Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28465 del 19/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 28465 Anno 2013
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 7060-2008 proposto da:
CENTRO GINNASTICO S.A.S. 03621210016, in persona del
socio accomandatario FABRIZIO MARCHETTI, elettivamente
domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato MENGHINI MARIO unitamente all’avvocato
2013

BRUYERE GABRIELE giusta delega in atti;
– ricorrente –

2106

contro

TENNIS COLLEGE S.R.L. 05126190015 ;
– intimata –

1

Data pubblicazione: 19/12/2013

sul ricorso 9197-2008 proposto da:
TENNIS COLLEGE S.R.L. 05126190015, in persona del
legale rappresentante p.t., sig. ALFREDO LA PENNA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 43,
presso lo studio dell’avvocato ROMANO GIOVANNI, che la

MASSIMO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

CENTRO GINNASTICO S.A.S. 03621210016;
– intimata –

avverso la sentenza n. 220/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 23/07/2007 R.G.N. 8/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

14/11/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato CINZIA DE MICHELI per delega;
udito l’Avvocato GIOVANNI ROMANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale.

2

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SPINA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 23 luglio

2007, la Corte d’Appello di Torino ha rigettato gli appelli
vicendevolmente proposti dal Centro Ginnastico s.a.s. e dal
Tennis College s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di

del grado.
1.1.-

Il Tribunale aveva dichiarato cessata la materia del

contendere su un primo ricorso proposto in data 24 luglio 1998
dal Centro Ginnastico s.a.s., conduttrice, nei confronti di
Tennis College s.r.1., locatrice, relativamente al contratto
di locazione stipulato il 28 marzo 1995 avente ad oggetto un
appezzamento di terreno e fabbricati e strutture esterne
destinati ad attività sportiva, col quale la società
conduttrice aveva richiesto ed ottenuto in corso di giudizio
la riduzione del canone (a causa del fatto che, dopo
l’esecuzione di lavori di pubblico interesse sull’intero
immobile gravato da servitù pubblica -durante la quale il
rapporto locativo era stato sospeso-, la società locatrice
aveva ripristinato i soli campi da tennis e quello di
calcetto, senza provvedere -secondo la conduttrice- al
ripristino dei palloni pressurizzati e degli scarichi di acque
piovane,

né della centrale termica e dell’impianto di

riscaldamento del campo di squash, nonché dei viali esterni),

mantenendo il canone ridotto fino al rilascio dell’immobile,

..

3

Torino del 2 dicembre 2004, compensando tra le parti le spese

avvenuto nel corso del 2001 (come fatto presente da entrambe
le parti all’udienza del 3 aprile 2002).
1.2.-

Il Centro Ginnastico s.a.s. aveva peraltro proposto un

secondo ricorso, depositato in data 2 gennaio 2002, col quale
aveva dedotto, che, pur avendo ottenuto, sin dall’agosto

l’inagibilità delle strutture non consentiva di usare i campi
da tennis e da calcetto durante i mesi invernali, determinando
un’ulteriore perdita di soci e di pubblico. Aveva perciò
chiesto l’accertamento della risoluzione del contratto per
l’inottemperanza della locatrice alla diffida ad adempiere
inviata il l ° giugno 2000 e, comunque, per grave inadempimento
degli obblighi di manutenzione, nonché il risarcimento dei
danni corrispondenti, per il periodo 1998-2000, ad una
riduzione del reddito del 60% pari a lire 120.000.000, nonché
a lucro cessante per lire 700.000.000, per un totale di lire
820.000.000. Con lo stesso ricorso, la conduttrice aveva
chiesto la restituzione del valore dei mobili ed attrezzature
della cucina, detenute dalla locatrice, per un importo di lire
18.000.000 e la condanna della locatrice al pagamento della
somma di lire 288.000.000, pari a 48 mensilità del canone
pattuito, per non avere adibito l’immobile alla destinazione
dichiarata in occasione del diniego di rinnovo alla prima
scadenza.
Si era costituita la locatrice ed aveva contestato tutte le
domande,

