Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2849 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.02/02/2017),  n. 2849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1146/2013 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

CONCIATORI 7, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ITRI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE PRESTIA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato EMILIA FAVATA, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 836/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 10/05/2012, depositata il 15/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio e non infirmata dalla memoria depositata dalla parte ricorrente.

2. Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda proposta dall’attuale ricorrente – nei confronti dell’INAIL, per il riconoscimento del diritto a rendita, per i postumi derivati da un infortunio sul lavoro, per il quale l’Istituto gli aveva riconosciuto l’inabilità temporanea, e per la ricaduta circa otto mesi dopo l’infortunio occorsogli – per avere omesso di fornire qualsiasi prova in ordine alle modalità dell’infortunio.

3. A seguito di gravame interposto dall’attuale ricorrente, la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 15/6/2012, confermava la decisione di primo grado, richiamando i principi affermati da Cass. 1642/2012; ribadiva la carenza di prova dell’occasione di lavoro, in riferimento all’infortunio occorso nel (OMISSIS), risultando agli atti soltanto la dichiarazione del lavoratore sulle modalità dell’infortunio, senza alcun riscontro testimoniale o documentale.

4. Per la cassazione di tale decisione ricorre M.G., affidando l’impugnazione ad un motivo con il quale, denunciando vizio motivazionale, si duole che la Corte territoriale abbia erroneamente interpretato il provvedimento di riconoscimento dell’inabilità giornaliera temporanea per l’infortunio occorso nel (OMISSIS), escludendone la valenza di riconoscimento dell’evento come infortunio sul lavoro; deduce l’omessa motivazione sull’idoneità dell’attestazione del 31 marzo 2003, quanto all’inabilità conseguente all’infortunio, nella misura del tre per cento, e come tale al di sotto della soglia indennizzabile, a qualificare l’evento del (OMISSIS) come infortunio sul lavoro.

5. Resiste, con controricorso.

6. Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.

7. Come più volte affermato da questa Suprema Corte, in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, il provvedimento affermativo del diritto all’indennità giornaliera per inabilità temporanea vale esclusivamente ad attribuire il detto beneficio, ma non esprime la volontà dell’Istituto assicuratore di vincolarsi al riconoscimento di tutte le possibili prestazioni ricollegabili all’avveramento dell’infortunio, in relazione alle quali la diversa fattispecie di volta in volta considerata dalla legge esige la ricorrenza di specifici requisiti e l’espletamento di un’apposita procedura amministrativa, strumentale all’accertamento dell’esistenza dell’obbligazione previdenziale e all’adempimento della stessa.

8. Trattandosi, peraltro, di materia della quale l’istituto previdenziale non può disporre a mezzo di atti negoziali, il riconoscimento dell’inabilità temporanea (all’esito del quale l’INAIL, ha liquidato la relativa indennità giornaliera attestando un’inabilità temporanea del tre per cento) non solo non equivale a confessione in ordine ad un infortunio indennizzabile ma non produce neppure i limitati effetti di cui all’art. 1988 c.c. e neanche può assumere rilievo per l’ammissibilità dell’indennizzo per tutte le prestazioni esigibili dall’Istituto.

9. E, del resto, la stessa revoca (non per fatti sopravvenuti) o la mancata continuazione dell’erogazione di una prestazione, che sia stata in un primo tempo riconosciuta dall’ente previdenziale, si risolvono in una contestazione dell’esistenza del diritto e questo comporta che l’attore debba provare il fatto costitutivo dell’obbligazione, che non può identificarsi nel riconoscimento a suo tempo effettuato (cfr. Cass. 1642/2012 e gli ulteriori precedenti ivi richiamati).

10. La Corte territoriale, facendo corretta applicazione al caso di specie dei principi appena esposti, ha escluso che l’inabilità giornaliera temporanea riconosciuta dall’Istituto potesse incidere ai fini della valutazione del nesso causale, della qualificazione del fatto e della indennizzabilità delle inabilità denunciate, affermando, con motivazione immune da censure e da vizi logici, che il lavoratore non aveva offerto alcuna prova dell’infortunio occorso, in data 7 (OMISSIS), in occasione della prestazione lavorativa, per essere rimasta priva di riscontri, testimoniali o documentali, la dichiarazione resa dal lavoratore medesimo sulle modalità dell’evento.

11. Tale proposizione non è stata, peraltro, fatta segno di ulteriore censura posto che il ricorrente ha evocato solo genericamente attività istruttorie formulate, l’espletamento delle quali sarebbe stato precluso dalla statuizione della Corte di merito.

12. In conclusione il ricorso va rigettato.

13. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

14. Pur essendo il ricorso notificato dopo l’entrata in vigore della novella al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, che apporta innovazioni al regime delle spese di giustizia per il caso di rigetto dell’impugnazione, il ricorrente, risultando ammesso al gratuito patrocinio, non deve essere onerato delle conseguenze ivi previste, vale a dire del pagamento aggiuntivo collegato al rigetto integrale o alla definizione in rito dell’impugnazione (cfr., ex multis, Cass. 2023/2015; 18523/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del quindici per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara insussistenti presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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