Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28497 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/11/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 06/11/2019), n.28497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1822-2015 proposto da:

A.M., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato NUNZIO

PINELLI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

FRANCESCO CARONIA, MARIANNA ORITI, GIUSEPPE PINELLI;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA SCIENTIFICA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, MINISTERO DELLA SALUTE C.F. (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, UNIVERSITA’ DEGLI

STUDI DI PALERMO, in persona del Rettore pro tempore, REGIONE

SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore, tutti domiciliati

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1393/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 15/07/2014 R.G.N. 1704/2014.

Fatto

RILEVATO CHE:

1. gli odierni ricorrenti, laureati in Medicina e Chirurgia, avevano frequentato i Corsi di specializzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Palermo negli anni accademici compresi tra il 1998 ed il 2007;

2. essi avevano convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero della Salute, l’Università degli Studi di Palermo e la Presidenza della Regione Sicilia per ottenere, in via principale, la domanda diretta all’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con l’Università con condanna alle differenze retributive da parametrarsi alle retribuzioni di un medico neo-assunto ovvero ai compensi previsti dal D.P.C.M. 7 marzo 2007 anche a titolo di risarcimento del danno per mancato recepimento della direttiva comunitaria o, in via subordinata, l’accertamento del diritto all’incremento annuale delle borse di studio in relazione al tasso d’inflazione programmato ed alla rideterminazione triennale delle stesse;

3. il Tribunale respinse le domande;

4. la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il gravame dei medici;

5. in estrema sintesi, il decisum è fondato sulle argomentazioni che seguono:

o lo Stato Italiano aveva dato attuazione alla direttiva n.76/82 con il D.Lgs. n. 257 del 1991; il successivo D.Lgs. n. 368 del 1999 introduceva l’obbligo della stipulazione di un contratto di formazione-lavoro, oggetto di una specifica disciplina, anche sul piano economico, la cui entrata in vigore era tuttavia differita all’anno accademico 2006/2007;

o i rapporti dedotti in giudizio non erano sussumibili nello schema della subordinazione e dunque non veniva in rilievo l’art. 36 Cost.;

o la pretesa dei medici specializzandi di vedersi applicato retroattivamente il D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46, era infondata;

o da disattendere erano anche le domande volte ad ottenere l’adeguamento dell’importo delle borse di studio secondo il tasso programmato d’inflazione ovvero la loro rideterminazione in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione collettiva in favore del personale medico dipendente del servizio sanitario nazionale, in ragione del blocco delle indicizzazioni e degli aumenti contrattuali stabilito per effetto di ripetuti interventi normativi;

o la posticipazione della normativa più favorevole non comportava dubbi di costituzionalità rappresentando il fluire del tempo obiettivo fattore di diversificazione delle situazioni soggettive;

6. avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i medici indicati in epigrafe, affidato ad otto motivi;

7. hanno resistito, con controricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero della Salute, l’Università degli Studi di Palermo e la Regione Sicilia;

8. le parti ricorrenti (incidentali) hanno comunicato memoria contenente istanza di rimessione alle sezioni unite, per un prospettato contrasto nella giurisprudenza di questa Corte in ordine: a) alla sussistenza o meno del diritto, loro riconosciuto dalla Corte d’appello nei confronti dell’Università, alla rideterminazione triennale con decreto del Ministero della Sanità in funzione del miglioramento minimo previsto dalla contrattazione collettiva del personale medico del SSN, previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1; b) alla spettanza o meno del diritto risarcitorio per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, loro negato dalla Corte d’appello;

8.1. in realtà, nessuno dei due contrasti rappresentati sussiste:

a) non il primo, posto che l’indirizzo giurisprudenziale che riconosce il blocco della contrattazione collettiva limitatamente al biennio 1992/93 e non anche il periodo successivo al 31 dicembre 1993 (Cass., sez. Lav., 17 giugno 2008, n. 16385; Cass., sez. Lav., 29 ottobre 2012, n. 18562; Cass., sez. Lav., 18 giugno 2015, n. 12624), non è stato smentito dalla più recente sentenza 23 febbraio 2018, n. 4449 di questa Corte (sez. Lav.);

ed infatti, questa sentenza – in esito a critica ricognizione del quadro normativo in materia di c.d. “blocco” del tasso di inflazione (p.ti 42 – 45 in motivazione), in più specifico riferimento all’incremento delle borse di studio al tasso programmato di inflazione (p.ti 46 – 52 in motivazione) e quindi alla rideterminazione triennale in questione (p.ti 53 – 58 in motivazione) – ha concluso che a partire dal 1998 e sino al 2005 le borse di studio dei medici specializzandi non siano soggette a detto incremento (p.to 59 della motivazione), sulla base della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12 secondo cui: “A partire dal 1998 resta consolidata in Lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”; così valorizzando un dato normativo che, lungi dall’essere stato diversamente interpretato, neppure è stato esaminato dalle precedenti sentenze;

