Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28470 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 05/11/2019), n.28470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11720-2018 proposto da:

A.C.M. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso il Sig.

P.P., rappresentata e difesa dall’avvocato WALTER TAMMETTA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI APRILIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 1, presso lo STUDIO

LEGALE E TRIBUTARIO LTPARTNERS, rappresentato e difeso dall’avvocato

DOMENICO APICE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6675/10/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 17/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Latina, con sentenza n. 161/13 sez. 1, accoglieva il ricorso proposto dalla A.C.M. srl avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) ICI 2009.

Il Comune di Aprilia proponeva appello innanzi alla CTR Lazio che, con sentenza 6675/2017, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la ACM srl sulla base di due motivi. La ricorrente ha altresì presentato memoria.

Ha resistito con controricorso il Comune di Aprilia.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la società contribuente contesta la ritenuta intervenuta rinuncia al motivo di impugnazione dell’Ufficio, con cui si era dedotta la nullità del processo di primo grado per violazione del contraddittorio, per mancanza di motivazione.

Con il secondo motivo contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto possibile che il motivo relativo alla nullità del processo di primo grado, da considerarsi assoluta, potesse essere rinunciato dal Comune di Aprilia.

Preliminarmente si osserva che la ricorrente aveva presentato istanza di sospensione per ottenere la definizione agevolata della controversia. Ottenuto un rinvio a tal fine la ricorrente ha comunicato l’impossibilità di addivenire alla predetta definizione, non avendo il comune di Aprilia deliberato di avvalersi della procedura di cui al D.L. n. 119 del 2018.

A seguito di ciò, la ricorrente ha presentato in cancelleria, in data 10.2.19, avvenuta denuncia di variazione della rendita catastale dell’immobile per cui è causa in ragione di errori di inserimento dei dati relativi all’originario classamento e, di conseguenza, ha chiesto di riconoscere efficacia ex tunc alla nuova rendita.

L’istanza è inammissibile sotto diversi profili.

La stessa introduce in primo luogo una domanda nuova nel corso del giudizio di cassazione fondata, su un fatto mai dedotto in precedenza, implicante un diverso tema di indagine e di decisione che oltretutto coinvolge questioni di merito (errore del classamento originario).(vedi Cass. 1159/12). In secondo luogo sulla denuncia di variazione occorre a previa emanazione del relativo provvedimento da parte dell’Agenzia. In terzo luogo la domanda è basata su una nuova produzione documentale non consentita in questa sede di legittimità. In quarto luogo la questione proposta investe necessariamente la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate che non è parte del presente giudizio.

Venendo all’esame del ricorso, il primo motivo è manifestamente infondato.

La CTR ha, infatti, fornito una sia pure sommaria motivazione costituita dal fatto che il Comune si era difeso essenzialmente nel merito e da tale circostanza ha dedotto una rinuncia tacita al motivo di appello circa la nullità della sentenza di primo grado per omessa comunicazione.

Il secondo motivo è inammissibile perchè anche un suo eventuale accoglimento sarebbe privo di rilevanza nel caso di specie.

A prescindere, infatti, dalla circostanza se la mancata comunicazione della fissazione di udienza costituisca una nullità assoluta o meno, questa Corte ha in diverse occasioni già avuto occasione di rilevare che nel contenzioso tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato del medesimo decreto, art. 61, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicchè l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata.(Cass. 13654/11 sez. unCass. 1786/16; Cass. 28843/17).

Questa Corte ha però avuto al contempo occasione di affermare che sussiste la regola ormai consolidata che i casi di nullità, previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, che comportano la rimessione del processo al primo giudice sono tassativi (Cass. n. 17127 del 2007) e che tra essi non rientra l’ipotesi dell’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione. Sul punto si è anche precisato, sia pure con riferimento alla norma omologa dell’art. 354 c.p.c. dettata per il processo civile, che tale interpretazione non è in contrasto nè con il principio del doppio grado di giurisdizione, che, com’è noto, non è coperto da garanzia costituzionale, nè con il diritto di difesa, che appare ampiamente salvaguardato dalla previsione del potere dovere del giudice di appello di decidere la causa nel merito (Cass. n. 8993 del 2003).

Tale principio è stato recentemente affermato anche in relazione al giudizio di legittimità laddove questa Corte (vedi Cass. 27837/18) ha affermato che la trattazione dell’appello in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte, costituisce una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successiva, ma non determina la retrocessione del processo alla commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio (Cass. n. 21985/2011; Cass. n. 27496/2014; Cass. n. 1786/2016; Cass. n. 19579/2018).

Del tutto correttamente, quindi, la Corte d’appello ha proceduto alla decisione nel merito della causa posto che avrebbe dovuto fare lo stesso anche se avesse dichiarato la nullità della sentenza di primo grado.

Il ricorso va dunque respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.500.00 oltre accessori e doppio contributo.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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