Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28483 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 22/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 22/12/2011), n.28483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.P.C. (C.F. (OMISSIS)), residente in

(OMISSIS), rappresentata e difesa per procura a margine del

ricorso

dagli Avvocati Campanile Francesca e Marcello Petitto, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Antonio Ielo in Roma, via

Ugo De Carolis n. 87;

– ricorrente –

contro

F.M.E. (C.F. (OMISSIS)), F.A.

(C.F. (OMISSIS)) e Fe.Ma. (C.F.

(OMISSIS)), in proprio e quale esercente la potestà

genitoriale sul minore Fa.Gi.Ga., rappresentati e

difesi per procura in calce al controricorso dall’Avvocato Urrico

Angelo, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avvocato

Fabrizio Ferrara in Roma, via Pescaglia n. 71, se. A, int. 14;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 236 della Corte di appello di Caltanisetta,

depositata il 2 novembre 2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 dicembre 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 dicembre 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del

Sostituto Procuratore Generale dott. Patrone Ignazio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

letto il ricorso proposto da L.P.C. per la cassazione della sentenza n. 236 del 2 novembre 2009, con cui la Corte di appello di Caltanisetta aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto la sua domanda di condanna di F. M.E., F.A. e F.S.M., quali assuntori del concordato del fallito F.G., al pagamento della somma di L. 500.000.000 a titolo di rimborso delle spese da lei sostenute per la costruzione di un immobile su un terreno oggetto di preliminare di compravendita intervenuto con F.G., preliminare poi risolto in sede di procedura fallimentare, avendo il giudice di secondo grado ritenuto che, avendo l’attrice già fatto valere il proprio credito dinanzi al giudice fallimentare ed avendolo questi ammesso solo in parte, la domanda ora avanzata fosse preclusa in quanto, a norma della legge fallimentare, l’assuntore del concordato non risponde dei crediti che siano stati esclusi dal passivo ed in ordine ai quali non sia pendente opposizione; letto il controricorso di F.M.E., F.A. e F. M., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul minore F.G.G.;

considerato che i controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, rilevando che nella copia loro notificata manca la trascrizione della procura speciale rilasciata dalla ricorrente e che tale mancanza impedisce di stabilire con certezza l’anteriorità della procura medesima;

ritenuto che l’eccezione è infondata dovendosi dare atto che la procura speciale è presente a margine dell’originale del ricorso depositato e che la notifica dello stesso è avvenuta su istanza del difensore nominato dalla ricorrente, Avvocato Francesca Campanile, circostanza quest’ultima che, come questa Corte ha più volte ribadito, costituisce elemento sufficiente sia a dimostrare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale che l’anteriorità della procura rispetto alla notificazione del ricorso (Cass. n. 5932 del 2010; Cass. n. 636 del 2007; Cass. n. 6579 del 2003); vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. dal consigliere delegato Dott. Bertuzzi Mario, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso, osservando che:

– “con il primo motivo di ricorso, che denunzia” Nullità del procedimento per errore in procedendo, violazione di norme di diritto ed omessa pronuncia sul punto, in relazione agli artt. 167, 183 e 184 c.p.c., nella formulazione della riforma del 1990″, la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere rilevato che le eccezioni con cui le controparti avevano opposto l’avvenuta estinzione del suo credito per effetto del concordato e chiesto al primo giudice la revoca dell’ordinanza ammissiva delle prove dirette a dimostrare i lavori eseguiti e le spese sopportate dall’attrice per la costruzione dell’immobile dovevano considerarsi inammissibili, in quanto proposte, mediante comparsa di costituzione del nuovo procuratore, dopo la scadenza dei termini di cui agli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., con conseguente illegittimità dell’ordinanza di revoca delle prove già ammesse”;

– “il motivo appare infondato tanto con riferimento alla ritenuta illegittimità della revoca dell’ordinanza ammissiva delle prove, quanto alla ritenuta novità dell’eccezione di estinzione del credito; quanto al primo aspetto, perchè l’ordinanza che ammette le prove può essere sempre revocata d’ufficio dal giudice e la revoca può essere richiesta e sollecitata dalle parti, senza che la relativa richiesta integri un’eccezione in senso stretto, come tale soggetta a decadenza o preclusioni processuali; con riferimento al secondo, in quanto, al di là del rilievo che la preclusione discende dalla acquisita definitività, in mancanza di opposizione, del provvedimento del giudice fallimentare che approva lo stato passivo e, in caso di concordato, che omologa quest’ultimo, con conseguente rilevabilità d’ufficio, in relazione ai crediti non ammessi, della relativa causa estintiva, va comunque osservato che l’eccezione in discorso era priva del carattere di novità, tenuto conto che, come riferisce lo stesso ricorso per cassazione (pag. 3), i convenuti, già nella comparsa di costituzione e risposta di primo grado, avevano sostenuto che nessuna somma era da loro dovuta ” ai sensi della L. Fall., art. 135″, disposizione che l’obbligatorietà delle disposizioni in esso adottate, tra cui è dato comprendere anche l’effetto estintivo che il concordato provoca sulla parte dei crediti non ammessi, fatta salva la pendenza di un giudizio di opposizione”;

