Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28504 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. I, 22/12/2011, (ud. 04/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in Roma via Albalonga 7,

presso lo studio dell’avv.to Palmiero Clementino, rappresentato e

difeso dagli avv.ti Colalillo Vincenzo e Stefano Scarano, per mandato

a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Comune di Roccavivara;

e

D.R.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7/11 della Corte di appello di Campobasso,

emessa l’11 gennaio 2011, depositata il 27 gennaio 2011, nella

procedura iscritta al n. 399/2010 R.G.;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 4 novembre 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 30 giugno 2010 T.M. chiedeva l’annullamento della Delib. consiliare del comune di Roccavivara 29 maggio 2010 con la quale era stata dichiarata la sua decadenza dalla carica di consigliere comunale in ragione della persistente permanenza della causa di incompatibilità derivante dalla sua qualità di ingegnere progettista della revisione della variante generale al programma di fabbricazione con annesso regolamento edilizio. In particolare i consiglieri di maggioranza avevano contestato al T. la mancata rinuncia espressa all’incarico progettuale, con conseguente rescissione del contratto, e avevano ritenuto insufficiente a rimuovere la causa di incompatibilità la dichiarazione del T. di opzione per la carica di consigliere.

Il ricorrente contestava la necessità di una tale rinuncia.

Il Tribunale di Campobasso rigettato il ricorso condannava il T. al pagamento delle spese del giudizio.

La Corte di appello di Campobasso, in parziale accoglimento dell’appello, ha dichiarato inammissibile l’intervento in causa del Comune di Roccavivara e per l’effetto ha dichiarato non ripetibili le spese legali sopportate dal Comune nei due gradi del giudizio di merito. Ha rigettato quanto al resto l’appello del T..

Ricorre per cassazione T.M. affidandosi ad un unico motivo di impugnazione.

Non svolge difese il Comune di Roccavivara.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt, 51 e 97 Cost. nonchè D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 63 e 69.

Il motivo di ricorso comprende vari argomenti intesi a spezzare il nesso posto dalla motivazione della Corte di appello di Campobasso fra l’impostazione generale tracciata dalla sentenza n. 550/2004 di questa Corte e la decisione del caso per cui si controverte. Tali argomenti non appaiono convincenti per le seguenti ragioni.

In primo luogo è innegabile che in tema di ineleggibilità e incompatibilità vale il principio ripetutamente richiamato dalla Corte Costituzionale (sentenze nn. 27/2009, 25/2008, 306/2003, 1073/2001, 489/2000) della riserva di legge e del divieto di interpretazione analogica. Trattandosi di limitazioni a un diritto fondamentale, costitutivo del principio di partecipazione dei cittadini alla vita democratica, come il diritto di elettorato passivo, le cause di ineleggibilità e incompatibilità devono essere espressamente previste dal legislatore al solo fine di realizzare altri interessi di rango costituzionale, parimenti fondamentali e generali.

Tutto ciò non toglie però alcuna forza all’affermazione chiaramente centrale nella citata sentenza n. 550/2004 secondo cui in materia di cause di incompatibilità, fermo il divieto di interpretazione analogica, è proprio la ratio delle disposizioni normative che le prevede a giustificare la loro interpretazione estensiva. In questa prospettiva è ben possibile estendere la causa di incompatibilità a soggetti che, pur non essendo stati menzionati esplicitamente dal legislatore, siano assimilabili a quelli indicati in ragione della loro posizione giuridica personale nei confronti dell’ente locale e della sussistenza di un potenziale conflitto di interessi. Proprio in relazione a tale prospettiva – diretta ad assicurare il corretto adempimento del mandato elettivo e la realizzazione degli interessi (buon andamento e imparzialità dell’amministrazione) tutelati dall’art. 97 della carta costituzionale – la sentenza n. 550/2000 ha ritenuto che la situazione di incompatibilità di interessi possa estendersi anche a chi esercita una professione intellettuale.