proponendo in via riconvenzionale domanda di

4

1999, la riduzione del canone, aveva subito dei danni perché

risoluzione per inadempimento della conduttrice, e chiedendo
ed ottenendo la riunione di tale secondo giudizio all’altro,
già pendente tra le stesse parti, iniziato con ricorso del
1998.
Il Tribunale aveva respinto la domanda di risoluzione avanzata

grave inadempimento contrattuale della locatrice, nonché la
domanda risarcitoria avanzata dalla stessa conduttrice,
ritenendo altresì la mancanza di prova sul
accolto parzialmente,

quantum;

aveva

nei limiti dell’importo di lire

1.000.000, la domanda di restituzione del valore degli arredi
trattenuti dalla locatrice; aveva infine negato il diritto
della conduttrice all’indennità ex art. 31 della legge n. 392
del 1978, reputando che non fosse stata fornita la prova del
danno subito, che, secondo il Tribunale, gravava sulla
conduttrice medesima, trattandosi di domanda risarcitoria.
Il

Tribunale

aveva

inoltre

rigettato

la

domanda

riconvenzionale della locatrice, reputando che non fosse
configurabile alcun inadempimento della conduttrice per
1 , 0muca manutenzione

ordinaria degli scarichi e dei palloni

pruriti.
Aveva perciò compensato le spese del primo grado.
1.3.-

La Corte d’Appello ha, come detto, confermato le

statuizioni del primo grado, quanto al rigetto della domanda
di risarcimento danni avanzata dalla conduttrice Centro
Ginnastico s.a.s. (che in appello aveva limitato la propria

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dalla conduttrice, ritenendo che non vi fosse la prova del

pretesa alla domanda risarcitoria, non avendo interesse a
riproporre la domanda di riduzione del canone ed avendo
preliminarmente dichiarato di non voler insistere nella
domanda di risoluzione del contratto), nonché quanto al
rigetto della domanda di liquidazione dell’indennità ex art.

della maggior somma di lire 18.000.000 (rispetto a quella
forfettariamente determinata in lire 1.000.000 dal primo
giudice) per i mobili trattenuti dalla locatrice.
La Corte d’Appello ha altresì confermato la sentenza di primo
grado quanto al rigetto della domanda di risoluzione avanzata
in via riconvenzionale dalla conduttrice, e riproposta in
secondo grado da Tennis College s.r.l. con appello
incidentale.
2.- Avverso la sentenza d’appello il Centro Ginnastico s.a.s.

propone ricorso affidato a tre motivi.
La s.r.l. Tennis College si difende con controricorso e
propone ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente,

i ricorsi, proposti avverso la stessa

sentenza, vanno riuniti.
l.-

Col primo motivo del ricorso principale è dedotta

violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge n.
392 del 1978 e degli artt. 1176, 1218, 1226, 2056, 2727, 2729
cod. civ. e 116 cod. proc. civ., nonché omessa,

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31 della legge n. 392 del 1978 e della domanda di restituzione

contraddittoria ed insufficiente motivazione, in relazione
all’art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ., onde censurare il
rigetto della domanda volta ad ottenere la condanna della
locatrice al pagamento della somma prevista dall’art. 31 della
legge n. 392 del 1978 per avere adibito l’immobile locato ad

diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza.
La Corte d’Appello ha respinto il corrispondente motivo di
gravame ed ha perciò confermato il rigetto della domanda da
parte del Tribunale, sulla base del principio, secondo cui
«si tratta

di

una domanda risarcitoria, per la quale è

necessario fornire in concreto la prova del danno subito, del
quale il numero di 48 mensilità rappresenta il limite massimo
risarcibile, prova in specie non offerta, come già affermato
sul punto dal primo giudice>>

(pagg. 22-23 della sentenza)

1.1.- Osserva la ricorrente che non è contestato né è mai
stato in discussione che l’immobile già locato al Centro
Ginnastico s.a.s., dopo il rilascio da parte della
conduttrice, non venne adibito dalla locatrice Tennis College
s.r.l. alla necessità per la quale la stessa aveva esercitato
il diniego di rinnovazione del contratto alla scadenza
contrattuale del 31 marzo 2001, vale a dire all’esercizio in
proprio dell’attività sportiva e ricreativa già svolta dalla
conduttrice.
Essendo, a detta della ricorrente, pacifiche la concreta
ricorrenza, nel caso in esame, dell’ipotesi di fatto cui la

