Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2852 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. III, 09/02/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 09/02/2010), n.2852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M. e S.N. (nella qualita’ di eredi di S.

B.), elettivamente domiciliati in Roma, Via Catone n. 16, presso

lo studio dell’avv. LANZA Riccardo, rappresentati e difesi dall’avv.

BARATTELLI Stefano giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

M.O., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cola di

Rienzo n. 163, presso lo studio dell’avv. SOFI Vincenzo Maria, che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1442/06 decisa

in data 7 marzo 2006 e depositata in data 23 marzo 2006;

Udita la relazione del Consigliere dott. URBAN Giancarlo;

udito l’avv. Gianluigi Longo per delega avv. S. Barattelli;

udito l’avv. SOFI Vincenzo Maria;

udito il P.M. in persona del Cons. Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del Tribunale di Civitavecchia, Sezione distaccata di Bracciano in data 28 novembre 2001 in accoglimento della domanda proposta da S.B., condannava M.O. a corrispondere al primo la somma di L. 24.517,550 oltre interessi e spese a saldo del prezzo di acquisto e di installazione di due cucine componibili.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 23 marzo 2006, in accoglimento dell’appello proposto dal M., rigettava la domanda proposta da S.B. e compensava la spese di entrambi i gradi.

Propongono ricorso per Cassazione G.M. e S.N. (nella qualita’ di eredi di S.B.) con due motivi.

Resiste con controricorso M.O..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge (art. 1193 c.c.) in quanto la Corte d’Appello aveva ritenuto mancante la prova che sarebbe spettata al S.B., che i pagamenti gia’ effetuati dal M. per circa L. 18 milioni sarebbero riferibili a diverse e precedenti forniture di merce;

peraltro si rileva che detti pagamenti sarebbero stati eseguiti addirittura in epoca precedente alla fornitura oggetto della presente controversia.

E’ principio pacificamente riconosciuto che spetta al creditore – attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell’art. 1193 c.c. (Cass. 27 luglio 2006 n. 1702): risulta quindi corretta la valutazione operata dalla Corte territoriale che il mancato assolvimento dell’onere di provare i crediti scaduti a fronte dei quali sarebbero avvenuti i pagamenti in contestazione, comporta il rigetto dell’eccezione sollevata dal creditore S.B.. D’altra parte i ricorrenti si limitano a proporre una lettura alternativa delle risultanze di causa senza individuare specifiche valutazioni erronee o incongrue applicazioni dei canoni della logica: la motivazione assunta nella sentenza impugnata supera quindi in modo limpido il vaglio di legittimita’ demandato a questa Corte: secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite il giudice di legittimita’ non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi’, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. (Cass. SS.UU. 27 dicembre 1997 n. 13045). Nella specie, i giudici del merito hanno invece valutato in modo coerente e completo le risultanze agli atti, pervenendo al convincimento, adeguatamente e compiutamente motivato, della non concludenza della prova offerta.

Con il secondo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su diversi e controversi fatti decisivi per il giudizio, quali la diversa entita’ della somma pagata rispetto a quella dovuta; la circostanza che dalle ricevute prodotte i pagamenti in questioni riguardano materiali di termoidraulica e non cucine componibili; le dichiarazioni rese dal teste C. F., il quale confermo’ che i pagamenti si riferivano ad altre diverse forniture; l’interpretazione relativa alle annotazioni effettuate sugli scontrini nel senso che si trattava di forniture non pagate (“N.P” ovvero “N. pag.”).

In relazione a tale motivo, i ricorrenti hanno omesso di indicare il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., previsto a pena di inammissibilita’; tale norma, introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, risulta applicabile alle sentenze pubblicate a decorrere dalla entrata in vigore di detto decreto (2 marzo 2006); nella specie la sentenza impugnata e’ stata pubblicata il 23 marzo 2006.

La formulazione del quesito di diritto e’ richiesta anche quando si denunci l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5): secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di formulazione dei motivi del ricorso per Cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche’ secondo l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’. (Nella specie, la S.C, ha ritenuto che il motivo non era stato correttamente formulato, in quanto la contraddittorieta’ imputata alla motivazione riguardava punti diversi della decisione, non sempre collegabili tra di loro e comunque non collegati dal ricorrente)”. (Cass. SS. UU. 1 ottobre 2007 n. 20603). La mancata indicazione del quesito comporta quindi l’inammissibilita’ del motivo anche se riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorso deve essere quindi rigettato: segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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