Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2847 del 06/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 2847 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 7279-2014 proposto da:

GRISORIO MICHELA, domiciliata in ROMA PIAllA CAVOUR
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI
CARPAGNANO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F.
2017
4648

legale

97103880585, in persona del

rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso
lo studio dell’avvocato MARCO MARAZZA, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/02/2018

avverso

la

sentenza n.

10312/2013 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/01/2014 R.G.N.
6031/2014;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

RILEVATO
che con sentenza del 13 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Roma
confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava la
domanda proposta da Michela Grisorio nei confronti di Poste
Italiane S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di nullità dei
contratti a termine conclusi tra le parti relativamente ai periodi

d.lgs. n. 368/2001 come modificato dall’art. 1, comma 558, della
legge n. 266/2005, per lo svolgimento di ‘mansioni di addetta allo
sportello, categoria D, presso gli U.P. di Camposampiero prima e
di Conselve poi;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa
ritenuto il carattere acausale della disposizione, la conformità della
stessa alla normativa comunitaria, l’applicabilità alla fattispecie del
disposto dell’art. 5, comma 4 bis, I. n. 247/2007 e l’osservanza
della clausola di contingentamento;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Grisorio, affidando
l’impugnazione a nove motivi, cui resiste, con controricorso la
Società, che ha poi depositato memoria;
– CONSIDERATO
che, con i primi due motivi, la ricorrente, nel denunciare la
violazione e falsa applicazione degli artt. 132, 156, 244 437 c.p.c.
e 2697 c.c. e la conseguente nullità della sentenza e del
procedimento, in una con il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio, imputa alla Corte territoriale l’omessa
pronunzia in ordine alla sollevata eccezione relativa al difetto di
prova dell’invio alle organizzazioni sindacali provinciali di categoria
della comunicazione dell’avvenuta assunzione, da ritenersi
elemento costitutivo della fattispecie;
che, con i motivi dal terzo al settimo, la ricorrente rivolge le
proprie censure alla statuizione resa dalla Corte territoriale in
ordine alla ritenuta osservanza della clausola di contingentamento,

10.4/31.7.2007, 10.9/29.9.2007, ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis,

rilevando, da un lato, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2,
comma 1 bis, d.lgs. n. 368/2001 per aver ritenuto il limite
percentuale delle assunzioni a termine riferito all’intero organico
aziendale e non solo al personale addetto al recapito (terzo
motivo), dall’altro, la nullità della sentenza e del procedimento per
aver pronunziato in ordine all’assolvimento da parte della Società

contingentamento sulla base di documentazione inidonea a
fondare un tale giudizio (quarto e sesto motivo), non recando essa
alcuna precisazione in ordine alla conformità dei criteri di computo
della percentuale alle indicazioni di legge (quinto motivo) ed a
prescindere dai rilievi a riguardo sollevati dall’odierna ricorrente,
relativamente anche alla difformità dei dati riportati nel prospetto
prodotto rispetto a quelli evidenziati nel bilancio 2007 depositato
successivamente in ottemperanza all’ordinanza istruttoria del
giudice di prime cure (settimo motivo) erroneamente ritenuti
tardivamente formulati;
che, infine, l’ottavo ed il nono motivo prospettano a fondamento
della denunciata nullità della sentenza l’aver la Corte territoriale
pronunciato in ordine alla legittimità della successione delle
assunzioni a termine della ricorrente motivando sulla conformità di
tale condotta alla disciplina comunitaria limitativa del fenomeno
con il richiamarsi alle norme destinate ad attuare tale disciplina
vincolistica nel nostro ordinamento nella specie inapplicabili in
quanto all’epoca non entrate in vigore;
che rilievo assorbente assume la censura relativa al mancato
assolvimento dell’onere della prova del rispetto della clausola di
contingentamento incombente alla Società, censura da ritenersi
fondata in considerazione della discrasia tra i dati risultanti dal
prospetto prodotto dalla Società e quelli recati dal bilancio dalla
stessa depositato su ordine del giudice di prime cure, di per sé
significativa dell’inidoneità probatoria dei dati prodotti dalla

dell’onere della prova del rispetto della clausola di

Società non supportati da scritture contabili, privi quindi di valore
oggettivo ed insuscettibili di riscontro, secondo quanto deve
desumersi dal principio per cui nessuno può costituire prova a
proprio vantaggio (eccezione fatta per l’ipotesi – che però qui non
ricorre – di cui all’art. 2710 c.c.).
che il ricorso va dunque accolto nei sensi di cui in motivazione,

pubblico ministero nella requisitoria inviata, con conseguente
cassazione ‘della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello
di Roma, in diversa composizione, che provvederà in conformità,
disponendo altresì per l’attribuzione delle spese del presente
giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’Appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 22 novembre
2017

esito in relazione al quale risultano difformi le conclusioni rese dal

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