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una destinazione diversa da quella dichiarata in occasione del

legge ricollega le sanzioni previste dall’art. 31 e la
mancanza di prova circa l’esistenza di giusti motivi di detto
inadempimento da parte della locatrice, avrebbe errato la
Corte d’Appello nell’applicare il principio di cui sopra,
piuttosto che quello affermato dalla Corte di Cassazione con

normativa ha finalità anche sanzionatoria ed il
contemperamento tra questa e la finalità risarcitoria può
ritenersi realizzato «mediante la presunzione di sussistenza
del danno comunque connesso all’anticipata restituzione
dell’immobile» da liquidarsi equitativamente, salva la prova,
da parte del locatore, dell’assenza di conseguenze
pregiudizievoli per il conduttore.
1.2.

Il motivo è, in primo luogo, ammissibile poiché il

quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod.
proc. civ. non è affatto plurimo né meramente assertivo, come
eccepito dalla resistente, in quanto pone una sola questione e
la pone in evidente e diretta correlazione con il motivo
fondato sulla violazione dell’art. 31 della legge n. 392 del
1978, così come interpretato dal citato precedente di
legittimità.
Irrilevante è, inoltre, il richiamo che la resistente fa al
c.d. quesito di fatto, che la seconda parte dell’art. 366 bis
cod. proc. civ. richiede per la corretta denuncia del vizio di
motivazione, poiché il motivo è da ritenersi fondato con
riguardo al vizio denunciato ai sensi del n. 3 dell’art. 360

8

la sentenza n. 20926 del 2004, secondo cui la previsione

cod. proc. civ. per violazione del detto art. 31 della legge
n. 392 del 1978.
In proposito, il Collegio intende ribadire il principio
espresso dal precedente di legittimità richiamato in ricorso
in ragione del quale << In tema di locazione di immobili l'obbligo in capo al locatore, che abbia ricevuto la riconsegna dell'immobile e non lo abbia adibito,entro sei mesi, all'uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, di risarcire il danno al conduttore ha una duplice natura, risarcitoria e sanzionatoria, che si riverbera sul criteri di quantificazione del danno: il contemperamento tra il fine sanzionatorio ( evocato dalla rubrica della disposizione in esame, intitolata "Sanzioni") e quello propriamente risarcitorio può ritenersi realizzato mediante la presunzione di sussistenza del danno comunque connesso all'anticipata restituzione dell'immobile, che il giudice è chiamato a liquidare equitativamente sulla base delle caratteristiche del caso concreto in difetto di prova della sua precisa entità da parte del conduttore e salva la possibilità per il locatore di superare la presunzione suddetta provando l'assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore» (così Cass. n. 20926/04, seguita da Cass. n. 1700/09). Questo principio è difforme da quello seguito dal giudice di merito (che era stato espresso da Cass. n. 15037/00 - secondo 9 urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, cui «l'art. 31 della legge n. 392 del 1978, nell'imporre al locatore, che entro sei mesi dalla riconsegna non adibisca l'immobile all'uso in vista del quale ne ha ottenuto la disponibilità, l'obbligo di risarcimento del danno nei confronti del conduttore, non deroga al principio per cui provato. Il riferimento alle 48 mensilità indica, infatti, il limite legalmente stabilito del risarcimento, che opera quando il conduttore pretenda un risarcimento maggiore>>-

da

reputarsi oramai superato).
Consegue all’applicazione del principio di cui sopra un
diverso modo di atteggiarsi dell’onere della prova in
giudizio, operando una presunzione iuris tantum dell’esistenza
di danni risarcibili in favore del conduttore e ricadendo sul
locatore l’onere della prova contraria, volta a vincere
siffatta presunzione.
1.3.-

