Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28512 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. III, 08/11/2018, (ud. 20/07/2018, dep. 08/11/2018), n.28512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23484-2014 proposto da:

V.G., R.M., C.R.C.,

P.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FELICE GROSSI GONDI,

62, presso lo studio dell’avvocato CARLO SEBASTIANO FOTI,

rappresentati e difesi dall’avvocato MARIA CONCETTA GUERRA giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte di appello di Catanzaro ha infine parzialmente accolto, nei confronti della sola Presidenza del Consiglio dei Ministri e per importi limitati, la domanda di condanna al pagamento dell’adeguata remunerazione prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991 per la frequenza di corsi di specializzazione in medicina in periodi a cavallo dell’entrata in vigore di tale normativa, proposta, in uno ad altri medici specializzati, da V.G., R.M., C.R.C. e P.G. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze, della Salute e dell’Università Ricerca Scientifica;

chiedono la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 21/02/2014 col n. 281, i detti ultimi medici, con ricorso articolato su tre motivi, cui resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo i ricorrenti lamentano: “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 257 del 1991, L. n. 370 del 1999, nonchè delle direttive comunitarie 75/362 e 75/363 CEE, 82/76, 86/457, 93/16”; sul punto, deducono che, di loro, il V. era stato iscritto al corso di medicina legale fin dal 1989, mentre il R. malamente è stato pretermesso, avendo invece egli conseguito la seconda specializzazione nel 1994, risultando affetta la reiezione del suo appello da errore materiale; e contestano la ratio decidendi della corte territoriale, secondo la quale il corso di specializzazione che si sia concluso dopo l’anno accademico 1990/91 non darebbe diritto alle somme reclamate;

il motivo, che si riferisce ai dottori V. e R., è fondato per quanto di ragione: sul punto questa Corte ha già statuito (Cass. 31/03/2015, n. 6469) che “in materia di trattamento economico dei medici specializzandi, il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 8, comma 2, (“le disposizioni del presente decreto si applicano a decorrere dall’anno accademico 1991-1992″), si interpreta nel senso che il precedente art. 6, il quale aveva tardivamente attuato il diritto comunitario, era applicabile soltanto ai medici che si fossero iscritti ad un corso di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 1991 1992, esclusi, quindi, gli specializzandi che, alla data di entrata in vigore del decreto, già frequentavano corsi di specializzazione, per essersi iscritti in un anno precedente senza averli terminati, e ciò non solo per gli anni accademici pregressi, ma anche per i successivi”;

pertanto (da ultimo: Cass. ord. 31/05/2018, n. 13759), “la previsione di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11 che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 76/362/CEE, diritto insorto in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati negli anni dal 1 gennaio 1983 all’anno accademico 1990-1991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, è applicabile anche agli specializzandi che, avendo iniziato il corso anteriormente all’anno accademico 1990-1991, lo abbiano proseguito in epoca successiva, non applicandosi nei loro confronti la disciplina di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 in forza dell’esclusione stabilita dall’art. 8, comma 2 medesimo D.Lgs. “;

il giudice del rinvio, che si individua nella stessa corte di appello, ma in diversa composizione e cui si demanda pure la liquidazione delle spese del presente giudizio, riconoscerà quindi ai ricorrenti V. e R. – accertata, quanto a quest’ultimo, la data di inizio della frequenza dei corsi in tempo anteriore all’anno accademico 1991/92 (circostanza che non risulta dal certificato prodotto, ma che potrà essere accertata in sede di rinvio) – l’importo del risarcimento in misura pari ad Euro 6.713,93 per ciascuno degli anni spettanti (in base anche a quanto si verrà a dire in ordine al secondo motivo), oltre soli interessi al tasso legale dalla notificazione della domanda introduttiva;

tutti i ricorrenti lamentano, col secondo motivo, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 5 e 6 della direttiva del Consiglio del 16.6.1975 – 75/362/CEE; direttiva n. 75/363/CEE; L. n. 217 del 1978, all. B e all. D; D.P.R. n. 162 del 1982, art. 11; D.Lgs. n. 502 del 1992, all. Tabella B; D.Lgs. n. 368 del 1999, all. D); D.P.R. 31 ottobre 1988 in GU n. 86 del 16.4.1989; D.P.R. 24 ottobre 1975, n. 802; D.P.R. 19 ottobre 1977, n. 996…)”: e, in particolar modo, si dolgono del riconoscimento, per tutti tranne che per il V., di un solo anno in difetto di prova sulla durata legale dei rispettivi corsi di specializzazione, deducendo che tale circostanza si evinceva dagli Statuti delle rispettive Università (in ragione di quattro anni per il V., tre e poi aumentati a quattro per il R., quattro per il P. e per il C.);

il motivo non può essere esaminato nel merito: l’elemento non già della durata legale di ciascun corso di specializzazione, quanto piuttosto della sua fonte specifica (e chiaramente indicata), non risulta dal ricorso (dove non si legge anche se e dove sia stata somministrata ai giudici del merito l’informazione decisiva della durata complessiva e della fonte richiamata) essere stato dedotto con la dovuta chiarezza davanti ai giudici del merito;

non giova ai ricorrenti il principio iura novit curia, perchè alla normativa non può assimilarsi lo Statuto dell’Università o altra sua disposizione che disciplini la durata legale, attesa, da un lato, la natura regolamentare degli Statuti stessi (su cui v., tra le altre, Cass. Sez. U. 20/10/2017, n. 24876, soprattutto p. 19) e, dall’altro lato, la non operatività di quel principio per non riferirsi il dato, invocato come da conoscersi di ufficio, alla fonte del diritto azionato, ma al parametro di commisurazione del dovuto, sicchè tale specifico elemento (la fonte normativa della durata legale del corso di specializzazione in concreto seguito, appunto indispensabile proprio ai fini del riscontro della sua concreta ed effettiva corrispondenza ai dati fissati dalle Direttive) non sarebbe sfuggito alla generale regola dell’allegazione e, in caso di contestazione, della prova ad onere di chi voleva avvalersene;

pertanto, per la peculiarità della controversia, non è censurabile la conclusione della corte territoriale sulla spettanza del risarcimento per un solo anno a tutti i ricorrenti ed il relativo motivo è inammissibile;

infine, il terzo motivo (di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 92 c.p.c.) (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) illegittima e immotivata compensazione delle spese legali di primo e secondo grado”) resta assorbito almeno quanto al V. ed al R., perchè comunque il rinvio comporta la devoluzione alla corte di appello della relativa pronuncia complessiva; quanto agli altri ricorrenti, la decisione di compensazione delle spese è sorretta da motivazione adeguata e non sindacabile in questa sede;

per essere stato almeno in parte accolto il ricorso, non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo; cassa la gravata sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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