Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28507 del 22/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 22/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28507
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.C. (OMISSIS), O.A.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI
SCIPIONI 267, presso lo studio dell’Avvocato CARNEVALI RICCARDO,
rappresentati e difesi dall’Avvocato TORLINI EDOARDO (dello Studio
Legale Torlini e Associati), giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
INPDAP – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI
DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA (OMISSIS), in persona del
Presidente/Commissario Straordinario e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. CROCE IN
GERUSALEMME 55, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
rappresentato e difeso dall’Avvocato MASSAFRA PAOLA, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 142/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del
10/03/2010, depositata il 18/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE MELIADO’;
udito l’Avvocato MASSAFRA PAOLA difensore del controricorrente, che
si riporta ai motivi del controricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. MARCELLO MATERA che si
riporta agli scritti.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza in data 10.3/18.5.2010 la Corte di appello di Perugia, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta da M.C. e O.A. volta all’accertamento dell’inesistenza dell’obbligo del versamento del contributo di solidarietà del 2% previsto dalla L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5 con conseguente illegittimità della trattenuta operata dall’ente e condanna alla restituzione delle somme corrispondenti.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso C. M. e O.A. con un unico motivo. Resiste con controricorso l’INPDAP. 1. Con un unico motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 12 preleggi, alla L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5 alla L. n. 449 del 1997, art. 59, commi 3 e 4) e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), osservando che una corretta interpretazione della norma della L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5 conduceva a ritenere che il contributo di solidarietà del 2% si applicasse solo sulle prestazioni integrative, contemplate dai soppressi fondi per la previdenza integrativa dell’assicurazione generale obbligatoria, per le quali si fosse realizzata la fattispecie costitutiva del relativo diritto, e, quindi, ove sussistessero tutti i relativi presupposti legali, ivi compresa l’intervenuta cessazione dal servizio.
2. Il motivo appare manifestamente infondato alla luce dello ius superveniens, e precisamente del disposto dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 19 convertito in L. 15 luglio 2011, n. 111.
3. La questione controversa, come noto, era stata decisa, dopo prime contrastanti posizioni, da Cass. n. 11732 del 2009 e altre pronunce successive conformi (v. ad es Cass. n. 12735/2009, Cass. n. 12905/2009; Cass. n. 13843/2010) con l’affermazione del principio di diritto secondo cui la L. n. 144 del 2009, art. 64, comma 5, si interpretava nel senso che il contributo di solidarietà del 2% ivi introdotto si applicava, a decorrere dall’1.10.1999, soltanto sulle prestazioni integrative, contemplate dai soppressi fondi per la previdenza integrativa dell’assicurazione generale obbligatoria, per le quali si fosse realizzata la fattispecie costitutiva del relativo diritto e, quindi, ove sussistessero tutti i presupposti voluti dalla legge e dalle disposizioni regolamentari, fra i quali andava ricompresa l’intervenuta cessazione dal servizio, dovendosi invece escludere l’applicabilità del medesimo contributo a carico dei lavoratori ancora in servizio dopo la suddetta data.
4. Con il citato D.L. 6 luglio 2011, n. 98 convertito in L. 15 luglio 2011, n. 111, art. 18, comma 19 si è previsto che “Le disposizioni di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5 si interpretano nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex-dipendenti già collocati a riposo che dai lavoratori ancora in servizio. In questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 30 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa”.
5. Tale disposizione, letta alla luce dei principi delineati dal giudice delle leggi con riferimento alle leggi interpretative (v. da ultimo Corte Cost. n. 257/2011, proprio in materia pensionistica), non suscita dubbi di contrarietà a Costituzione, perchè ha enucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo; ha superato una situazione di oggettiva incertezza, derivante dal suo ambiguo tenore, evidenziata dai diversi indirizzi interpretativi (manifestatisi tra la giurisprudenza di merito ed, in un primo momento, nell’ambito della stessa giurisprudenza di legittimità); non ha inciso su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali.
6. Ciò porta ad escludere che la disposizione in esame abbia inteso realizzare una illecita ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia, allo scopo d’influenzare la risoluzione di singole controversie. Essa, in realtà, ha fatto propria una delle possibili interpretazioni della norma, nell’esercizio di un potere discrezionale in via di principio spettante al legislatore e nel quale non è dato ravvisare profili di irragionevolezza. La finalità di superare un conclamato contrasto di giurisprudenza, destinato, peraltro, a riproporsi in un gran numero di giudizi, essendo diretta a perseguire un obiettivo d’indubbio interesse generale, qual è la certezza del diritto, è configurabile come ragione idonea a giustificare l’intervento interpretativo.
7. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Alla luce della norma di interpretazione autentica sopravvenuta, che ha definitivamente consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella materia, ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011