Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28505 del 29/11/2017


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Cassazione civile, sez. un., 29/11/2017, (ud. 07/11/2017, dep.29/11/2017),  n. 28505

Fatto

FATTI DI CAUSA

Farmacie Comunali di Coriano S.r.l. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Ravenna, l’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna (di seguito indicata, per brevità, A.U.S.L.), chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 533,30 o di altra somma risultante dall’istruttoria, oltre interessi legali sino all’effettivo pagamento, che assumeva essere stata indebitamente, a suo avviso, trattenuta dalla convenuta per errata applicazione del D.L. n. 39 del 2009, art. 13,convertito in L. n. 77 del 2009, in merito alle modalità di applicazione della ritenuta (cd. extrasconto) dell’1,4% nel periodo maggio 2009 – aprile 2010 sul rimborso dell’eventuale maggior prezzo del farmaco a totale o parziale carico del SSN.

La convenuta nel costituirsi eccepì preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’adito giudice ordinario, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo.

In relazione a tale giudizio l’A.U.S.L. della Romagna ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che queste Sezioni Unite dichiarino il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione al procedimento RG n. 2600/14 instaurato dinanzi al Giudice di Pace di Ravenna da Farmacie Comunali di Coriano S.r.l., affermando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133 del d.lgs. 104/2010 (nella specie TAR Emilia-Romagna Bologna), con vittoria di spese.

Farmacie Comunali di Coriano S.r.l. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il P.G., con le conclusioni scritte, ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva il Collegio che la questione ora all’esame è stata già esaminata da queste Sezioni Unite che hanno al riguardo affermato il principio secondo cui ricade nella giurisdizione ordinaria la domanda del farmacista, nei confronti dell’ASL, diretta ad ottenere il pagamento di una parte della somma trattenuta del D.L. n. 39 del 2009, ex art. 13, comma 1, lett. a), conv., con modif., dalla L. n. 77 del 2009, trattandosi di una pretesa di contenuto meramente patrimoniale, avente la consistenza di diritto soggettivo, atteso che non può ravvisarsi l’esercizio di un potere autoritativo nell’interpretazione, da parte dell’Amministrazione, della citata disposizione, che disciplina entità, destinatari, durata e, dunque, modalità di calcolo del prelievo, rimettendo alle regioni unicamente la regolamentazione delle modalità procedimentali del recupero di tali importi (Cass., sez. un., ord., 19/04/2017 n. 9862).

2. Come pure affermato da queste Sezioni Unite nella ordinanza appena richiamata, “il criterio discretivo della giurisdizione del G.O. rispetto a quella del G.A., ormai accolto dalla giurisprudenza di legittimità, è quello del petitum sostanziale a termini del quale il riparto va operato in relazione alla posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio (causa petendi), posizione individuata dal Giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione, mentre il petitum viene in considerazione solo ai fini della determinazione dei poteri che, nella sfera della propria rispettiva competenza, siano attribuiti al G.O. e al Giudice Amministrativo (Cass., sez. un., 876/72; 542/74; 2330/74; 4127/12; 11229/14; 20902711; 26900/16).

Bisogna, pertanto, far riferimento alla natura della situazione soggettiva controversa e verificare, in particolare, se il privato, ricorrendo le condizioni previste dalla legge, vanti un vero e proprio diritto soggettivo oppure sia titolare di un interesse legittimo (il che, comunque, non è dirimente nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A.)”.

2.1. In particolare “un criterio, al quale viene fatto frequente riferimento, per stabilire se ci si trovi di fronte ad un diritto soggettivo oppure ad un interesse legittimo, è quello che si fonda sulla distinzione tra provvedimento “discrezionale” e provvedimento “vincolato”, sostenendosi che mentre nel primo caso, nel quale l’Amministrazione possiede ampia libertà di apprezzamento, il privato non potrà che vantare un interesse legittimo, la cui cognizione è devoluta (in via generale) al G.A., nel secondo, nel quale il comportamento dell’Autorità Amministrativa è completamente vincolato dalla legge, il privato risulta titolare di un diritto soggettivo perfetto, tutelabile innanzi al G.O..

