Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28495 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. III, 08/11/2018, (ud. 16/01/2018, dep. 08/11/2018), n.28495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8963-2013 proposto da:

L.M.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BRENTA 2-A, presso lo studio dell’avvocato ISABELLA MARIA

STOPPANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FILIPPO COPPELLI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.S., G.P.C., G.L.,

F.M.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASSIODORO 19,

presso lo studio dell’avvocato CAROLA IANARI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARCELLO SUSINI giusta procura

speciale in calce al controricorso;

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

IPPOCRATE 104, presso lo studio dell’avvocato CARLO BOGINO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE VERUNELLI

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 181/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 16/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/01/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo di

ricorso;

udito l’Avvocato ISABELLA MARIA STOPPANI;

udito l’Avvocato BOGINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16/2/2012 la Corte d’Appello di Genova ha respinto il gravame interposto dalla sig. L.M.P. in relazione alla pronunzia Trib. Massa n. 73/07 di rigetto, per ravvisata decadenza L. n. 590 del 1965, ez art. 8 della domanda di accertamento del proprio diritto – quale affittuaria da oltre 20 anni e coltivatrice diretta – di prelazione agraria, in relazione alla compravendita di due appezzamenti di terreno siti a (OMISSIS), proposta nei confronti del sig. G.R., acquirente dei medesimi dalla proprietaria sig. Ca.An.Ma. giusta atto a rogito Notaio M. del 31/8/2001.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la L. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resistono con separati controricorsi il sig. C.M., erede della defunta sig. Ca.An.Ma., e i sigg. F.M.T. ed altri, eredi del defunto sig. G.R., i quali ultimi hanno presentato anche memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Già chiamata all’udienza del 5/5/2016, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo ai fini dell’integrazione del contraddittorio nei confronti del sig. C.L., coerede della defunta Ca. e litisconsorte necessario.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” della L. n. 590 del 1965, art. 8 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia confermato la sentenza del giudice di prime cure erroneamente ritenendo “la validità della denuntiatio in forma diversa da quella scritta per aver l’affittuario partecipato al rogito notarile”, giusta orientamento ormai da tempo superato nella giurisprudenza di legittimità, che in ragione della relativa natura composita e della idoneità a produrre effetti traslativi, ritiene viceversa necessaria la forma scritta ad substantiam.

Il motivo è fondato.

Va anzitutto osservato che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il diritto di prelazione agraria, il quale si esercita secondo lo schema normativo dettato dagli artt. 1326-1329 c.c., cioè attraverso lo scambio di una proposta (irrevocabile per legge per un certo periodo) e della accettazione della stessa, sorge per effetto della denuntiatio del proprietario del fondo e non per il solo fatto della stipulazione del contratto preliminare di vendita del fondo ad un terzo, senza che al di fuori di tale comunicazione possa rilevare ai fini dell’esercizio della prelazione la conoscenza che l’avente diritto possa avere aliunde del detto preliminare (o della sua proposta da parte del proprietario al terzo) (v. Cass., 5/10/1991, n. 10429).

Superando una precedente diversa interpretazione, questa Corte ha già avuto modo di affermare che per la comunicazione (“notifica”) da parte del proprietario venditore al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui alla L. n. 590 del 1965, art. 8 e alla L. n. 817 del 1971, art. 7 è richiesta la forma scritta ad substantiam, non essendo allo scopo idonea la relativa effettuazione in qualsiasi modo, anche verbale.

La denuntiatio non va infatti considerata solo quale atto negoziale ma anche come atto preparatorio di una fattispecie traslativa avente ad oggetto un bene immobile, cioè il fondo agrario, onde deve rivestire necessariamente la forma scritta, in applicazione dell’art. 1350 c.c., con inevitabili riflessi sul piano probatorio, non essendo, per questo, consentita la prova testimoniale ex art. 2725 c.c.