b) ma neppure il secondo, perchè questa Corte ha sempre affermato che la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 si applichi, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006 – 2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, soggetti al regime istituito dal D.Lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacchè la Direttiva 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio prevista dal D.Lgs. cit., senza alcuna irragionevole diversità di trattamento, essendo il legislatore libero di differire gli effetti di una riforma e costituendo il fluire del tempo elemento di per sè idoneo di diversificazione della disciplina (da ultimo: Cass., sez. Lav., 23 febbraio 2018, n. 4449; Cass., sez. VI – 3, 14 marzo 2018, n. 6355; Cass., sez. III, 28 giugno 2018, n. 17051; Cass., sez. III, 27 febbraio 2019, n. 5715; Cass., sez. III, 14 maggio 2019, n. 12749; Cass., sez. III, 24 maggio 2019, n. 14168);

piuttosto, le sentenze indicate come espressive di un diverso indirizzo, che riconoscerebbe anche agli specializzandi destinatari della borsa di studio il diritto al risarcimento del danno per mancata o ritardata attuazione da parte dello Stato italiano di direttive comunitarie, in realtà interessano i medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, ai quali è stato riconosciuto il diritto risarcitorio per inadempimento dello Stato italiano alla tempestiva attuazione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE (come anche recentemente ribadito, con opportune precisazioni temporali, da: Cass. SU 31 luglio 2018, n. 20348; Cass. SU 27 novembre 2018, n. 30649), situazione che ha avuto termine con l’istituzione della borsa di studio;

a quest’ultima problematica – ormai superata – si riferiscono anche le richiamate sentenze di questa Corte, sez. Lav., del 22 aprile 2015, n. 8242 e n. 8243, il cui percorso argomentativo è esclusivamente fondato sulla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite 17 aprile 2009, n. 9147, la quale in riferimento all’omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie: n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE), ha affermato il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, ricondotto allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica;

9. l’istanza di rimessione esaminata deve pertanto essere disattesa.

Diritto

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, (conv. con L. n. 438 del 1992), della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, della Direttiva 93/16/CE nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per aver la Corte di appello statuito negativamente in merito alla domanda di adeguamento delle borse di studio per rideterminazione triennale rispetto al parametro del CCNL dei medici neo assunti del servizio sanitario nazionale;

2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, (conv. In L. n. 438 del 1992), della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, della L. n. 488 del 1999, art. 22, della L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 36, nonchè omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per aver la Corte territoriale disatteso, altresì, la richiesta di indicizzazione annuale al tasso programmato d’inflazione;

3. con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, nonchè omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; la critica afferisce al mancato riconoscimento del risarcimento del danno ed alla statuizione di “adeguatezza” della remunerazione percepita dai medici specializzandi;

4. con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. 37-39 e 46 della direttiva 93/16/CE, del D.Lgs. n. 370 del 199, art. 11, dell’art. 189, comma 3, del Trattato CEE nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver la Corte territoriale escluso la sussistenza di un obbligo risarcitorio a carico dello Stato per inesatta attuazione della direttiva;

5. con il quinto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta violazione ed errata applicazione della sentenza CGE del 25.2.1999, causa C-131/97 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; assume la parte ricorrente che la Corte di appello nulla avrebbe statuito in merito alla richiesta di applicazione retroattiva della disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 368 del 1999;

6. con il sesto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, art. 2943 c.c., comma 4, nonchè omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; la censura riguarda l’applicazione della prescrizione decennale alla fattispecie di causa;

7. con il settimo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione e falsa applicazione della sentenza CGE 3/10/2000, causa C-371/97 della direttiva 93/16/CE, del D.Lgs. n. 368 del 1999 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per aver la Corte di appello escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato;

8. con l’ottavo motivo, è reiterata l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46, comma 2, nella parte in cui stabilisce che le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999, agli artt. da 37 a 42 si applicano a decorrere dall’anno accademico 2006- 2007, in violazione degli artt. 2,3,4,35,36 Cost. e art. 38 Cost., comma 2;

9. il ricorso va, complessivamente, rigettato;