Poiché la Corte d’Appello di Torino ha valutato le

risultanze istruttorie al fine di verificare se dalle stesse
emergesse la prova rigorosa e certa dell’esistenza di danni
conseguiti alla società conduttrice dall’anticipato rilascio
dell’immobile locato, la conclusione negativa raggiunta non è
sufficiente -contrariamente a guanto sostenuto dalla
resistente nel proprio controricorso- a fondare, di per sé
sola, ed in mancanza di appositi ulteriori accertamenti di
fatto, la ben diversa conclusione della positiva dimostrazione
dell’inesistenza di danni risarcibili ai sensi del menzionato

10

dev’essere risarcito il danno effettivamente arrecato e

-

art. 31. E’ necessario accertare, in punto di fatto, se
risulti provata o meno l’inesistenza di conseguenze
pregiudizievoli per la conduttrice per avere dovuto lasciare
in anticipo i locali nei quali esercitava la propria attività
d’impresa, quindi di conseguenze connesse all’impossibilità di

queste conseguenze diverse da quelle sulle quali si è invece
intrattenuta la sentenza impugnata (specificamente alla pag.
18 riportata nel controricorso), riguardanti i differenti
pregiudizi patrimoniali lamentati dalla conduttrice per i
pretesi inadempimenti della locatrice, relativi
all’obbligazione di manutenzione dei locali sulla medesima
gravante nella vigenza del contratto di locazione.
La sentenza va perciò cassata in accoglimento del primo
motivo, con rinvio al giudice di merito perché compia il
predetto accertamento fattuale.
2.-

Col secondo motivo di ricorso si deduce

«violazione,

falsa ed erronea applicazione degli artt. 1575, 1576, 1578,
1581, 2710, 2711 cod. civ. e degli artt. 112, 115, 116, 167 e
416, ult. co ., cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3
e 5 cod. proc. civ.>>.

Il Collegio ritiene che già siffatta prospettazione presenti
un profilo di inammissibilità del ricorso, poiché il vizio di
motivazione vi appare denunciato, mediante il mero richiamo

del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., senza che vi sia
riferimento a fatti controversi e decisivi per il giudizio sui

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esercitare nel futuro tale attività in detti locali, essendo

quali la motivazione si assuma viziata, contenendo invece la
rubrica soltanto il riferimento a norme di legge, riguardo
alle quali è del tutto improprio il richiamo dell’art. 360 n.
5 cod. proc. civ..
L’imprecisa formulazione della rubrica trova riscontro

formulazione dei quesiti di diritto poiché l’esposizione delle
ragioni poste a fondamento del motivo di ricorso non consente
di distinguere le denunce mosse ai sensi del n. 3 dell’art.
360 cod. proc. civ. e quelle mosse ai sensi del n. 5 dello
stesso articolo.
Infatti, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella
parte in cui ha ritenuto insussistente l’inadempimento della
locatrice per il mancato asserito ripristino dei palloni
pressurizzati e degli scarichi di acque piovane, nonché della
centrale termica e dell’impianto di riscaldamento del campo di
squash, oltre che di parte dei vialetti esterni, ed ha altresì
ritenuto non provato il danno per l’asserita diminuzione
reddituale, per il periodo successivo al luglio 1997 (e fino
al rilascio, avvenuto nel 2001), lamentata dalla conduttrice
per il detto mancato ripristino dell’immobile e delle
strutture locati, così come ha ritenuto non provato il danno
futuro, sotto il profilo del lucro cessante: le censure mosse
al riguardo sono molteplici ed esposte in modo tale da non

consentire di comprendere a quali delle norme di cui è

nell’illustrazione del motivo, nonché, come si dirà, nella

denunciata la violazione siano riferite, in palese violazione
dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.
Inoltre, la gran parte delle doglianze è relativa all’asserito
non corretto apprezzamento da parte del giudice di merito
delle risultanze processuali, sì che appare dover essere

senza che emerga con chiarezza quale sia il fatto o quali
siano i fatti controversi in relazione a cui la motivazione si
assume omessa o contraddittoria né la relativa decisività al
fine di dimostrarne la non idoneità a sorreggere le
conclusioni raggiunte.
2.1.- I profili di inammissibilità rilevati con riguardo alla

rubrica ed all’illustrazione del motivo in esame trovano
riscontro nella inammissibile modalità di formulazione dei
quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.
Infatti, il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei
motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dall’art.
6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato
dall’art. 47, comma l, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n.
69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione
della sentenza impugnata
Il secondo motivo,