Rilevato che la “discrezionalità” amministrativa consiste nella facoltà di scelta fra comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell’interesse pubblico e per il perseguimento di un fine corrispondente alla causa del potere esercitato e che tale discrezionalità può avere ad oggetto l’an (riflettente l’emanazione stessa di un determinato provvedimento), il quid (contenuto del provvedimento), il quomodo (modalità accessorie del provvedimento) o il quando (individuazione del momento più opportuno per l’emanazione del provvedimento), va osservato che il criterio che si fonda sul margine di apprezzamento dell’Autorità Amministrativa, pur non potendosi considerare tout court “erroneo”, non può ritenersi “esaustivo”, in quanto se è pur vero che l’interesse legittimo si correla, di norma, all’esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione, non è altrettanto vero che di fronte ad un provvedimento vincolato il privato vanti sempre diritti soggettivi, ben potendo sussistere posizioni di interesse legittimo in relazione a provvedimenti vincolati, a condizione che questi ultimi siano emanati in via primaria ed immediata per la cura degli interessi pubblici e non per la soddisfazione di aspettative dei privati. Inoltre, un atto potrebbe essere “vincolato” quanto all’emanazione ma restare “discrezionale” quanto all’apprezzamento dei requisiti soggettivi del richiedente od ancora presentare alcuni caratteri della vincolatività ma essere emanato in base ad un apprezzamento complessivo di carattere discrezionale”.

2.2. Nel caso di specie – come pure in quello esaminato e deciso con l’ordinanza di queste Sezioni Unite 19/04/2017 n. 9862 sopra richiamata – è la legge stessa (del D.L. n. 39 del 2009, art. 13 comma 1 lett. a), convertito in L. n. 97 del 2009) che disciplina l’entità, il periodo di durata, i destinatari del prelievo, essendosi demandato alle Regioni non già una normativa di dettaglio che investa i suindicati aspetti ma unicamente la regolamentazione delle modalità procedimentali di recupero degli importi.

Va poi evidenziato che anche la domanda proposta nel caso all’esame non attiene a denuncia di illegittimità della sequenza procedimentale bensì ad una errata interpretazione del dettato del predetto art. 13 operata dalla P.A. nell’individuare la base di calcolo sulla quale attuare la trattenuta dell’1,4%.

2.3. Tenuto conto che il criterio del petitum sostanziale comporta che la discriminazione della giurisdizione vada effettuata in relazione alla posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, deve poi rilevarsi che ulteriore criterio (rispetto a quello che fa leva sulla distinzione tra provvedimento discrezionale e provvedimento vincolato) per stabilire se si tratti di “diritto soggettivo” od invece di “interesse legittimo” è quello che si fonda sulla natura delle norme che si assumono violate. Si sostiene, infatti, che mentre la violazione di “norme di azione” (ossia di norme dirette a disciplinare i poteri degli organi pubblici) comporti la lesione di interessi legittimi, la violazione di “norme di reazione” (vale a dire di norme che disciplinano i rapporti tra Pubblica Amministrazione ed i cittadini) comporti la lesione di diritti soggettivi.

2.4. I due richiamati criteri atti a consentire l’inscrivibilità della concreta posizione giuridica nell’ambito della categoria giuridica del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo (l’uno fondato sul margine di apprezzamento dell’Autorità Amministrativa e l’altro sulla natura delle norme violate) non si pongono in termini di inconciliabilità nè di assoluta indipendenza l’uno dall’altro, costituendo, piuttosto, diversi angoli di osservazione di un’unitaria realtà, sicchè tali criteri non si escludono reciprocamente ma si integrano.

Se è, infatti, vero che il cittadino ha, di norma, un “interesse legittimo” all’osservanza di norme procedurali, relative cioè all’iter di formazione dell’atto ed in particolare alla formazione della volontà degli organi, non è sempre vero che la violazione di norme sostanziali ossia di quelle che disciplinano concretamente il rapporto tra Amministrazione e cittadini, dia luogo a diritti soggettivi, tanto avviene unicamente nell’ipotesi in cui la legge non riservi all’Autorità Amministrativa alcun apprezzamento discrezionale, consentendole di emanare solo atti vincolati.

