Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28470 del 15/12/2020
Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 04/11/2020, dep. 15/12/2020), n.28470
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21737-2018 proposto da:
C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTORINO
LAZZARINI 19, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SGUEGLIA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato UGO SGUEGLIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. R.G. 2174/2013della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositato l’11/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
GRASSO.
Fatto
RITENUTO
che la Corte d’appello di Perugia, con il decreto di cui in epigrafe, rigettò il ricorso con il quale C.C. aveva chiesto condannarsi il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento dell’equo indennizzo per la durata non ragionevole di un processo amministrativo, instaurato davanti al TAR del Lazio, definito con decreto di perenzione del 24/11/2011;
che la Corte locale aveva negato la sussistenza di danno non patrimoniale evidenziando che, lo stesso, escluso potersi qualificare in re ipsa, in concreto non si era verificato, poichè la pretesa della ricorrente (continuare il proprio servizio d’insegnante con comando all’estero fino alla prevista scadenza dell’1/9/1995, che il Ministero degli Esteri aveva anticipato, con la restituzione della predetta al ruolo di provenienza, all’1/9/1994) aveva trovato piena soddisfazione nel provvedimento cautelare, che aveva impedito il concretizzarsi di paterna d’animo, avendo la istante avuto riconosciuto, sia pure in via anticipata il proprio diritto;
che avverso il predetto decreto la C. propone ricorso, illustrato da memoria, e che il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso;
ritenuto che con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3, comma 4 e 5, art. 111 Cost., comma 2, degli artt. 6 e 13CEDU, assumendo che la Corte locale aveva fatta erronea del principio di diritto più volte enunciato da questa Corte, secondo il quale la sospensione in via cautelare dei provvedimenti impugnati, ancorchè anticipi tutti gli effetti della sentenza richiesta al giudice amministrativo, è un atto precario e rivedibile, che non incide sul diritto della parte attrice di ottenere la definizione della controversia entro un termine ragionevole, nè osta alla configurabilità di un pregiudizio morale, pur se di entità ridotta, dato che il provvedimento cautelare non elimina l’incertezza e la connessa sofferenza per l’attesa della definizione della lite, potendo solo diminuirne l’intensità, in relazione all’aspettativa del conformarsi dell’emananda sentenza alle determinazioni di tipo interinale già adottate dal giudice (Cass. n. 10226/2013, Rv. 626300, richiamata da Cass. n. 10574/2016).
Diritto
CONSIDERATO
che, pur dovendosi condividere il riportato principio (peraltro, contrastato da altre decisioni (Cass. n. 19764/011, Cass. n. 17289/013, Cass. 24696/011, Cass. 4433/015), la vicenda al vaglio fa escludere in radice la sussistenza di un effettivo e concreto patimento per l’attesa, invero:
– qui non si è in presenza di una pronuncia cautelare che, lasciando impregiudicato il merito, può limitare il paterna, ma non eliderlo, ma, esattamente al contrario, di una pronuncia cautelare che, avendo consentito alla ricorrente di permanere a insegnare con comando all’estero fino alla data agognata, ha eliminato in radice la dipendenza psicologica di costei dall’esito del giudizio, poi dichiarato perento, che qualunque fosse stato, non avrebbe più potuto negarle il bene della vita preteso, orami acquisito irrevocabilmente;
– di conseguenza deve affermarsi il seguente principio di diritto: “fermo restando che, in generale, la sospensione in via cautelare dei provvedimenti impugnati, ancorchè anticipi tutti gli getti della sentenza richiesta al giudice amministrativo, è un atto precario e rivedibile, che non incide sul diritto della parte attrice di ottenere la definizione della controversia entro un termine ragionevole, nè osta alla configurabilità di un pregiudizio morale, pur se di entità ridotta, non ricorre alcun pregiudizio morale indennizzabile ove l’anticipazione cautelare, non solo anticipi gli effetti della richiesta sentenza, ma li renda concretamente irretrattabili;
considerato che il rigetto del ricorso rende evidente che non v’è luogo a statuizione nel merito ex art. 384, c.p.c. (il secondo motivo si risolve nell’evocazione di una tale pronuncia, previo accoglimento del primo motivo);
considerato che la peculiarità del caso, che ha imposto l’enunciazione d’un ulteriore principio di diritto, ben giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio;
considerato che non sussistono i presupposti di legge sul raddoppio del contributo unificato (Cass. n. 2273/2019) come si desume dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 (conf. Cass. S.U. n. 4315/2020).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020