– “il secondo motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 112 cod. proc. Civ., art. 936 cod. civ. e L. Fall., art. 135, assumendo che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che il credito azionato in giudizio fosse precluso dal suo preventivo esercizio in sede fallimentare, tenuto conto che l’odierna ricorrente aveva chiesto l’ammissione al passivo dei crediti derivanti dal prezzo di compravendita pagato e dalle spese anticipate, mentre dinanzi al Tribunale aveva proposto una domanda diversa, diretta ad ottenere l’indennizzo per ingiustificato arricchimento delle controparti, per avere gli assuntori del concordato acquistato, per accessione, la proprietà dell’immobile da lei costruito sul terreno oggetto del preliminare poi risolto”;

– “il mezzo appare infondato alla luce della considerazione che, come rileva la sentenza di appello, la L. aveva chiesto in sede fallimentare il rimborso delle spese sostenute per l’edificazione dell’immobile, sicchè le somme da lei richieste in quella occasione e quelle domandate nel presente giudizio traggono origine dal medesimo titolo o fatto costitutivo, attenendo la differenza posta dall’art. 936 c.p.c., comma 2, nel caso in cui il proprietario del suolo preferisca trattenere la costruzione fatta dal terzo, tra rimborso delle spese per i materiali e la mano d’opera o il maggior valore del fondo, ad un diverso atteggiasi del contenuto dell’obbligazione, rimesso alla scelta dell’obbligato, non già ad una diversità del titolo vantato dal creditore”; rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti;

che la sola parte ricorrente ha depositato memoria, in cui, con riferimento al primo motivo, ha ribadito la propria doglianza avverso il provvedimento con cui il giudice di merito ha disposto la revoca dell’ordinanza ammissiva delle prove orali e, con riguardo al secondo motivo, ha sostenuto che essendo il diritto di credito azionato in giudizio sorto successivamente alla dichiarazione di fallimento, per effetto dello scioglimento del contratto e l’apprensione dei beni da parte degli assuntori del concordato, esso non incontrava la preclusione prevista dalla L. Fall., art. 135, che opera esclusivamente per i crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento;

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che alla disposizione della L. Fall., art. 135 che disciplina gli effetti del concordato nei confronti dei creditori; che, in particolare, con riferimento alle argomentazioni esposte dalla ricorrente nella memoria, va osservato che la questione relativa al mancato ingresso delle prove orali in ordine alle spese di edificazione effettuate dall’attrice, oltre che infondata in ragione del principio della revocabilità delle ordinanze istruttorie posto dall’art. 177 cod. proc. civ., appare anche assorbita dalla statuizione di merito che ha ritenuto estinto per intervenuta preclusione processuale il diritto azionato in giudizio nei confronti degli assuntori del concordato;

che, in relazione al secondo motivo, merita aggiungere che, come questa Corte ha già precisato, la scelta del curatore di sciogliersi dal contratto, effettuata L. Fall., ex art. 72, non essendo assimilabile al recesso ma avendo l’effetto di far venire meno il vincolo ex tunc, comporta che le restituzioni o rimborsi e, deve ritenersi, ogni altro diritto che consegua per effetto dello scioglimento, è debito concorsuale e non di massa, con la conseguenza il creditore è tenuto, per essere soddisfatto, ad insinuarsi nel passivo ed è soggetto alla regola della par condicio (Cass. n. 17405 del 2009; Cass. n. 14538 del 2000);

che, pertanto, le argomentazioni di diritto esposte dalla sentenza impugnata si sottraggono alle censure sollevate, apparendo corretta l’affermazione della Corte distrettuale che, accertata identità del credito vantato con l’istanza di ammissione al passivo nella procedura fallimentare con quello azionato dalla attrice nel presente giudizio, ha ritenuto che la mancata integrale ammissione dello stesso al passivo, l’assenza di opposizione della creditrice sul punto e la successiva omologazione del concordato costituissero circostanze che precludevano alla parte la possibilità di far valere la pretesa insoddisfatta nei confronti degli assuntori del concordato; che, in conclusione, il ricorso va rigettato;

che, con riferimento alle spese di lite, la soccombenza dei controricorrenti sull’eccezione preliminare e la particolarità della questione di diritto trattata integrano giusti motivi di compensazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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