Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28498 del 19/12/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 28498 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenw con motivocione
Setliplificata

sul ricorso proposto da:

ALESSI Salvatore (LSS SVT 55M14 H792J), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Giorgio cannata, domiciliato in Roma, Piazza
Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di
cassazione;

ricorrente
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

– resistente –

882(3
/13

Data pubblicazione: 19/12/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Catania
depositato in data 23 maggio 2012.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 12 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

sentito l’Avvocato Giorgio Cannata;
sentito

il P.M.,

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 5 luglio

2011 presso la Corte d’appello di Catania, Alessi Salvatore
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla
irragionevole durata di una procedura fallimentare,
iniziata con dichiarazione di fallimento del 25 maggio 1994
da parte del Tribunale di Caltanissetta, nella quale egli
aveva fatto istanza di ammissione al passivo il 15 ottobre
1994 ed era poi stato ammesso il 30 gennaio 1995, non
ancora definita alla data di presentazione della domanda;
che l’adita Corte d’appello, pur ritenendo che la
procedura avesse avuto una durata irragionevole di dieci
anni, rigettava la domanda rilevando che il ricorrente non
aveva allegato né provato inadempienze della procedura,
della quale non aveva prodotto alcun atto idoneo a
dimostrare il proprio assunto;

Stefano Petitti;

che Alessi Salvatore ha proposto ricorso per la
cassazione di questo decreto, affidato a due motivi,
illustrati da memoria;
che il Ministero della giustizia non ha resistito con

partecipazione alla discussione.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso, il ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi
2 e 3, della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della CEDU,
rilevando che la prova del danno non patrimoniale si
presume come conseguenza necessaria dell’avvenuta
violazione sulla ragionevole durata del giudizio, a meno
che non ricorrano circostanze specifiche, nella specie non
eccepite dall’amministrazione;
che il ricorrente osserva altresì che la Corte
d’appello, in considerazione della natura semplificata del
procedimento camerale e dei poteri di acquisizione
riconosciuti dall’art. 3, comma 5, della legge n. 89 del
2001, avrebbe potuto accertare lo svolgimento della
procedura fallimentare presupposta, sicché del tutto
incomprensibilmente la domanda era stata rigettata
imputando alla parte la mancata attivazione nell’acquisire

3

controricorso, ma ha depositato memoria ai fini della

copia degli atti della procedura fallimentare, secondo uno
schema procedimentale non coerente con la legge n. 89 del
2001, la quale, appunto, all’art. 3, comma 5, consente alla
parte di adempiere ai propri oneri anche attraverso la

atti del procedimento presupposto;
che con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di
motivazione in relazione all’art. 3, comma 5, della legge
n. 89 del 2001 e all’art. 738 cod. proc. civ., per non
avere la Corte d’appello valutato i documenti prodotti a
sostegno della domanda e per non avere comunque attivato i
propri poteri officiosi;
che il ricorso, i cui due motivi possono essere
esaminati congiuntamente, è fondato;
che, invero, «in tema di equa riparazione, per la
violazione del termine ragionevole di durata del processo,
ove la parte si sia avvalsa della facoltà – prevista
dall’art. 3, comma 5, della legge 24 marzo 2001, n. 89 – di
richiedere alla corte d’appello di disporre l’acquisizione
degli atti del processo presupposto, il giudice non può
addebitare alla mancata produzione documentale, da parte
dell’istante, di quegli atti la causa del mancato
accertamento della addotta violazione della ragionevole
durata del processo; difatti la parte ha un onere di
allegazione e di dimostrazione, che però riguarda la sua

sollecitazione rivolta alla Corte della acquisizione degli

posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data
della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è
articolato, mentre (in coerenza con il modello
procedimentale, di cui agli artt. 737 e s. cod. proc. civ.,

dei dati suddetti, di quelli eventualmente addotti dalla
parte resistente e di quelli acquisiti dagli atti del
processo presupposto verificare, in concreto e con
riguardo alla singola fattispecie, se vi sia stata
violazione del termine ragionevole di durata, tenuto anche
conto che nel modello processuale della legge n. 89 del
2001 sussiste un potere d’iniziativa del giudice, che gli
impedisce di rigettare la domanda per eventuali carenze
probatorie superabili con l’esercizio di tale potere»
(Cass. n. 16367 del 2011);
che,

dunque,

la

Corte

d’appello

ha

errato

nell’addebitare alla parte ricorrente la mancata
allegazione delle vicende della procedura fallimentare, e
ancor di più nel ritenere sussistente un onere della parte
di acquisire copia di atti della procedura fallimentare ai
fini della proposizione della domanda di equa riparazione,
trattandosi di onere non imposto dalla legge e inutilmente
gravatorio, atteso che il medesimo risultato è più
agevolmente conseguibile attraverso la sollecitazione del

prescelto dal legislatore) spetta al giudice – sulla base

potere officioso del giudice ai sensi del citato art. 3,
comma 5;
che il ricorso va quindi accolto, con conseguente
cassazione del decreto impugnato e con rinvio per nuovo

composizione, non ravvisandosi le condizioni per poter
procedere alla decisione nel merito della domanda;
che al giudice del rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Catania, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione Civile della Corte suprema di cassazione, il
12 novembre 2013.

esame alla Corte d’appello di Catania in diversa

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