Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28507 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. III, 08/11/2018, (ud. 25/06/2018, dep. 08/11/2018), n.28507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7892-2016 proposto da:

M.S., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANDREA SOLINI COLALE’ giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE UMBRIA (OMISSIS), in persona del suo

Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore dott.

F.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI 2/A,

presso lo studio dell’avvocato UMBERTO SEGARELLI, rappresentata e

difesa dall’avvocato LUIGI ZINGARELLI giusta procura in calce al

controricorso;

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, GIA’ FONDIARIA SAI SPA, in persona del

Dott. G.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIACOMO CLAUDIO RULLI BONACA

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

UNIPOLSAI ASS.NI SPA, GIA’ MILANO ASSICURAZIONI SPA, UNIPOLSAI ASS.NI

SPA GIA’ AURORA ASSICURAZIONI SPA, CARGEAS ASSICURAZIONI SPA GIA’

UBI ASS.NI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 150/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 05/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2018 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 5/3/2015, la Corte d’appello di Perugia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Azienda Unità Sanitaria Locale n. (OMISSIS) della Regione Umbria, e in parziale riforma della decisione del primo giudice, per quel che ancora rileva in questa sede, ha ridimensionato l’importo a titolo di risarcimento dei danni già riconosciuto, in favore di M.S. e a carico dell’azienda sanitaria appellante, in considerazione delle conseguenze dell’errata esecuzione, da parte dei sanitari operanti all’interno della struttura ospedaliera di (OMISSIS), di taluni interventi subiti dall’attrice;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, ferma l’attestazione della responsabilità della struttura sanitaria convenuta, ha evidenziato come il primo giudice avesse erroneamente liquidato, in favore della M., importi non dovuti a titolo di danno esistenziale, avendo già contestualmente provveduto al riconoscimento, in favore della stessa, del danno biologico, di per sè nella specie esaustivo di ogni altra voce risarcitoria invocabile a titolo di danno non patrimoniale;

che, con la medesima decisione, la corte d’appello ha confermato, nel resto, le somme liquidate a titolo di danno patrimoniale, oltre alla regolazione, parzialmente rivista, delle spese del primo grado di giudizio;

che, avverso la sentenza d’appello, M.S. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

che l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. (OMISSIS) della Regione Umbria (già Azienda Unità Sanitaria Locale n. (OMISSIS) della Regione Umbria) e la Unipolsai Assicurazioni s.p.a., quest’ultima originariamente chiamata a fini di manleva, resistono con controricorso;

che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

che M.S. e l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. (OMISSIS) della Regione Umbria hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1223,1226,2056 e 2059 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di liquidare, in favore della ricorrente, il danno esistenziale e il danno morale dalla stessa sofferti a seguito degli inadempimenti della struttura sanitaria avversaria, in violazione dei principi di integrità e di completezza del risarcimento, attesa l’insufficienza della mera applicazione dei meccanismi tabellari richiamati dal giudice a quo ai fini della liquidazione dei danni riconosciuti;

che, con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi, nonchè per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5), per avere la corte territoriale omesso di considerare le diverse circostanze di fatto indispensabili ai fini della più adeguata personalizzazione del danno, in tal modo incorrendo in un’incongrua liquidazione dei pregiudizi riscontrati, sulla base di un discorso motivazionale gravemente viziato;

che, con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè per vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere il giudice d’appello erroneamente provveduto alla liquidazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio in misura immotivatamente inferiore a quella espressamente rivendicata;

che i primi due motivi sono fondati e suscettibili di assorbire la rilevanza del terzo;

che, al riguardo, varrà in questa sede ribadire come, in tema di risarcimento dei danni, sul piano del diritto positivo l’ordinamento riconosca e disciplini le (sole) fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: art. 1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.; art. 185 c.p.);

che, secondo l’insegnamento consolidatosi nella giurisprudenza costituzionale e in quella delle sezioni unite di questa Corte (Corte Cost. sentenza n. 233 del 30/6-11/7/2003; Cass., Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008), il danno non patrimoniale chiede d’essere necessariamente considerato e interpretato in termini unitari e onnicomprensivi, dovendo, da un lato, procedersi all’organica considerazione di qualsiasi lesione di interessi o valori della persona (di per sè insuscettibili di valutazione economica) cui sia riconosciuta positiva rilevanza sul piano costituzionale e, dall’altro, al necessario apprezzamento, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (peggiorative della preesistente condizione del danneggiato) che siano derivate dall’evento di danno;

che, nella conduzione di tale apprezzamento complessivo, il giudice è chiamato a tener conto di tutte le circostanze che siano valse a incidere sulle prerogative della persona non economicamente valutabili, evitando duplicazioni risarcitorie (attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici) e procedendo, attraverso un’istruttoria compiuta ed esaustiva, a un accertamento concreto (e non astrattamente generalizzato) della situazione sottoposta al proprio esame, valorizzando tutti i mezzi di prova a tal fine disponibili, ivi comprese le attitudini rappresentative del fatto notorio, delle massime di esperienza, o delle presunzioni che siano utilmente ricavabili dai frammenti della concreta esperienza esistenziale condotta in giudizio;

