Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28486 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. II, 06/11/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 06/11/2019), n.28486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18519-2015 proposto da:

D.L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BADIA DI CAVA

56, presso lo studio dell’avvocato LUIGI DI NITTO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.M.C., F.F., S.M., S.L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L.ANGELONI 4, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO F., rappresentati e difesi

dall’avvocato BENEDETTO RUGGIERO;

– controricorrenti –

e contro

FI.MA., G.E., SA.LA., M.R.,

M.SILVAN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3939/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

la vicenda trae origine dalla domanda proposta da P.M. ed altri condomini del condominio di (OMISSIS), che chiesero accertarsi la proprietà condominiale di un cortile e la reintegra nel possesso nei confronti di D.L.A., con riduzione delle opere dalle medesima illegittimamente realizzate;

all’esito dei giudizi di merito, per quel che ancora rileva in sede di legittimità, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza dell’11.6.2014, confermò la decisione del Tribunale di Latina, che aveva accolto la domanda;

la corte territoriale accertò la proprietà condominiale dell’area cortilizia, sulla base di una sentenza passata in giudicato tra le medesime parti, resa in un giudizio avente ad oggetto l’esistenza di una servitù di scarico in favore dei condomini, e ritenne assorbita dalla decisione la doglianza relativa all’omessa integrazione del contraddittorio in ordine alla domanda riconvenzionale di usucapione;

per la cassazione della sentenza d’appello, ha proposto ricorso D.L.A. sulla base di tre motivi;

hanno resistito con controricorso F.F., M. e S.L., in qualità di eredi di Sa.La. e P.M.C.; sono rimasti intimati Fi.Ma., G.E., M.R. e M.S. nonchè le altre parti, che nel giudizio d’appello erano rimaste contumaci;

in prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RITENUTO

che:

con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale pronunciato su una domanda diversa da quella proposta dagli attori, che avrebbero promosso un’azione di rivendica e non un’azione di restituzione dell’area cortilizia e per aver illegittimamente rilevato l’esistenza di un giudicato esterno. Nell’ambito dello stesso motivo, si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, costituito dall’accertamento della proprietà dell’area cortilizia;

con il secondo motivo di ricorso, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 948 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, si contesta l’esistenza del giudicato sull’area in contestazione e la qualificazione giuridica della domanda effettuata dal giudice di merito, sostenendo che si trattasse di azione di rivendica, soggetta alla probatio diabolica, che, invece, non sarebbe stata fornita;

– con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 984 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere il giudice di merito esaminato il titolo di proprietà della ricorrente e per non aver svolto ulteriori accertamenti sulla proprietà, rilevando che il giudicato sul cortile si sarebbe formato all’esito di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della delibera assembleare;

i motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili;

ha affermato questa Corte, con orientamento consolidato, al quale il collegio intende dare continuità, che il giudice ha il potere-dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione, nel rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sicchè il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cassazione civile sez. III, 24/09/2015, n. 18868; Cassazione civile sez. lav., 11/01/2011, n. 455);

la corte territoriale non è incorsa nel vizio di ultrapetizione, in quanto ha pronunciato sulla proprietà dell’area cortilizia, accertandone la proprietà condominiale sulla base di una sentenza passata in giudicato tra le medesime parti, resa in un giudizio avente ad oggetto l’esistenza di una servitù di scarico in favore dei condomini, sicchè era illegittima l’occupazione di tale area da parte della convenuta;

all’accertamento della corte di merito, la ricorrente si limita ad opporre la sua proprietà esclusiva dell’area, omettendo di trascrivere il proprio titolo di acquisto, così incorrendo nel difetto di specificità del motivo, richiamando genericamente stralci di motivazione di altri giudizi definiti con sentenza passata in giudicato, senza indicare le parti, le domande proposte e le statuizioni oggetto di giudicato;

non sussiste, altresì, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, che, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è censurabile sotto il profilo dell’omessa motivazione, ovvero nei casi di assenza o apparenza della motivazione, mentre, nella specie, la corte di merito ha esaminato l’aspetto relativo alla proprietà del cortile, ritenendone la natura condominiale sulla base del giudicato esterno;

la censura relativa al vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione è inammissibile, in quanto non più prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, che ha limitato il controllo di legittimità alle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo del giudizio e non alle ipotesi di insufficiente e contraddittoria motivazione;

il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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