(23 luglio 2007).

come detto,

denuncia ed illustra

congiuntamente vizi diversi: sebbene sia ammissibile il
ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico

articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e
di motivazione in fatto, è tuttavia necessario che lo stesso

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ricondotta al disposto del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. cív.,

si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali
contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale
fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di
motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del
fatto (cfr. Cass. S.U. n. 7770/09).

conclude con un unico plurimo quesito di diritto, senza che si
evinca dal tenore dello stesso a quale dei vizi denunciati sia
riferita ciascuna delle censure cui corrispondono le singole
parti del quesito.
I quesiti, che la stessa parte ricorrente definisce «quesiti
di diritto», così apparentemente riferendosi ai denunciati
vizi di violazione di legge, sono i seguenti:
«Ai sensi dell’art. 1578 cod. cív. l’azione di risarcimento
del danno è esperibile anche a seguito o in concomitanza con
le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del
canone e non è un’azione alternativa; 11 riconoscimento in
comparsa di costituzione da parte del locatore che un bene o
un accessorio è oggetto di locazione costituisce confessione
che esime il giudice da ulteriori accertamenti in merito;
inoltre la generica contestazione circa i fatti affermati
dall’attore a fondamento della domanda previsto dall’art. 167
c.p.c. e dall’art. 416 ultimo comma c.p.c., applicabile alle
vertenze in materia di locazione, costituisce un comportamento
rilevante che ha effetti vincolanti per il giudice ai fini
della determinazione dell’oggetto del giudizio, e stante la

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Così non è nel caso di specie, in cui il motivo in esame si

non contestazione del fatto 11 giudice deve astenersi da
qualsiasi controllo probatorio del fatto non contestato e deve
ritenerlo sufficiente per l’atteggiamento difensivo delle
parti; il giudice poi deve procedere alla liquidazione
equitativa del danno nell’ipotesi in cui sia mancata in tutto

svolta una attività processuale volta a fornire elementi al
riguardo di una precisa quantificazione -anche in mancanza di
contestazione della controparte- egli non li abbia
riconosciuti di sicura efficacia e non può respingere la
domanda assumendo di non considerare la esperita C.T.U. ma
senza darne alcuna e/o adeguata motivazione; infine, le
scritture contabili di una società fanno fede e costituiscono
prova in ordine alla situazione patrimoniale ed economica
dell’impresa sia nei confronti della società cui fanno capo,
sia nei confronti dei terzi: essi_ non sono semplici atti di
parte unilaterali del tutto ipotetici e sono sufficienti a
fornire prova dell’andamento economico dell’azienda e delle
eventuali perdite particolarmente in assenza di ogni
contestazione in merito dalla controparte>>.
Orbene, anche a voler superare il profilo di inammissibilità
riscontrabile nel fatto che si ha un quesito plurimo, che, per
come formulato, non consente di individuare la corrispondenza
tra singolo quesito (o parte di quesito) e censura relativa
alla violazione di una o più specifiche norme di legge (cfr.,
per tale ipotesi di inadeguatezza del quesito di diritto,

15

o in parte la prova del loro preciso ammontare o pur essendosi

Cass. n. 1906/08, tra le altre), le singole parti di cui si
compone sono -considerate sia in sé che nel loro insiemeespresse in termini generici e senza alcun concreto
riferimento al caso di specie. Inoltre, manca la
corrispondenza -ritenuta necessaria da diversi precedenti di

si ribadiscono- tra la

ratio decidendi

della sentenza

impugnata e le ragioni di critica sollevate dalla ricorrente.
Il Collegio non può non rilevare, oltre alla genericità dei
quesiti, cioè all’impossibilità dì riferirli al caso concreto,
prescindendo dalla lettura dell’illustrazione del motivo (già,
in sé, ragione di violazione dell’art. 366 bis cod. proc.
civ.: cfr. Cass. S.U. n. 36/07, n. 6420/08, Cass. n. 19892/07,
nonché, da ultimo, Cass. n. 3530/12), il carattere apodittico
e meramente assertivo delle relative affermazioni, che non
consente a questa Corte l’individuazione dell’errore di
diritto denunciato dalla ricorrente con riferimento alla
fattispecie concreta né l’enunciazione di una

regula iuris

applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da
decidere, poiché di questo e delle questioni che pone non è
fornita valida sintesi logico-giuridica (cfr., per la funzione
riservata ai quesiti di diritto, tra le altre Cass. S.U. n.
26020/08 e n. 28536/08).
2.2.- Quanto alla denuncia del vizio di motivazione, il motivo

