Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28507 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 06/11/2020, dep. 15/12/2020), n.28507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31222-2019 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO 4,

presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO

ABBATE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il

21/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie del ricorrente.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

V.G. propone ricorso articolato in un unico motivo avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia n. 324 del 21/3/2019, che all’esito dell’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, ha ritenuto congrua la liquidazione delle spese processuali nell’importo di Euro 225,00 operata dal consigliere designato in sede di ingiunzione, in quanto in linea con il disposto del D.M. n. 55 del 2014, artt. 19 e 4.

Il Ministero della Giustizia ha resistito ai fini della eventuale discussione orale.

In prossimità dell’udienza parte ricorrente ha depositato memorie.

Il motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 2233 c.c., comma 2, nonchè del D.M. n. 55 del 2014, e del D.M. n. 37 del 2018, assumendosi che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte distrettuale sia inferiore ai minimi dettati dal D.M. n. 55 del 2014, dovendosi far riferimento alla Tabella 12 per i giudizi dinanzi alla Corte d’Appello e non alla Tabella 8 per i procedimenti monitori, ed in ogni caso, risultando la liquidazione di un compenso di soli Euro 225,00 praticamente simbolica e non consona al decoro professionale. Il motivo è infondato.

Si ha riguardo alla liquidazione del compenso per la fase monitoria L. n. 89 del 2001, ex art. 3, del procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di durata ragionevole del processo. A tale fase del giudizio, che culmina nel decreto del presidente della Corte d’appello o di un magistrato della Corte a tal fine designato (a differenza dell’opposizione di cui all’art. 5 ter medesima L., la quale realizza una fase a contraddittorio pieno, da considerare quale procedimento avente natura contenziosa, cui trova perciò applicazione la Tabella 12 allegata al D.M. n. 55 del 2014, da regolare in base agli esiti, in via unitaria o autonoma, in base alle alternative delineate da Cass. n. 26851/2016) si applica la Tabella 8 stesso D.M. per i procedimenti monitori (Cass. n. 16512/2020).

Tale Tabella in relazione alle domande di valore da Euro 0 ad Euro 5.200,00 (quale quella oggetto di causa) stabilisce il compenso unico di Euro 450,00, riducibile pertanto, D.M. n. 55 del 2014, ex art. 19 (nella formulazione applicabile ratione temporis), “in ogni caso in misura non superiore al 50 per cento”, e dunque fino ad Euro 225,00.

A tal fine deve ribadirsi quanto affermato da Cass. n. 16392/2016, e cioè che nei giudizi di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il giudice, purchè non scenda al di sotto degli importi minimi, può ridurre il compenso del difensore sino alla metà (nel caso di cui al citato precedente, D.M. n. 140 del 2012, ex art. 9) anche senza necessità di specifica motivazione, e senza che perciò operi il limite di cui all’art. 2233 c.c. comma 2.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla a disporre quanto alle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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