Tale forma, peraltro, assolve ad esigenze di tutela e di certezza, rendendo, appunto, certa l’effettiva esistenza di un terzo acquirente, evitando che la prelazione possa essere utilizzata per fini speculativi in danno del titolare del diritto, e assicurando, a sua volta, al terzo acquirente, in caso di mancato esercizio della prelazione nello “spatium deliberandi” a disposizione del coltivatore (o del confinante), la certezza della compravendita stipulata con il proprietario, sottraendo l’acquirente al pericolo di essere assoggettato al retratto esercitato dal coltivatore (o confinante) pretermesso; garantisce, infine, il coltivatore (o confinante) in ordine alla sussistenza di condizioni della vendita più favorevoli stabilite dal proprietario promittente venditore e dal terzo promissario acquirente (v. Cass., Cass., 31/1/2014, n. 2187; Cass., 25/1/2011, n. 1731; Cass., 31/5/2010, n. 13211; Cass., 20/1/2009, n. 1348; Cass., 20/4/2007, n. 9519; Cass., 30/11/2005, n. 26079. Contra, nel senso che in tema di prelazione agraria la norma che prevede le formalità della comunicazione, pur perseguendo finalità di interesse sociale (creazione di imprese coltivatrici moderne ed efficienti con conseguente incremento della produttività agricola), ha carattere dispositivo e non cogente e inderogabile, sicchè è rimessa all’iniziativa delle parti l’adozione di forme alternative di comunicazione, purchè idonee a consentire la piena conoscenza della proposta in funzione dell’esercizio della prelazione, e nell’ambito del principio generale di libertà delle forme è sufficiente anche la forma verbale, non derivando alcun ostacolo dalla disposizione di cui all’art. 1351 c.c., che per i contratti preliminari aventi forma scritta richiede ad substantiam la medesima forma, poichè la comunicazione non ha natura di proposta contrattuale, v. peraltro Cass., 19/5/2003, n. 7768. V. altresì Cass., 19/1/2007, n. 1192, ove si è affermato che allorquando il coltivatore ha avuto piena conoscenza della proposta di vendita deve ritenersi realizzata la finalità della legge, ritenendosi conseguito il risultato voluto dalla legge per avere l’avente titolo alla prelazione partecipato al rogito, a tale stregua conseguendo immediata e completa cognizione delle condizioni formulate per iscritto nell’atto di compravendita).

Orbene, nell’aderire al pregresso superato orientamento, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio.

In particolare là dove ha affermato, che “nel caso di specie è pacifico che la venditrice non ha provveduto a notificare nelle forme di cui all’art. 8, comma 4 citata legge l’offerta di prelazione, ma… è emersa piena prova in ordine al fatto che la L., accompagnata dal marito, è stata presente nello studio del notaio in occasione del rogito… il giorno 31.8.2001, è stata dettagliatamente informata dallo stesso notaio in ordine al prezzo richiesto e alle pattuizioni dello stipulando contratto di vendita e ha dichiarato di non essere interessata all’acquisto e di non volere esercitare il diritto di prelazione”, sicchè “deve ritenersi nella specie sussistente una situazione di piena conoscenza in capo alla L. della volontà della proprietaria di vendere i fondi, del prezzo richiesto e delle relative condizioni contrattuali, così da metterla in condizioni di decidere se esercitare o meno il diritto di riscatto; una tale situazione di conoscenza è del tutto equivalente alla notifica di una formale offerta di prelazione, che nella specie non vi è stata”.

Dell’impugnata sentenza, assorbito il 2 motivo (con il quale la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” della L. n. 590 del 1965, art. 8 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, dolendosi che la corte di merito abbia “inusitatamente dichiarato l’intervenuta decadenza della L. L. n. 590 del 1985, ex art. 8, comma 6, (rectius, 1965)” per mancato pagamento del prezzo entro il termine di 3 mesi dall’esercizio della prelazione, facendo al riguardo invero erroneamente applicazione dei “modi” e del “termini” che “la normativa prescrive per l’esercizio della prelazione”), s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Genova, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo di ricorso, assorbito il 2. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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