Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28518 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. III, 08/11/2018, (ud. 20/07/2018, dep. 08/11/2018), n.28518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10272-2016 proposto da:

T.D., M.S., D.C.D.,

C.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO

116, presso lo studio dell’avvocato ARMANDO MONTARSOLO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIANCA MAGARO’ giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS), MINISTERO LAVORO

POLITICHE SOCIALI (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 6030/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha

concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di appello di Roma ha – per carenza di prova dei fatti costitutivi del diritto e dichiarata inammissibile la produzione di documentazione in sede di gravame – infine definitivamente respinto, in reiezione del loro gravame avverso il rigetto già pronunciato dal tribunale capitolino, la domanda proposta – con altri due medici, invece vittoriosi – da C.M., D.C.D., M.S. e T.D. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri dell’Università e Ricerca, del Lavoro Salute e Politiche Sociali e dell’Economia e Finanze per conseguirne la condanna alla corresponsione della remunerazione di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991 o, in mancanza, al risarcimento dei danni da mancato adeguamento dell’ordinamento interno alle direttive della Comunità Europea nn. 75/363 e 82/76 per il caso di frequenza di scuole di specializzazione in medicina;

per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 02/11/2015 col n. 6030, ricorrono oggi i detti medici, affidandosi ad un motivo, cui resiste la Presidenza del Consiglio dei Ministri, unica legittimata passiva riconosciuta dalla corte territoriale;

il Procuratore Generale presso questa Corte deposita conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unitario motivo i ricorrenti lamentano “violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. – violazione e falsa applicazione e mancata o parziale attuazione delle direttive CEE 75/363, 75/363 (sic) – omessa motivazione – omesso esame dei documenti depositati – contraddittorietà”: deducono che i documenti prodotti non potevano considerarsi nuovi, ma più specifici, siccome resi necessari dallo sviluppo di primo grado, idonei a provare decorrenza e durata (e, in particolare: per la C., in medicina interna, per una durata di cinque anni – immatricolazione nell’a.a. 1982/83 ma con inizio corsi in data 30/3/83 o 1/7/83 – e con diploma di specializzazione conseguito il 27/7/87; per il d.C., in oftalmologia, per una durata di tre anni – immatricolazione nell’a.a. 1982/83 ma con inizio dei corsi il 25/2/83 – e con diploma di specializzazione conseguito il 18/7/86; per il M., in otorinolaringoiatria, per la durata di tre anni e con conseguimento della specializzazione il 10/7/86, nonchè in allergologia, per la durata di tre anni, con conseguimento della specializzazione il 20/11/89; infine, per il T., in chirurgia generale, per la durata di cinque anni, con conseguimento della specializzazione il 25/7/91);

il motivo è fondato, in applicazione – in relazione al testo dell’art. 345 c.p.c. applicabile ratione temporis attesa la data di instaurazione del giudizio di appello (anno 2010) – del principio generale di cui a Cass. Sez. U. 10/05/2017, n. 10790, a mente della quale “nel giudizio di appello costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado”;

poichè, nella specie, i documenti prodotti vanno con ogni evidenza qualificati indispensabili (spettando la relativa valutazione a questa Corte, trattandosi di questione processuale: Cass. 17/06/2009, n. 14098; Cass. 24/02/2011, n. 4478; Cass. 25/01/2016, n. 1277; Cass. 08/02/2017, n. 3309), ai fini della prova del diritto degli odierni ricorrenti (frequenza dei corsi successivamente alla data di esigibilità della condotta dallo Stato), essi andavano ritenuti ammissibili;

quanto alle posizioni dei dottori C. e d.C., i quali, anche se immatricolati nell’anno 1982/83, adducono e chiedono di provare con la documentazione non correttamente ritenuta inammissibile – di avere iniziato a seguire i corsi durante il 1983, andrà poi fatta applicazione dei principi di Cass. Sez. U. 18/07/2018, n. 19107, a mente della quale:

– “la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea 24 gennaio 2018… ha interpretato le disposizioni dell’art. 2, paragrafo 1, let. c), dell’art. 3, par. 1 e 2, nonchè dell’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, affermando in sintesi: a) che “qualsiasi formazione… come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto”; b) che tale obbligo “non dipende dalla adozione, da parte dello Stato membro, di misure di trasposizione della direttiva 82/76”; c) che “una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione… dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa””;

– pertanto, in riferimento a tali specializzandi il giudice del rinvio deve procedere “ad una nuova determinazione degli indennizzi spettanti nel rispetto dei principi espressi dalla Corte di Giustizia, e quindi tenendo conto, per ciascuno dei ricorrenti: a) della durata del corso rispettivamente frequentato; b) della necessità di commisurare l’indennizzo corrispondente al primo anno accademico 1982-1983 nella misura già stabilita con riferimento al disposto della L. n. 370 del 1999, art. 11 – alla frazione di anno accademico successiva al 1.1.1983 e fino alla conclusione dell’anno stesso”;

così accolto il motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Roma, affinchè riesamini il gravame degli odierni ricorrenti, ferma la non impugnata esclusione di legittimazione delle Pubbliche Amministrazioni diverse dalla Presidenza del Consiglio, alla stregua dei documenti non correttamente ritenuti inammissibili e, per i due ricorrenti suddetti, anche del principio di cui a Cass. Sez. U. 19107/18, infine provvedendo sulle spese del giudizio di legittimità;

non sussistono, per essere stato accolto il ricorso, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

accoglie il ricorso. Cassa la gravata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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