Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28522 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. I, 06/11/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 06/11/2019), n.28522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29143/2018 proposto da:

K.P., quale madre del minore E.C.O.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Mordini n. 14 presso lo

studio dell’avvocato Salvago Gabriele, rappresentata e difesa

dall’avvocato Corsini Stefania, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

E sul ricorso:

E.A.K.U., elettivamente domiciliato in Roma,

P.zza Cavor, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato G.M., giusta procura in

calce al ricorso successivo;

– ricorrente successivo –

contro

E.R.T., e U.A., elettivamente domiciliati

in Roma, Corso d’Italia n. 97, presso l’avvocato Adami Pietro che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Solimeno Paolo, giusta

procura in calce al controricorso incidentale;

– controricorrenti incidentali –

contro

N.F., quale curatore speciale di

E.C.O., Servizio Sociale del Comune di Firenze quale tutore

provvisorio di E.C.O., Procura Generale c/o Corte

d’Appello di Firenze;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1828/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

del 02/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2019 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

La Corte di appello di Firenze, sezione minorenni, con la sentenza impugnata ha respinto l’appello proposto da K.P. (madre) e da E.A.K.U. (padre), con l’intervento di E.R.T. e U.A. (nonni paterni), avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Firenze che aveva dichiarato lo stato di adottabilità per il minore E.C.O. (n. il (OMISSIS)), rappresentato in giudizio dal curatore speciale.

Il minore, che alla nascita presentava tracce di sostanze alcooliche nelle urine in conseguenza dell’uso di alcool anche in gravidanza da parte della madre, era stato immediatamente collocato presso una Struttura, essendo emerso che entrambi i genitori facevano uso di sostanze alcooliche, e, a seguito di definizione del procedimento promosso ai sensi dell’art. 333 c.c., con provvedimento del 23/11/2016, era stato affidato al Servizio sociale di Firenze e collocato presso una coppia idonea all’adozione non essendo ipotizzabile un rientro del minore presso i genitori o un collocamento intrafamiliare; era stata altresì disposta sia l’organizzazione di incontri protetti con i genitori ed eventuali altri familiari, che la presa in carico al Sert della madre e del padre per problematiche relative all’abuso di alcool.

Nell’immediatezza era stata, quindi, aperta la procedura di adottabilità nel corso della quale era stata svolta l’istruttoria mediante l’ascolto dei genitori e degli affidatari, l’acquisizione di relazioni dei Servizi sociali relativi all’andamento degli incontri protetti attuati tra l’infante ed i genitori e dei percorsi di riabilitazione dall’uso delle sostanze alcoliche e l’espletamento di una CTU avete ad oggetto la valutazione psicodiagnostica dei genitori e delle loro capacità genitoriali; durante lo svolgimento del gravame erano intervenuti i nonni paterni.

La procedura si era conclusa in primo grado con la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, confermata in appello.

La madre propone ricorso per cassazione con quattro mezzi; il padre propone altro ricorso con due mezzi; i nonni paterni E.R.T. e U.A. hanno proposto ricorso incidentale con tre mezzi.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. La madre propone quattro motivi di ricorso.

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8, 10, 12, 15.

A parere della ricorrente lo stato di abbandono del minore sarebbe stato decretato senza considerare l’accertato significativo ed adeguato impegno della ricorrente (e del padre del minore) al superamento delle problematiche personali, familiari ed economiche in tempi compatibili con le esigenze del minore. In particolare si duole che non sia stato considerato che la stessa aveva cessato il suo stato di alcolista – come a suo dire documentato dalla relazione dei Servizi sociali del (OMISSIS) – ed aveva iniziato a lavorare a tempo indeterminato parziale come collaboratrice domestica, avendo a disposizione per vivere un immobile in comodato attiguo a posto di lavoro.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un punto decisivo e la violazione dell’art. 8 della Convenzione EDU, per non avere considerato i progressi compiuti dai genitori e la recuperabilità della funzione, oltre che la disponibilità dei nonni paterni a prendersi cura del bambino.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 195 c.p.c., comma 3, per omesso invio della bozza di relazione da parte del CTU al CTP con violazione del termine per consentire le controdeduzioni, già eccepita – a suo dire – alla prima udienza utile.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 11, 12 e 15 per la mancata convocazione ed audizione dei nonni paterni.

La ricorrente si duole che questi siano stati ascoltati dai giudici onorari solo nel procedimento n. 1329/2016 VG ex art. 333 e 336 c.c., nell’immediatezza del parto, e ciò nonostante anche in tale occasione avessero dichiarato la disponibilità ad occuparsi del minore.

1.5. Il ricorso è infondato e va respinto.

1.6.1. I motivi primo, secondo e quarto possono essere trattati congiuntamente perchè trattano la questione afferente alla ricorrenza dello stato di abbandono ed alla insufficiente valutazione delle capacità genitoriali, oltre che quella sostanzialmente connessa della mancata considerazione della disponibilità dichiarata dai nonni paterni a prendersi cura del minore e del loro mancato ascolto.

