili.

Con il secondo motivo lamenta la mancata ammissione di CTU ed osserva che non vi fu alcuna conferma da parte del legale rappresentante.

4. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati. Il ricorso, pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni codicistiche, risulta sostanzialmente inteso a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di merito.

Va, osservato, altresì, che un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697 c.c., può porsi soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (cfr. Cass. n. 15107/2013, n. 13395/2018) come nella specie laddove parte ricorrente critica l’apprezzamento, operato concordemente dai giudici di merito, circa la natura dei compensi corrisposti ai lavoratori,quali emersi dalla documentazione acquisita dagli ispettori, opponendo una diversa valutazione che non può essere svolta in questa sede di legittimità.

I motivi si incentrano, infatti, essenzialmente sulla prova che la ricorrente, contrariamente a quanto riferito dalla Corte d’appello, ritiene non raggiunta della natura dei compensi corrisposti ai lavoratori lamentando anche la mancata ammissione della CTU. A riguardo i giudici di merito hanno formulato precise considerazioni manifestando di aver analizzato accuratamente il materiale acquisito in sede di ispezione e dunque pervenendo alla conclusione che non sarebbe stato necessario svolgere altra attività istruttoria.

5. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente soccombente a pagare le spese processuali.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la soc. ricorrente a pagare le spese processuali che liquida in Euro 11.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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