che, alla luce del più recente insegnamento della Corte costituzionale (Corte Cost. sentenza n. 235 del 6/10/2014, punto 10.1 e ss.) e del recente intervento del legislatore (artt. 138 e 139 c.d. codice delle assicurazioni private, come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 2 agosto 2017), il giudice del merito, nel procedere all’accertamento e alla quantificazione del danno risarcibile, è chiamato a estendere la propria valutazione (nei termini della doverosa scansione analitica di un medesimo quadro unitariamente considerato) alla concreta e reale fenomenologia della lesione non patrimoniale condotta al suo esame, e ciò, tanto sotto l’aspetto interiore del danno sofferto (il c.d. danno morale), quanto nella prospettiva del pregiudizio inferto alla dimensione dinamico-relazionale della vita della persona (danno alla vita di relazione, o danno esistenziale);

che, nell’apprezzamento del danno alla salute (non diversamente da quello condotto in relazione a tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto), il giudice, al di là della terminologia definitoria da tempo adottata dal legislatore (danno c.d. biologico), dovrà procedere alla valutazione, tanto delle conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (destinate a collocarsi nella dimensione riflessiva del rapporto del singolo con se stesso), quanto di quelle che incidono sulla dimensione dinamico-relazionale della sua vita (ossia della vita che si esplica nel vivo dei rapporti che la persona istituisce con la realtà esterna, o con tutto ciò che, in altri termini, costituisce altro da sè);

che, conseguentemente, deve ritenersi erronea (siccome espressione di un’indebita duplicazione risarcitoria) la congiunta attribuzione, in favore del danneggiato, del danno biologico (inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come il danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico-relazionali) e del danno c.d. esistenziale, atteso che entrambi tali categorie di danno appartengono alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l’art. 32 Cost.), là dove una differente e autonoma valutazione andrà compiuta con riferimento alla sofferenza interiore riflessivamente patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute;

che, fuori dal territorio delle lesioni alla salute, ogni altro vulnus arrecato a valori o interessi di rilievo costituzionale andrà specularmente valutato e accertato, all’esito di una compiuta istruttoria, sotto il medesimo, duplice aspetto, della sofferenza morale e della modificazione peggiorativa delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal soggetto danneggiato;

che, in ciascuno di tali casi, andrà evitato qualsiasi automatismo, non potendo escludersi (al di là della pratica infrequenza) il ricorso di ipotesi in cui l’accertamento giudiziale si arresti al rilievo della sola sofferenza morale o del solo piano della modificazione peggiorativa degli aspetti dinamico-relazionali della vita;

che una simile liquidazione unitaria del danno non patrimoniale (non diversamente da quella prevista per il danno patrimoniale) avrà pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro destinata a tener conto del pregiudizio complessivamente subito, tanto sotto l’aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto il profilo della modificazione peggiorativa della vita di relazione, in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche;

che, in particolare, la valutazione del giudice dovrà rifuggire dall’automatica traduzione, in termini monetari, di standard lesivi rilevati secondo formulazioni generali e astratte, senza aver preliminarmente provveduto – dandone puntuale riscontro in motivazione all’opportuna approssimazione dell’indagine alla singolarità del caso in concreto, sotto ciascuno dei profili (sofferenza morale indotta; modificazione peggiorativa delle attività dinamico-relazionali) in precedenza indicati;

che, in breve, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, deve rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l’aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile – alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (artt. 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) – è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (cfr. Sez. 3 -, Sentenza n. 901 del 17/01/2018, Rv. 647125 – 02; Sez. 3 -, Sentenza n. 11754 del 15/05/2018, Rv. 648794 – 01);

che, nel caso di specie, la sentenza impugnata risulta palesemente incorsa nella violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 sul piano della compiuta articolazione del discorso motivazionale;

che, in particolare, il giudice a quo – dopo aver provveduto alla riduzione degli importi risarcitori già riconosciuti dal primo giudice in favore della M. senza dar conto in modo espresso e conseguente delle modalità seguite per il computo delle somme al fine riportate ha di seguito omesso di procedere a una specifica e analitica valutazione (in ipotesi anche negativa) di tutti i profili di danno partitamente considerabili in chiave non patrimoniale (nella duplice prospettiva della sofferenza interiore e della proiezione dinamico-relazionale) eventualmente subiti dalla M. per effetto dell’illecito dedotto in giudizio, sì come espressamente evidenziati dall’originaria attrice e risultati ad esito dell’istruttoria;

che, ciò posto, la sentenza impugnata dev’essere cassata, spettando al giudice del rinvio il compito di provvedere alla rinnovazione dell’esame di ciascuno degli aspetti indicati, attraverso la valutazione di tutte le prospettive della fattispecie concreta e di ciascuna delle proiezioni dannose dell’illecito contestato a carico della struttura sanitaria controricorrente sulla sfera morale della M., o di quelle incidenti sul terreno dinamico-relazionale della sua vita, in misure e forme eventualmente non coincidenti (tanto per l’uno, quanto per l’altro profilo) con le ordinarie formulazioni standardizzate dei meccanismi tabellari in uso;

che, pertanto, sulla base delle argomentazioni sin qui illustrate, rilevata la fondatezza dei primi due motivi (assorbito il terzo), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i dei primi due motivi; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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