Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2850 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 05/02/2021), n.2850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15495-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO FAA’

DI BRUNO, 52, presso lo studio dell’avvocato ZACCO GIANFRANCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LICITRA LUCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1974/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA SICILIA SEZ. DISTACCATA di CATANIA, depositata il

15/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

 

Fatto

RILEVATO:

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso una sentenza della CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, di rigetto dell’appello proposto avverso una decisione della CTP di Ragusa, di accoglimento del ricorso proposto dal contribuente T.M. avverso il diniego di rimborso del 90% dell’IRPEF da lui versata negli anni 1990, 1991 e 1992 su redditi di lavoro subordinato, per essere egli residente in uno dei Comuni colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990; entrambi i giudici di merito avevano invero ritenuto che detto rimborso spettasse al contribuente, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17.

Diritto

CONSIDERATO:

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello proposto dal contribuente per omessa indicazione, nell’istanza di rimborso, del quantum chiesto; invero le domande prive dell’indicazione degli importi chiesti in restituzione non potevano considerarsi giuridicamente valide e non erano idonee alla formazione di un silenzio rifiuto impugnabile;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione art. 2697 c.c.; L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17; L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (c.d. legge di stabilità 2015); VI direttiva n. 77/388/CEE, come interpretata dalla Corte di giustizia delle comunità Europee con la sentenza del 17 luglio 2008 in causa C-132/06; ordinanza della sesta sezione della Corte di giustizia delle Comunità Europee (CGCE) del 15 luglio 2015 in causa C-82/14; artt. 107 e 108 paragrafo 3 del trattato del funzionamento dell’Unione Europea, nonchè decisione della Commissione Europea C/2015, 5549 final, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto erroneamente entrambi i giudici di merito aveva ritenuto come dovuto un rimborso, legittimamente negato al contribuente; invero quest’ultimo, negli anni in discussione, aveva percepito redditi di lavoro autonomo e la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 ha escluso dal beneficio in esame i soggetti che svolgevano attività d’impresa; per questi ultimi, invero, l’applicazione dell’agevolazione era stata sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’unione Europea; ed il concetto di attività d’impresa era da intendere in modo estensivo, si che erano da ritenere esercenti attività d’impresa anche i soggetti, che, come il contribuente, avevano percepito, negli anni 1990, 1991 e 1992, redditi da lavoro autonomo, rientrando infatti anche detti redditi nel concetto di attività d’impresa, così come delineato dalla normativa nazionale e dalla giurisprudenza Europea;

che, con il terzo motivo, l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, così come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., normativa quest’ultima applicabile al presente giudizio, atteso che la sentenza impugnata era stata depositata il 15 maggio 2018 e quindi dopo l’entrata in vigore del citato D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies(13 agosto 2017); invero tale articolo era da ritenere applicabile a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore ed era riferibile a tutte le istanze presentate, si che le somme da corrispondere erano destinate a ridursi in percentuale, qualora gli importi complessivamente dovuti eccedessero le risorse stanziate in bilancio;

che il contribuente ha presentato controricorso, nonchè memoria illustrativa;

che il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo l’Agenzia ricorrente riprodotto nel

ricorso il contenuto dell’istanza di rimborso, nè avendo la medesima indicato in quale fase del giudizio di merito la stessa era stata prodotta, nè avendo essa depositato la suddetta istanza unitamente al ricorso (cfr. Cass. n. 26389 del 2019);

che il secondo motivo di ricorso è infondato; invero, contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia ricorrente, la sentenza impugnata ha accolto il ricorso del contribuente dopo aver specificato che il contribuente non svolgeva attività d’impresa, nè era un imprenditore, ma era un lavoratore dipendente, avendo all’uopo prodotto in primo grado adeguata documentazione in tal senso; e del resto anche dall’intestazione della sentenza impugnata emerge che gli atti impugnati sono stati solo ed esclusivamente dinieghi di rimborso IRPEF anni 1990, 1991 e 1992; trattavasi pertanto di redditi da lavoro dipendente, con riferimento ai quali spettava al contribuente il rimborso dell’IRPEF indebitamente versata (cfr. Cass. n. 7332 del 2020; Cass. n. 33907 del 2019; Cass. n. 33657 del 2019);

che, invero, la L. n. 123 del 2107, art. 16-octies- comma 1- lett. b), di conversione con modifiche del D.L. n. 91 del 2017, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, specificando espressamente che fra i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10% previsto dall’art. 9, comma 17 e successive modificazioni, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato solo i titolari di redditi di lavoro dipendente nonchè i titolari di redditi equiparati ed assimilati a quelli di lavoro dipendenti in relazione alle ritenute subite e che sono da ritenere esclusi dai benefici fiscali in esame solo i soggetti che abbiano percepito redditi da impresa;

che, nel delineare la categoria dei soggetti percettori di redditi da impresa, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 29905 del 2017; Cass. n. 3070 del 2018) ha chiarito come la nozione Eurounitaria d’impresa include qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detto soggetto e dalle sue modalità di finanziamento, dovendosi qualificare come economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, Hofner & Elser; 16/11/1995, Federation francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati);

che quanto sopra si raccorda sia con la normativa fiscale Europea, la quale stabilisce che è soggetto passivo d’IVA chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (art. 9, p.1, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE), sia con la normativa Europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi (art. 1, p.8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE);

che, pertanto, avendo la CTR preliminarmente accertato che il reddito prodotto dal contribuente fosse da qualificare come reddito da lavoro subordinato, spettava a quest’ultimo il diritto al rimborso dell’IRPEF versata per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, in favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi della Ord. Ministro coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, art. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990;

che, pertanto, il motivo di ricorso in esame va respinto, avendo la CTR riconosciuto al contribuente il diritto al rimborso fiscale dopo avere accertato che il medesimo svolgeva attività lavorativa dipendente;

che il terzo motivo di ricorso, concernente violazione e falsa applicazione L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, così come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, è infondato, in quanto i provvedimenti amministrativi, che dovranno fissare i criteri di assegnazione dei limitati fondi stanziati in bilancio, da destinare ai rimborsi anzidetti, opereranno entro i limiti delle risorse stanziate, si che le questioni connesse ai conseguenziali provvedimenti liquidatori che saranno emessi dall’Agenzia delle entrate verranno in rilievo solo nella fase esecutiva ovvero nell’eventuale fase dell’ottemperanza (cfr., in termini, Cass. n. 29906 del 2017);

che, da quanto sopra, consegue il rigetto del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, con sua condanna al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, trattandosi di amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non è applicabile il D.P.R. n. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.000,00, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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