10. la deduzione, nei vari motivi, di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia” si arresta ad un rilievo di inammissibilità; come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014; Cass., sez.un., n. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un “error in procedendo” che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, non essendo invece più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione (Cass., sez. un., n. 14477 del 2015; ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. n. 31543 del 2018);

10.1. è stato, peraltro, precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., sez.un., n. 22232 del 2016);

11. tali evenienze non sono riscontrabili nel caso di specie; la sintetica ricostruzione dei passaggi motivazionali riportata nello storico di lite evidenzia sufficientemente come la Corte territoriale abbia spiegato in maniera esaustiva e niente affatto perplessa le ragioni della sua decisione;

12. per il resto, i motivi di ricorso, ad eccezione del sesto il cui esame come si dirà resta assorbito, nella parte in cui prospettano violazione di norme di legge sono infondati;

13. essi possono trattarsi congiuntamente, prospettando questioni giuridiche strettamente connesse e già affrontate, e risolte, da questa Corte con le sentenze nn. 16137, 15520, 15293, 15294, 4449 pronunciate all’udienza del 7.2.2018 (la n. 4449 già sopra richiamata) in fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame;

in particolare, nelle sentenze innanzi citate, è stato affermato che:

– la disciplina recata dalla direttiva 93/167CEE in ordine alle modalità ed ai tempi della formazione specialistica, in continuità con la direttiva 82/76/CEE, mira a garantire che i medici specializzandi dedichino alla loro formazione pratica e teorica tutta la propria attività professionale, ovvero nel caso degli specialisti in formazione a tempo ridotto, una parte significativa di quest’ultima, ma non obbliga gli Stati membri a disciplinare l’attività di formazione specialistica dei medici secondo lo schema del rapporto di lavoro subordinato;

– la Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CEE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di determinazione di tale remunerazione;

– con il D.Lgs. n. 17 agosto 1999, n. 368 il legislatore ha dato attuazione alla direttiva 93/16/CEE e, nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991, ha esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale;

– non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi;

– la inconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost.;

– l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. n. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, comma 1 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005;

– ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12 e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1;

– non sussiste irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, ben potendo il legislatore differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che, per ciò solo, ne possa derivare una disparità di trattamento tra soggetti che, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione, ricevano trattamenti diversi;

– non sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università Italiane e quelli iscritti nelle Scuole degli altri Paesi Europei, atteso che le situazioni non sono comparabili, perchè la Direttiva 93/16/Ce non ha previsto nè imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico;

– la situazione dei medici neoassunti che lavorano nell’ambito del S.S.N. non è comparabile con quella dei medici specializzandi in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica;

13.1. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, ribaditi anche nelle successive decisioni nn. 17052, 17051, 15963, 31923, 16805, 15963, 31922 del 2018, n. 4809 del 2019, condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che i ricorrenti non apportano argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’espresso orientamento giurisprudenziale;

13.2. va solo aggiunto, rispetto all’assetto della normativa quale già riepilogato da Cass. n. 4449 del 2018, più volte citata, che il blocco stabilito dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, (Legge Finanziaria 2003, secondo cui “le disposizioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67, e da ultimo dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488,… contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005 (comma 1)”) è stato prorogato successivamente con la L. n. 266 del 2005, art. 1 secondo cui appunto “la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36…. continua ad applicarsi anche nel triennio 2006-2008”, sicchè esso è rimasto operativo per tutto il periodo oggetto del presente giudizio;

13.3. rispetto all’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, Cass. 4449 del 2018, come già osservato nella parte in fatto della presente ordinanza, attraverso una dettagliata ricostruzione normativa, ha evidenziato dapprima come la L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, avesse stabilito che “a partire dal 1998 resta consolidata in Lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”, con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e, pertanto, non solo l’indicizzazione, ma anche la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva;

13.4. la predetta sentenza ha, poi, anche in questo caso richiamato – a nulla evidentemente valendo la normativa che ha aumentato il fondo non in ragione della necessità di aggiornamenti, ma per il finanziamento tout court degli incrementi alla platea dei medici specializzandi (D.L. n. 90 del 2001, art. 1 conv. in L. n. 188 del 2001) – il già citato disposto della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, nella parte che qui interessa ed in cui si è stabilito che l’ammontare delle borse di studio “a carico del Fondo sanitario nazionale rimane consolidato nell’importo previsto della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12, e successive modificazioni”, con previsione che anche in questo caso è stata prorogata per il triennio 2006-2008 dal già citato L. n. 266 del 2005, art. 1;

14. resta, di conseguenza, assorbito il profilo di diritto di cui al sesto motivo;

15. la complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

16. occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa, tra le parti, le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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