Per altro verso appare riduttiva e dissonante rispetto alla, citata pronuncia la interpretazione che da parte del ricorrente si da alla formula normativa del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 63, comma 1, n. 2, in cui si afferma che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che come titolare… “ha parte”, direttamente o indirettamente, in servizi esercitati nell’interesse del Comune.

Infatti la espressione “avere parte” ha qui il significato di locuzione usata dal legislatore per marcare una situazione di potenziale conflitto di interessi del soggetto titolare dell’interesse personale rispetto all’esercizio imparziale della carica elettiva. Ciò comporta che sia la nozione di partecipazione sia quella di servizi devono assumere una connotazione e un senso il più possibile esteso e flessibile al fine di potervi ricomprendere forme di partecipazione eterogenee e attività che l’amministrazione comunale fa e considera proprie anche se non implicano l’esercizio di potestà autoritative. Il servizio svolto nell’interesse del Comune, in questa prospettiva, può comprendere una qualsiasi attività istituzionale o una fase di essa organizzata in servizio. Nella fattispecie in esame ciò consente di affermare che l’attenzione del giudice di merito doveva concentrarsi nella valutazione sulla possibile insorgenza di una situazione di conflitto di interesse da parte del progettista del progetto di variante generale al programma di fabbricazione successivamente eletto alla carica di consigliere comunale. L’oggetto di questa valutazione consiste – una volta assodato, dal punto di vista soggettivo, che il professionista può essere astrattamente titolare di una simile posizione di conflitto – nell’accertamento della attualità della partecipazione al servizio e in quello della potenziale conflittualità di tale partecipazione con il dovere di imparziale esercizio della carica di consigliere. Una valutazione che non può essere fuorviata dalla imposizione di limiti categoriali non previsti dal legislatore, come quello della intensità e organicità dell’inserimento nel servizio ovvero della soggezione o meno a direttive da parte del titolare di esso o ancora alla utilizzazione di strutture e risorse proprie dell’amministrazione comunale. A ben vedere si tratta, in tutti i casi, di connotati dell’esercizio dell’attività, qualificabile come servizio in quanto l’amministrazione decide di farla e considerarla propria o, come avviene nel caso in esame, potrà successivamente decidere di farla propria all’esito di una sua valutazione di merito.

La sussistenza di tali connotati è irrilevante ai fini dell’indagine che qui interessa, la quale si fonda, come si è detto, sull’esigenza di accertare se l’attività svolta sia in grado di porre il soggetto, a cui l’attività deve essere attribuita, in condizione di conflitto potenziale con l’esercizio imparziale della carica elettiva a cui è stato successivamente chiamato.

Queste precisazioni rendono altresì irrilevanti le differenze del caso in esame rispetto a quello che ha costituito l’oggetto della citata sentenza n. 550/2000. La partecipazione di un architetto a un team di professionisti, sotto la direzione del responsabile del servizio urbanistico del Comune, costituito al fine di predisporre strumenti di attuazione del piano regolatore e in quanto tali aventi efficacia dichiarativa dell’interesse pubblico riferibile come soggetto esponenziale all’amministrazione comunale, costituisce sicuramente indizio di un inserimento organico e continuativo nella struttura organizzativa dell’amministrazione. Ma si tratta di un connotato non indispensabile ai fini dell’affermazione di una potenziale situazione di incompatibilità di interessi per come configurata dall’art. 63 sopra citato. Ciò che qui rileva infatti è accertare se la partecipazione del professionista a un’attività che l’amministrazione comunale potrà avere interesse a fare propria lo ponga in posizione di conflitto di interessi qualora egli assuma successivamente una carica elettiva in seno alla stessa amministrazione comunale, ed è irrilevante che l’attività abbia avuto o meno una strutturazione operativa e decisionale più o meno legata alla branca organizzativa normalmente competente per il suo svolgimento.

