Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28473 del 19/12/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 28473 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA
SENTENZA
sul ricorso 7556-2008 proposto da:
CABONI MASSIMILIANO CBNMSM74TO8F205J, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA A BAFILE 3, presso lo studio
dell’avvocato DANIELE DONATO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2013
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DI FONZO STEFANO DFNSFN63C11D969V,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA NAZIONALE 243, presso lo
studio
dell’avvocato
MIGLIORELLI
CRISTINA,
rappresentato e difeso dall’avvocato CICERO SALVATORE
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Data pubblicazione: 19/12/2013
giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2905/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 06/11/2007 R.G.N. 3090/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
LANZILLO;
udito l’Avvocato SALVATORE CICERO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso, in subordine per il
rigetto.
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udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA
Svolgimento del processo
In data 29 gennaio 1999 Massimiliano Caboni ha sottoscritto
presso un’agenzia immobiliare proposta di acquisto, predisposta
a stampa, di un immobile di proprietà di Stefano di Fonzo,
versando la somma di £ 3.000.000, qualificata nella scrittura
entro il 10 febbraio successivo.
Ha poi chiesto proroga del termine per la sottoscrizione del
preliminare a data da stabilirsi “entro e non oltre il 28
febbraio 1999”, poiché gli occorreva del tempo per ottenere il
mutuo per il pagamento del prezzo. L’aspirante venditore Di
Fonzo ha accettato il rinvio, precisando però per iscritto che nel caso di mancata stipulazione entro il 28 febbraio
l’accordo del 29 gennaio sarebbe stato considerato risolto per
inadempienza.
Il 26 febbraio l’aspirante acquirente Caboni ha fatto comunicare
al Di Fonzo dall’agente immobiliare che la data per la stipula
del preliminare era fissata al 5 marzo 1999.
Il Di Fonzo non si è presentato, facendo valere la risoluzione
del rapporto per intervenuta scadenza del termine essenziale, ed
ha incamerato la caparra.
Il Caboni ha proposto al Tribunale di Milano domanda di condanna
del Di Fonzo alla restituzione del doppio della caparra, per
essersi il convenuto reso inadempiente all’obbligo di concludere
il contratto preliminare. Quest’ultimo ha resistito, eccependo
il mancato rispetto del termine essenziale.
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come caparra, con impegno a concludere il contratto preliminare
Il Tribunale ha respinto la domanda.
Proposto appello dal Caboni, a cui ha resistito l’appellato, con
sentenza 30 ottobre – 6 novembre 2007 n. 2905
la Corte di
appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado.
Il Caboni propone un motivo di ricorso per cassazione.
Motivi della decisione
1.- La Corte di appello ha ritenuto che – considerata l’intera
vicenda ed il complessivo comportamento delle parti – il termine
del 28 febbraio 1999 per la stipulazione del contratto
preliminare deve essere ritenuto essenziale,
poiché il Caboto
ha egli stesso indicato il 28 febbraio come data entro e non
oltre la quale l’accordo avrebbe dovuto essere definito, e il Di
Fonzo ha espressamente comunicato analoga volontà con la lettera
di risposta, a cui il Caboto nulla ha obiettato.
Ha soggiunto che l’essenzialità del termine è confermata dalle
esigenze di liquidità del venditore, che alla firma del
preliminare avrebbe dovuto riscuotere un ulteriore acconto di £
12.000.000, somma che doveva utilizzare per adempiere ai suoi
obblighi di pagamento di somme dovute alla moglie, a seguito
della causa di separazione personale.
2.-
Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 1457 cod. civ. e vizi di motivazione, per avere la
Corte di appello ritenuto essenziale un termine che è stato in
realtà fissato da una sola parte, cioè dal promesso venditore, e
che egli non ha mai accettato; e senza rilevare che la
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Resiste l’intimato con controricorso, illustrato da memoria.
fissazione del termine essenziale contenuta nelle condizioni
generali di contratto avrebbe dovuto essere accettata
dall’aderente mediante specifica sottoscrizione.
3.- Il motivo è inammissibile sotto più di un aspetto.
3.1.- In primo luogo perché non congruente con le ragioni della
La Corte di appello non ha affermato il principio che il termine
essenziale può essere fissato per decisione di una sola parte,
come si afferma nel motivo di ricorso e nel quesito formulato ai
sensi dell’art. 366bis cod. proc. civ.
Ha
invece
ritenuto che
sulla base
della corretta
interpretazione degli atti e dei comportamenti delle parti – è
da ritenere che esse fossero d’accordo per attribuire al termine
carattere essenziale.
Ha menzionato la lettera del Caboni con la richiesta di proroga
del termine originario, che indicava la nuova data come quella
entro e non oltre
la quale si sarebbe dovuto concludere il
contratto preliminare; la lettera del Di Fonzo che ribadiva
l’essenzialità del nuovo termine, ed il fatto che il Caboni
nulla ha risposto a quest’ultima lettera.
La Corte di appello ha quindi emesso un giudizio non sulla
mancata applicazione delle norme in tema di termine essenziale,
ma sull’interpretazione da attribuirsi agli atti di parte,
interpretazione in base alla quale è pervenuta alla conclusione
che, nel caso in esame, il termine doveva ritenersi essenziale.
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decisione.
Si ricorda che l’interpretazione di un atto negoziale è tipico
accertamento in fatto riservato al giudice di merito e
incensurabile in sede di legittimità, se non nei casi di
violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui
agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inidonea a
“iter”
logico seguito dal
giudice di merito per attribuire agli atti di parte un dato
significato.
Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo,
occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali
d’interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme
asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ma
occorre,
altresì,
precisare in qual modo e con quali
considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato (cfr.,
fra le tante, Cass. civ. Sez. Lav. 22 novembre 2010 n. 23635)
Il ricorrente non ha proposto alcuna censura del genere,
incorrendo nella violazione del principio per cui i motivi del
ricorso per cassazione debbono essere specifici; debbono cioè
articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e gli argomenti
idonei ad evidenziarne la consistenza e la fondatezza, e debbono
correttamente richiamare le norme di
legge violate dalla
sentenza impugnata (cfr., fra le tante, Cass. civ. 12 febbraio
2004 n. 2707;
Cass. civ. 4 marzo 2005 n. 4741;
Cass. civ. 13
marzo 2009 n. 6184).
Nella specie il mero richiamo all’art. 1457 cod. civ. non è in
termini e dà per ammesso ciò che il ricorrente avrebbe dovuto
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consentire la ricostruzione dell’
dimostrare: cioè che gli atti di parte sono stati male
interpretati dalla Corte di merito, nella parte in cui essa ha
ritenuto essenziale il termine.
3.2.- Parimenti, non sono specificamente enunciati distintamente
rispetto alle censure di violazione di legge gli asseriti vizi
motivazione,
che
risultano
affermati
in
termini
sostanzialmente apodittici. Donde ulteriore causa di
inammissibilità del motivo (Cass. civ. Sez. Lav., ord. 11 aprile
2008 n. 9470).
3.3.- Quanto poi all’asserita, mancata applicazione dell’art.
1341 cod. civ., il ricorrente non ha dedotto né dimostrato di
avere sollevato la questione nelle sedi di merito.
Non può quindi imputare alla Corte di appello l’omessa
motivazione sul punto.
4.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate complessivamente in e 1.500,00, di cui
200,00 per spese ed e 1.300,00 per compensi; oltre agli
accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2013
L
sore
Il Presidente
di