Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28509 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 20/11/2020, dep. 15/12/2020), n.28509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21997-2019 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato ROCCO

FILARDI;

– ricorrente –

contro

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA

84, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GALLI’, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 229/2019 del TRIBUNALE di LECCO, depositata il

28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Condominio (OMISSIS), ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, avverso la sentenza n. 229/2019 resa dal Tribunale di Lecco in data 28 marzo 2019.

Resiste con controricorso B.E..

B.E., ex amministratore del Condominio (OMISSIS), convenne quest’ultimo davanti al Giudice di pace di Lecco con citazione del 21 luglio 2016, chiedendone la condanna al pagamento degli importi a lui spettanti per compensi arretrati e spese anticipate. La domanda venne accolta dal Giudice di pace per l’importo di Euro 4.641,08, pari alla somma riconosciuta con deliberazione assembleare del (OMISSIS). Il Tribunale ha rigettato l’appello del Condominio (OMISSIS), osservando come l’alterazione del verbale dell’assemblea in questione, allegata nelle proprie difese dal Condominio (OMISSIS) (il quale aveva dedotto che la frase relativa al credito del B. fosse stata aggiunta abusivamente in un secondo momento, con penna e grafie diverse rispetto al restante testo), configurasse un’ipotesi di “falsità materiale” (e non ideologica, come ritenuto dal primo giudice). A fronte di tale asserita falsità, essendo il verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario (nonchè contenuto nel registro dei verbali delle assemblee), il Tribunale di Lecco ha affermato che sarebbe occorsa la proposizione della querela di falso per superare l’efficacia probatoria del riconoscimento di debito in esso contenuto.

Il primo motivo di ricorso del Condominio (OMISSIS) allega l’ammissibilità del ricorso, anticipando eventuali avverse eccezioni di inammissibilità.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e l’inversione dell’onere della prova, non avendo il giudice di appello considerato il difetto di prova della circostanza che l’aggiunta sul verbale fosse stata operata in sede assembleare, e non dopo la chiusura della riunione. Afferma il ricorrente che “le delibere adottate dopo la chiusura sono nulle”.

Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in connessione con gli artt. 115 e 221 c.p.c., non essendo necessaria la proposizione della querela di falso “allorquando la falsità è rilevabile ictu oculi e quindi non occorrano indagini istruttorie diverse dall’esame del documento”, ovvero a fronte, come nel caso in esame, di un conclamato falso materiale.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il ricorrente ha fatto pervenire memoria sabato 14 novembre 2020, senza perciò rispettare il termine di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile, giacchè non denuncia un vizio della sentenza impugnata riconducibile ad una delle tassative e specifiche categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., ma espone una difesa in prevenzione avverso ogni possibile eccezione di inammissibilità formulata dal controricorrente.

Secondo e terzo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono del pari inammissibili, in quanto enucleano censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, in spregio ai requisiti di specificità e completezza e riferibilità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il Tribunale di Lecco, con apprezzamento di fatto che costituisce prerogativa del giudice di merito, ha evidenziato come fosse stata raggiunta la prova del credito relativo ai compensi ed alle anticipazioni vantato da B.E., ex amministratore del Condominio (OMISSIS), sulla base del riconoscimento di debito contenuto nella delibera del (OMISSIS), documentata da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario dell’assemblea.

E’ consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui, poichè il credito dell’amministratore per il recupero del compenso che gli spetti e delle somme anticipate nell’interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.p.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, dovendo l’amministratore che agisce in giudizio fornire la dimostrazione dei fatti che costituiscono il fondamento di tali pretese (Cass. Sez. 2, 26/02/2019, n. 5611; Cass. Sez. 6 – 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7498). Spetta, peraltro, all’assemblea il potere di approvare, col conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali, ma una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (arg. da Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498; Cass. Sez. 2, 14/02/2017, n. 3892).

La sentenza impugnata ha così affermato che il verbale della deliberazione assembleare del (OMISSIS) costituisse idonea prova del credito dell’ex amministratore per l’importo di Euro 4.641,08.

Per consolidata interpretazione di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. Sez. 6 – 2, 09/05/2017, n. 11375; Cass. Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23903), il verbale di un’assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, ha natura di scrittura privata, rivestendo valore di prova legale quanto alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori (e non, dunque, quanto alla veridicità del contenuto della scrittura).

Atteso che il Condominio (OMISSIS) non ha disconosciuto le sottoscrizioni apposte da presidente e segretario al verbale assembleare del (OMISSIS), ed vendo perciò tale verbale acquisito l’efficacia di cui all’art. 2702 c.c., per far venir meno il collegamento tra le dichiarazioni documentate e le firme, sulla base della deduzione che il verbale fosse stato abusivamente alterato dopo la sua chiusura, occorreva la proposizione di querela di falso, costituendo questa l’unico strumento giuridico idoneo a fare accertare che il contenuto parziale o totale delle dichiarazioni verbalizzate fosse stato aggiunto posteriormente alla sottoscrizione.

Quanto all’argomento del ricorrente relativo alla rilevabilità ictu oculi dell’assunta alterazione, è evidente come la falsità che abbia tali caratteristiche, da rendere superflue indagini istruttorie diverse dall’esame del documento e dalla considerazione di fatti la cui certezza sia fuori discussione, può al più esonerare dalla indicazione degli elementi e delle prove della falsità, ex art. 221 c.p.c., comma 2, ma non certo dalla proposizione della querela di falso (Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8230; Cass. Sez. 2, 07/05/2018, n. 10874).

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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