1.6.2. Sono infondati e vanno respinti.

1.6.3. Quanto al primo profilo, concernente l’accertamento dello stato di abbandono, giova ricordare che, come già affermato da questa Corte, “Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico – fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione.” (Cass. n. 5580 del 04/05/2000; Cass. n. 4503 del 28/03/2002): ciò perchè “il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una “soluzione estrema”, essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1 il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali.” (Cass. n. 7559 del 27/03/2018).

Nel caso in esame la Corte territoriale ha dato corretta applicazione a detti principi, giacchè – contrariamente a quanto assume la ricorrente, che sostanzialmente sollecita un inammissibile riesame delle emergenze istruttorie – ha accertato la ricorrenza dello stato di abbandono, tenendo conto anche delle positive modifiche intervenute nello stile e nelle abitudini di vita dei genitori del minore e dei progressi compiuti dagli stessi, come descritti dalla stessa ricorrente.

Invero la Corte territoriale ha ritenuto veritieri i progressi, intervenuti nelle more del giudizio di appello (fol.8 della sent. imp.), ma ha escluso che gli stessi dimostrassero il superamento del presupposto richiesto per procedere alla dichiarazione di adottabilità esistente al momento della pronuncia di primo grado.

In proposito la Corte fiorentina ha motivatamente argomentato, rimarcando il carattere precario della situazione descritta perchè il percorso di superamento dell’abuso di sostanze alcoliche da parte della madre era appena iniziato, era dipendente dal supporto di persone terze (datrice di lavoro e strutture socio/sanitarie) ed era lontano dal raggiungimento della idoneità genitoriale, considerato anche l’esito della CTU e la non favorevole valutazione delle capacità nel rapportarsi con le esigenze di vita del minore; quindi, avendo rilevato che nessuna autonomia era stata raggiunta dai genitori, nè sotto il profilo della salute, nè delle certezze abitative e lavorative circostanza che nemmeno in ricorso è smentita, se non con apodittici assunti – ha ritenuto che la prosecuzione dell’attività istruttoria e/o del prolungamento dell’affidamento temporaneo sollecitato dai genitori era inconciliabile con le esigenze del minore, considerata la peculiare condizione di questo, che sin dalla nascita aveva visto svolgersi sempre la sua vita al di fuori della famiglia naturale, con cui aveva avuto rapporti solo in occasione degli incontri realizzati in forma protetta, e delle esigenze di certezza di vita che devono assistere lo sviluppo di un minore.

Su questo ultimo, decisivo passaggio motivazionale, peraltro, la ricorrente non si sofferma affatto, se non per richiamare in termini del tutto astratti ed avulsi dalla concreta fattispecie i principi afferenti al diritto del minore a crescere ed essere educato nella famiglia naturale, dimostrando di non aver colto la complessa ratio decidendi.

Invero, anche nel soffermarsi sulle risultanze della CTU, la Corte territoriale – che ne ha condiviso le conclusioni in merito alla mancanza di idonee capacità genitoriali della madre e del padre, concentrati su se stessi e sui personali bisogni piuttosto che su quelli del minore – ha rimarcato che l’incompleto tentativo di recupero nelle capacità di accudimento era oramai incompatibile con i tempi del bambino “cresciuto altrove senza alcun apporto dei genitori biologici” (fol. 10 della sent. imp.) e la pronuncia risulta conforme al principio secondo il quale “Il prioritario diritto dei minori a crescere nell’ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non risulti possibile prevedere con certezza l’adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l’esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica.” (Cass. n. 16357 del 21/06/2018).

1.6.4. Quanto al secondo profilo, va osservato che, come accertato dalla Corte di appello, e non smentito dalla ricorrente, i nonni ed i parenti entro il quarto grado non aveva instaurato alcun rapporto con il bambino, collocato in affido preadottivo sin dalla nascita, e la disponibilità manifestata dalla nonna, nell’immediatezza della nascita, a prendersene cura non era stata seguita da alcuna concreta iniziativa nè presa di contatto, nonostante gli incontri protetti fossero stati autorizzati anche per i parenti, ma da questi non richiesti (v. fol. 3 della sent. imp.), tanto che la stessa nonna in occasione del colloquio effettuato con i Servizi sociali nel 2018 aveva mostrato di non sapere assolutamente nulla in merito alla situazione del bambino.

Pur non volendo considerare che nel caso concreto i nonni sono spontaneamente intervenuti nel processo facendo valere le loro ragioni, va rilevato che non può ravvisarsi la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artr. 12 specifico – non ricorre il presupposto dei “rapporti significativi con il minore” che impone la fissazione della comparizione dei parenti.

Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha applicato anche il principio secondo il quale “Lo stato di abbandono dei minori non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità.” (Cass. n. 9021 del 11/04/2018).

1.7. Anche il terzo motivo è infondato.

Invero, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, l’omesso invio alle parti della bozza di relazione dà luogo a un’ipotesi di nullità a carattere relativo, suscettibile di sanatoria (Cass. n. 23493 del 09/10/2017).

