Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28505 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 06/11/2019), n.28505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 701/2014 proposto da:

V.M., quale socio della società “Geometra E.V.

e C. s.n.c., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. GRAMSCI 34,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO IOFFREDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO MANCINI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 209/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 28/06/2013 R.G.N. 153/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Campobasso (sentenza del 28.6.2013), decidendo sull’impugnazione dell’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Larino che aveva accolto l’opposizione di V.M. alla cartella esattoriale contenente l’intimazione di pagamento dei contributi relativi al periodo d’imposta del 2006, ha accolto il gravame ed in riforma della sentenza di primo grado ha rigettato la suddetta opposizione;

la Corte territoriale ha spiegato che non ricorrevano nella fattispecie i presupposti per la fruizione, da parte del V., del beneficio della sospensione contributiva inerente al periodo successivo al sisma che aveva colpito i comuni molisani nei mesi di ottobre-novembre 2002, in quanto il medesimo non aveva alcun titolo per accedervi, atteso che alla data del 31.10.2002 era solo dipendente dell’impresa del fratello e nemmeno era in possesso dei requisiti per vantare l’iscrizione nella gestione dei lavoratori autonomi dell’Inps; in ogni caso, era intervenuto del D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1-bis, aggiunto dalla Legge di Conversione 6 dicembre 2006, n. 290, di interpretazione autentica (che aveva superato anche il vaglio di legittimità costituzionale), per effetto del quale le disposizioni delle ordinanze di protezione civile che prevedevano la sospensione dei versamenti contributivi si applicavano esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati dalle stesse ordinanze;

per la cassazione della sentenza ricorre V.M. con tre motivi, cui resiste l’Inps con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. col primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, O.P.C.M. 29 novembre 2002, n. 3253, art. 7, comma 1 e successivi provvedimenti di proroga;

2. secondo il ricorrente era corretta la soluzione adottata dal giudice di primo grado, il quale aveva affermato che l’O.P.C.M n. 3496 del 2006, doveva ritenersi estesa anche ai residenti (datori di lavoro o dipendenti che fossero) dei comuni del cratere del sisma;

3. era egualmente condivisibile l’altra affermazione del primo giudice secondo cui era da escludere l’assenza, all’epoca del sisma, di una posizione contributiva atta a consentire il riconoscimento del beneficio della sospensione nel pagamento dei contributi; invero, secondo la tesi accolta dal giudice di prime cure, si era trattato dello svolgimento di attività individuale preesistente al sisma, poi proseguita nella diversa forma societaria (società in nome collettivo) col concorso del ricorrente (in origine dipendente della ditta individuale del fratello), il quale aveva mantenuto invariata la residenza sin da prima del sisma del 2002;

4. pertanto, secondo il presente assunto difensivo, vi era stata continuità aziendale a seguito della trasformazione in forma societaria (come da atto di costituzione e conferimento registrato il 30.5.2003) della pregressa ditta individuale della quale era stato titolare V.E. (fratello del ricorrente) sin dagli anni ottanta;

5. il motivo è infondato, atteso che questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi nella materia in esame affermando (Cass. Sez. Lav. n. 4963 del 28.3.2012) che ” La sospensione del versamento dei contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite dagli eventi sismici dell’ottobre del 2002, ai sensi dell’O.P.C.M. n. 3253 del 2002, art. 7, comma 1, interpretato alla luce del D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1-bis, convertito in L. n. 290 del 2006, va a beneficio dei datori di lavoro privati, e non dei loro dipendenti, essendo finalizzata a liberare risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali, e non ad incrementare le retribuzioni. (Nella specie, affermando il principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva respinto l’opposizione del datore di lavoro avverso i decreti ingiuntivi ottenuti dai lavoratori per il pagamento delle somme trattenute dalle loro spettanze a titolo di recupero dei contributi sospesi)”;

6. inoltre, la Corte di merito ha correttamente evidenziato che solo in epoca successiva (21.5.2003) alla data del sisma (31.10.2002) l’appellato era divenuto socio della società in nome collettivo che aveva assorbito la precedente ditta individuale, per cui nessun rilievo può avere nella presente sede di legittimità la ricostruzione della fattispecie operata dal ricorrente nei termini di una sorta di continuità aziendale tra la ditta individuale del fratello (esistente all’epoca del sisma) e la società di persone (costituita dopo il sisma), il tutto ai fini dell’auspicata inclusione della sua posizione nei meccanismo della sospensione contributiva;

7. al contrario, la sospensione di cui trattasi poteva essere invocata solo dai datori di lavoro che al momento del sisma esercitavano l’impresa in area colpita dal predetto evento sismico, atteso che la ratio della normativa di emergenza, come esattamente rilevato dalla Corte territoriale, era proprio quella di fornire un aiuto alle imprese locali operative alla data del sisma e costrette a far fronte ai disagi derivati da tale calamità;

