Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28524 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 22/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Domenico

Cucchiari n. 57, presso lo studio dell’Avv. Toscano Camillo,

rappresentato e difeso dall’Avv. Biondo Ernesto del foro di Cosenza

come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO, in persona del Dirigente Reggente della Direzione Centrale

Prestazioni, nominato con Delib. Presidente dell’INAIL 10 settembre

2010, n. 78 rappresentato e difeso dagli Avv.ti La Peccerella Luigi e

Luciana Romeo in virtù di procura in calce al controricorso e presso

gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, Via IV Novembre n. 144;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Catanzaro

n. 503/10 del 4.02.2010/22.04.2010 nella causa iscritta al n. 1590

R.G. dell’anno 2004;

udita la relazione svolta in Camera di Consiglio dal Consigliere

Dott. Alessandro De Renzis in data 23.11.2011;

vista la relazione ex art. 380 bis c.p.c. in data 17.10.2011 del

Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost .Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che non ha mosso alcuna osservazione all’anzidetta

relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della decisione di primo grado del Tribunale di Paola, con sentenza n. 503 del 2010, ha rigettato la domanda proposta da R.S. volta ad ottenere il riconoscimento di postumi invalidanti a seguito di infortunio sul lavoro e del diritto a percepire la relativa rendita in relazione alla riduzione della capacità lavorativa nella misura del 13%.

Il R. ricorre con tre motivi, cui resiste l’INAIL. 2. Il ricorrente deduce violazione dell’art. 115 c.p.c., lamenta violazione di legge e difetto di motivazione, per non avere il giudice di appello valutato soprattutto le prove testimoniali.

Il ricorso non merita di essere condiviso, in quanto, il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza non ha riportato nel ricorso per cassazione le prove testimoniali e in ogni caso ha mosso censure non consentite contro la valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice di appello circa la sussistenza del nesso di causalità tra l’insorgenza dell’ernia discale e prestazione lavorativa, e ciò anche sulla base degli accertamenti peritali di ufficio.

Al riguardo si richiama l’orientamento di questa Corte, che più volte ha osservato che nel giudizio in materia di invalidità i lamentati errori e lacune della consulenza sono suscettibili di esame unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione dell’impugnata sentenza, quando siano riscontrabili carenze e deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della parte (Cass. 11 gennaio 2000, n. 225; Cass. 8 agosto 1998, n. 7798; Cass. 9 gennaio 1992, 142).

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato. Nessuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione, ricorrendo i presupposti ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003 (convertito nella L. n. 326 del 2003), nella specie non applicabile ratione temporis, essendo stato depositato l’originario ricorso in data 17.02.1998.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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