Ed in questo si realizza l’interferenza dei due criteri di discriminazione diritto soggettivo – interesse legittimo, sottesa al riparto giurisdizionale.

2.5. Con riferimento al secondo profilo, riflettente in particolare la perimetrazione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delineate dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, in relazione alla riserva operata a favore del giudice ordinario in ordine alle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi cui pure ha fatto espresso riferimento la ricorrente nel ricorso ex art. 41 c.p.c., si osserva che, secondo la giurisprudenza di questa S.C. (Cass., sez. un., 13940/14; 12063/14; 24902/11; 13903/11), alla quale si è uniformata la giurisprudenza del giudice amministrativo (CdS Sez. 5, 247/15; CdS Sez. 3, 6063/14; 4349/14; 4400/14; CdS Sez: 5, 6360/07), in materia di concessioni amministrative, le controversie inerenti a indennità, canoni od altri corrispettivi, riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, nelle quali non assume rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali, mentre la lite che coinvolga l’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del dovuto, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.

2.6. In relazione ai profili sopra evidenziati, inerenti all’analisi della proposta domanda ed allo scrutinio della normativa applicabile, si osserva che, nella specie, in sostanza, l’attrice si è doluta del fatto che, nel calcolare la trattenuta prevista dal D.L. n. 39 del 2009, art. 133, la convenuta avesse violato (erroneamente interpretandolo e comunque facendone falsa applicazione) il chiaro dettato normativo che, secondo la Farmacia Comunale di Collecchio correlava il calcolo dell’1,4%, da trattenere, all’importo delle ricette risultante dalle distinte contabili riepilogative, di un determinato periodo, al netto dell’IVA e degli altri sconti imposti dalla legge, e, quindi, al lordo delle sole eventuali quote di partecipazione a carico dell’assistito e delle trattenute convenzionali e di legge. Ad avviso dell’attrice, tale errore interpretativo del dettato normativo avrebbe comportato l’indebita trattenuta da parte della convenuta di una somma ben determinata, in quanto direttamente calcolata sulla scorta delle previsioni normative ed il cui pagamento è stato richiesto con la domanda proposta al giudice ordinario, non venendo in rilievo alcun atto autoritativo della P.A. incidente sul rapporto concessorio, atto al quale, peraltro, non si fa alcun cenno nell’atto di citazione introduttivo del giudizio de quo.

2.7. Con riferimento all’analisi della normativa di settore applicabile al caso all’esame, non può che ribadirsi, anche in questa sede, che alle Regioni è stato affidato unicamente il compito di dare attuazione al dettato normativo (D.L. n. 39 del 2009, art. 13, comma 1, lett. a) attraverso disposizioni volte a disciplinare le modalità operative di recupero del valore degli “extrasconti” praticati dalle aziende farmaceutiche (destinato a costituire la trattenuta dell’1,4%), senza alcuna potestà dell’Ente Regionale di porre in essere attività discrezionale, valutativa di interessi generali e che parimenti nello stesso senso si collocano le deliberazioni rese dall’Azienda USL, di dettaglio del meccanismo procedurale recuperatorio, provvedimenti, peraltro, la cui intrinseca validità od efficacia non viene alcun modo censurata da parte attrice, se non implicitamente nella sequenza attuativa per effetto della dedotta insussistenza, in radice, del diritto al recupero in capo alla P.A., in base al calcolo così come effettuato, in quanto si assume non previsto dalla norma di legge.

3. Tenuto conto che l’interpretazione del dettato normativo operata dalla P.A. e posta a fondamento della trattenuta in questione non può essere fraintesa con l’esercizio di poteri autoritativi, tali da incidere sul tema del riparto giurisdizionale e che, pertanto, la lite involge una pretesa di contenuto meramente patrimoniale, avente ineludibile consistenza dei diritto soggettivo, e alla luce dei principio già affermato da questa Corte e sopra richiamato (Cass., sez. un., ord., 19/04/2017 n. 9862), nel caso di specie deve in conclusione ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.

4. Le spese del presente regolamento vanno rimesse al giudice del merito.

PQM

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, al quale demanda di provvedere pure sulle spese del presente regolamento.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2017

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