8. infatti, dell’O.P.C.M. 29 novembre 2002, n. 3253, art. 7, comma 1, ha previsto espressamente che “Nei confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa alla data degli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002 nel territorio di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2002 e dell’8 novembre 2002, sono sospesi, fino al 31 marzo 2003, i versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti, nonchè di quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Per lo stesso periodo sono sospesi i termini per l’effettuazione degli adempimenti connessi al versamento dei contributi di cui sopra”;

9. col secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha trascurato di considerare che egli era già titolare di un’autonoma posizione contributiva quale dipendente della ditta individuale e che successivamente era divenuto socio a seguito di conferimento di tale impresa in una società in nome collettivo, conservando il diritto a fruire delle agevolazioni anche dopo il sisma;

10. inoltre, secondo il ricorrente, la Corte di merito aveva applicato erroneamente il complesso normativo di riferimento, non tenendo conto del fatto che la limitazione temporale dei benefici in favore delle sole imprese già esistenti sul territorio alla data del sisma doveva essere intesa quale strumento deflattivo di intenti speculativi, che non erano però rinvenibili nella fattispecie in esame;

11. il motivo è inammissibile per due ragioni: anzitutto, con la sentenza n. 8053 del 7/4/2014 delle Sezioni Unite di questa Corte, si è precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

12. quindi, nel sistema l’intervento di modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, della motivazione di fatto. Invero, si è affermato (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) essersi avuta, con la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;

13. ma è evidente che nella specie la verifica della ricorrenza temporale dei presupposti previsti per l’accesso alla sospensione nel pagamento dei contributi è stata operata in maniera adeguata dalla Corte territoriale, la quale ha correttamente evidenziato che solo in epoca successiva (21.5.2003) alla data del sisma (31.10.2002) l’appellato era divenuto socio della società in nome collettivo che aveva assorbito la precedente ditta individuale, per cui non aveva diritto al reclamato beneficio;

14. la seconda ragione risiede nella considerazione che il ricorrente, pur denunziando col secondo motivo l’asserita sussistenza di un vizio della motivazione, si spinge, in realtà, a censurare anche l’interpretazione, operata dalla Corte d’appello, della normativa di riferimento con specifico riguardo alla questione della delimitazione temporale dell’accesso al beneficio oggetto di causa;

15. Infatti, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. sez. 1 n. 19443 del 23/9/2011) “in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse;

16. a tal riguardo si è anche precisato (Cass. Sez. 3, n. 10295 del 7/5/2007) che tra le due relative censure di vizio di violazione di legge e di motivazione deducibili in sede di legittimità non vi possono essere giustapposizioni in quanto il ricorrente non può denunciare contemporaneamente la violazione di norme di diritto e il difetto di motivazione, attribuendo alla decisione impugnata un’errata applicazione delle norme di diritto, senza indicare la diversa prospettazione attraverso la quale si sarebbe giunti ad un giudizio sul fatto diverso da quello contemplato dalla norma di diritto applicata al caso concreto, perchè la deduzione di questa deficienza verrebbe, nella realtà, a mascherare una richiesta di diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in sede di legittimità;

17. col terzo motivo, formulato per omesso esame di un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta l’omessa disamina dell’eccezione preliminare spiegata con la memoria di costituzione in appello, vale a dire quella incentrata sulla denunziata carenza di motivazione in seno alla cartella esattoriale delle ragioni dell’avvenuta iscrizione del credito contributivo e della ripresa della sua esazione;

18. al riguardo si fa notare che la cartella faceva riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ed al controllo automatizzato del Modello Unico per il 2006, con ciò lasciando intendere che il carico derivava dalla dichiarazione stessa del contribuente;

19. si obietta, invece, che le caratteristiche della vicenda rendevano inapplicabile la menzionata norma, riservata ai casi in cui gli errori materiali e di calcolo o l’indebita detrazione o le deduzioni d’imposta fossero ricavabili sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate, mentre nella fattispecie, pur essendo stati dichiarati i redditi derivanti dalla partecipazione alla società in nome collettivo, erano stati nel contempo chiesti i benefici della sospensione dei pagamenti tributari e contributivi connessi alla disciplina di emergenza post-sisma del 31 ottobre 2002;

20. il motivo denota, anzitutto, un evidente profilo di inammissibilità in quanto viene denunziata sotto forma di vizio di motivazione la lamentata applicazione di una norma di legge che si assume essere inadeguata alla regolamentazione della fattispecie in esame, la qual cosa rappresenta, al contrario di quanto prospettato, un vizio di violazione di legge, per cui si richiamano le ragioni sopra illustrate che ostano alla sovrapposizione, in sede di legittimità, delle censure riflettenti i diversi vizi di motivazione e di violazione di legge;

21. la censura è, comunque, infondata posto che si è avuto modo di precisare (Cass. Sez. 5, ord. n. 21804 del 20.9.2017) che nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa;

22. il ricorso va, pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, in base al principio della soccombenza; sussistono, infine, i presupposti per la condanna del soccombente al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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