Nel caso di specie, pur volendo superare il profilo della carenza di specificità del motivo che non illustra i termini in cui venne sollevata – a dire della ricorrente – l’eccezione relativa alla CTU entro la prima udienza utile, posto che del tema qui proposto non si ravvisa traccia in sentenza, va considerato decisivo il fatto che la Corte territoriale ha dato atto sia della presentazioni di osservazioni da parte del CTP, a seguito del deposito della CTU, che dei chiarimenti forniti dal CTU (fol.9 della sent. imp.) senza che tale circostanza sia stata contestata, di guisa che non si ravvisa alcuna lesione del principio del contraddittorio, tanto più che la parte non ha illustrato in concreto in cosa sarebbe consistita la lesione del diritto di difesa, laddove il confronto tra consulente di ufficio e consulente di parte si era realizzato e la Corte territoriale ne ha tenuto conto.

2. Il padre propone due censure.

2.1. Il primo motivo, con il quale si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8, 10, 12, 15 perchè non sarebbero stati acquisiti tutti gli elementi necessari a valutare la ricorrenza dello stato di abbandono, segnatamene senza una verifica aggiornata delle capacità genitoriali mediante incontri protetti, immotivatamente sospesi – a suo dire -, capacità valutate esclusivamente mediante la CTU, e senza convocare nel procedimento per la dichiarazione di adottabilità i parenti entro il quarto grado che sarebbero stati disponibili a prendersi cura del bambino, è infondato per le ragioni già prima esposte (v. sub 1.6.3/1.6.4.), giacchè prospetta le medesime questioni.

2.2. Il secondo motivo, con cui si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi, costituiti da documenti versati in atti nella fase di merito, è infondato perchè non si ravvisa alcun omesso esame, ma piuttosto una valutazione dei fatti da parte della Corte territoriale difforme da quella auspicata dal ricorrente.

Invero, questi, da un lato insiste nel prospettare un proprio diverso comportamento rispetto a quello della compagna, negando l’abuso di sostanze alcoliche, così come già nelle precedenti fasi di merito e nel procedimento ex art. 333 c.c., nonostante ciò – al contrario – non sia mai stato accertato, essendosi a lungo sottratto il ricorrente ad accertamenti ed incontri presso le Strutture pubbliche, e la stessa madre del ricorrente abbia fornito informazioni di segno opposto.

Come si evince dallo stesso ricorso, il padre ha iniziato un percorso ambulatoriale ed i controlli tossicologici, consentendo la propria valutazione multidisciplinare, solo dal dicembre 2017 (fol. 38 del ricorso), e cioè dopo la pubblicazione della sentenza del Tribunale per i Minorenni di Firenze, ed ha iniziato i colloqui psicologici solo nel marzo 2018 (fol. 39 del ricorso); di ciò la Corte territoriale, ha tenuto conto, valutando positivamente i progressi compiuti, ma li ha ritenuti insufficienti a modificare la valutazione già compiuta dal Tribunale per il carattere anche non stabilizzato degli stessi e per l’incompatibilità dei tempi di recupero con le esigenze di vita del minore, con motivazione che ha tenuto conto dei fatti rilevanti e degli elementi acquisiti mediante la CTU e la CTP e mediante le relazioni dei Servizi sociali, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente e ciò, in linea con il principio secondo il quale “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.” (Cass. n. 16056 del 02/08/2016; conf. Cass. n. 19011 del 31/07/2017).

3. I nonni paterni hanno proposto ricorso incidentale con tre mezzi.

3.1. Il primo motivo, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 195 c.p.c. per nullità della CTU (mancato rispetto del termine per consentire le controdeduzioni, eccepito alla prima udienza utile), va respinto per le ragioni già esplicitate sub 1.7.

3.2. Il secondo motivo, con il quale si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la motivazione apparente o contraddittoria in relazione alla ritenuta irrilevanza del mancato deposito della relazione (pur richiesta dalla Corte territoriale) ai Servizi sociali di San Gimignano, è inammissibile, atteso che, avendo la Corte di appello ritenuto veritieri i fatti esposti dai genitori circa l’attività lavorativa svolta a (OMISSIS) ed il percorso di recupero ivi intrapreso (v. sub 1.6.3.), non è illustrato quali altri fatti decisivi avrebbe potuto desumersi da detta relazione, ove depositata.

3.3. Il terzo motivo con il quale si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8 e 15 anche in relazione all’art. 315 bis c.c., con riferimento al diritto del minore a vivere nella famiglia di origine, all’inesatta applicazione dei parametri relativi ai presupposti per la dichiarazione di adottabilità ed alla mancata valutazione dell’idoneità o meno dei nonni a prendersi cura del minore, è infondato per la ragioni già prima esposte (v. sub 1.6.4.). 4. In conclusione tutti i ricorsi vanno rigettati.

Non si provvede sulle spese, essendo tutti i ricorrenti soccombenti nei confronti della curatela del minore, che non ha svolto difese.

Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater perchè il processo risulta esente.

P.Q.M.

– Rigetta i ricorsi;

– Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52;

– Dà atto che non sussistono l’presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater perchè il processo risulta esente.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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