Si tratta di una indagine di merito – ma di competenza, perchè incidente sulla materia elettorale, anche della Corte di Cassazione – che si incentra sugli elementi della rilevanza della partecipazione e della attualità della potenziale situazione di incompatibilità di interessi e che la Corte di appello di Campobasso ha compiuto con una analisi accurata e coerente sotto il profilo logico-giuridico, basata sui seguenti punti: 1) sotto il profilo della partecipazione a un servizio svolto nell’interesse del Comune la revisione della variante generale al programma di fabbricazione nonchè la redazione del regolamento edilizio e delle norme tecniche di attuazione costituiscono sicuramente esercizio di un servizio riferibile all’ente locale quale quello urbanistico; 2) sotto il profilo della attualità della potenziale situazione di incompatibilità di interessi, la prestazione professionale dell’eletto ha avuto carattere di continuità, permanenza e stabilità in quanto l’arch.

T. ha ricevuto l’incarico il 19 novembre 2003 e ha depositato l’elaborato definitivo in data 21 febbraio 2010, ma la convenzione stipulata dalle parti continua a produrre effetti in quanto il professionista, in base alla convenzione, resta obbligato a introdurre nel progetto tutte le modifiche ritenute necessarie, a giudizio insindacabile dell’amministrazione, fino alla definitiva approvazione del progetto da parte del Comune e degli organi competenti e senza che ciò dia diritto a speciali e maggiori compensi; 3) inoltre la convenzione prevede il pagamento del saldo pari a Euro 12.000,00 ad approvazione definitiva avvenuta da parte dell’ente e degli organi preposti, approvazione non ancora intervenuta al momento dell’elezione del T.; 4) la posizione di conflitto è integrata dalla coesistenza nello stesso soggetto di una posizione attiva e passiva di controllo riguardo alla prestazione professionale svolta che necessariamente comporta la titolarità di interessi potenzialmente confliggenti, facenti capo alle due diverse qualità rivestite dall’architetto e dal consigliere T.; 5) il conflitto di interessi che qui rileva non è risolvibile con l’astensione rispetto a specifiche delibere (in conformità alla disciplina relativa al dovere di astensione degli amministratori locali, dettata dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 78, comma 2 ed alle relative deroghe). L’incompatibilità si differenzia dalla semplice situazione di conflitto in quanto la prima si caratterizza come situazione conflittuale generale già attuale al momento dell’elezione, e potenzialmente idonea a dare vita nel futuro a svariate e non prevedibili situazioni di conflitto, laddove la semplice situazione di conflitto che può essere risolta con l’astensione è una situazione che insorge successivamente all’elezione e può essere eliminata, una volta e per sempre, con l’auto-esclusione dalla partecipazione al voto nella specifica situazione di conflitto; 6) una tale posizione di conflitto derivante da un rapporto contrattuale non ancora esaurito poteva trovare la sua ricomposizione solo mediante il recesso unilaterale o la risoluzione consensuale del contratto una volta che il T. aveva comunque dichiarato di non volere rinunciare alla sua carica elettiva e aveva optato formalmente per tale carica.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto il ricorrente ritiene che la semplice dichiarazione di opzione debba considerarsi idonea al superamento della situazione di incompatibilità di interessi. Questo punto di vista non è condivisibile in quanto una vera e propria opzione può effettuarsi fra due cariche elettive incompatibili, non fra una carica elettiva e una posizione contrattuale. La dichiarazione di opzione resa dal T. è sì idonea a esprimere la volontà dell’eletto di non rinunciare alla carica e, per converso, a far conoscere la sua preferenza per la assunzione della qualità di consigliere comunale rispetto a quella di progettista. Si tratta però di una dichiarazione che esaudisce al compimento di un obbligo di manifestazione della volontà dell’optante, ma che resta imperfetta sotto il profilo della ricomposizione del conflitto di interessi se non si sostanzia nella definitiva e immediata chiusura dei rapporti economici afferenti al rapporto di prestazione professionale. Senza tale definizione la posizione di conflitto di interesse resta e anzi nella specie si specifica perchè il T., contestualmente alla dichiarazione di opzione, si è riservato espressamente di far valere le proprie ragioni nelle sedi opportune al fine di ristabilire il proprio diritto a non essere considerato in posizione di incompatibilità.

Il ricorso va pertanto respinto e nessuna statuizione deve essere emessa sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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