.

manca del tutto del c.d. momento di sintesi richiesto dalla
norma dell’art. 366 bis,

seconda parte, cod. proc. civ., così

16

questa Corte (tra cui Cass. n. 24339/08, n. 4044/09), che qui

come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, che
qui si ribadisce (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in
tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione
avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore
del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa,

l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel
caso previsto dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso
in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere,
un momento di sintesi -omologo del quesito di diritto- che ne
circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità; nello stesso senso, tra
le altre, Cass. n. 24255/11). In particolare, anche le parti
del quesito sopra riportato in ipotesi riferibili al vizio di
motivazione, non contengono cenno alcuno al tenore della
motivazione della sentenza impugnata ed alle ragioni della
ritenuta insufficienza o contraddittorietà.
In conclusione, il secondo motivo del ricorso principale è
inammissibile.

17

insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché secondo

2.3.- Consegue alla dichiarazione di inammissibilità di questo

motivo l’assorbimento dell’unico motivo del ricorso
incidentale, proposto da s.r.l. Tennis College, volto a
sostenere l’inammissibilità della domanda di risarcimento
danni per inadempimento contrattuale formulata in appello

rinunciato, in secondo grado, alla domanda di risoluzione del
contratto.
3.-

Col terzo motivo del ricorso principale si deduce

«violazione e falsa applicazione dell’art. 2607 cod. civ. e
degli artt. 112, 115, 116, 167 e 416, ult. co ., cod. proc.
civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ.>>.

E’ reso palese dalla formulazione della rubrica il medesimo
profilo di inammissibilità già ritenuto con riguardo al
secondo motivo di ricorso.
Inoltre il quesito di diritto, per come formulato, dà luogo,
per più aspetti, alla violazione dell’art. 366 bis cod. proc.
civ, per ragioni del tutto sovrapponibili a quelle poste a
fondamento della ritenuta inammissibilità del secondo motivo.
Ed invero col terzo motivo la ricorrente censura la sentenza ‘)
impugnata nella parte in cui ha ritenuto non rimborsabile
l’intera somma di lire 18.000.000, pretesa dalla conduttrice
per i mobili e gli arredi della cucina, per mancanza di prova
circa l’individuazione dei beni lasciati nell’immobile locato
e del relativo valore.
Il motivo si conclude col seguente plurimo quesito:

18

dalla conduttrice Centro Ginnastico s.a.s. per avere questa

«il giudice non solo sullo specifico riconoscimento, ma sulla
mancata contestazione della controparte, con effetti per lui
vincolanti, deve astenersi da qualsiasi controllo probatorio
del fatto non contestato e specificatamente ammesso anche in
punto

quantum

dalla controparte, e conseguentemente deve

lo deve fare in relazione alle risultanze istruttorie
derivanti da capitoli di prova specificatamente ammessi che
non possono essere ignorati dal giudice senza incorrere in un
vizio di motivazione che legittima la cassazione della
sentenza».
Non possono che richiamarsi le considerazioni già svolte a
proposito del secondo motivo sulla non ríconducibilità di un
quesito così formulato né alla prima né alla seconda parte
dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per l’inadeguatezza dello
stesso sia a consentire a questa Corte l’enunciazione di una
regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a
quello da decidere, sia a circoscrivere puntualmente i limiti
del motivo, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità.
Anche il terzo motivo del ricorso principale va dichiarato
inammissibile.
4.-

In conclusione, va accolto soltanto il primo motivo del

ricorso principale; la sentenza impugnata va

cassata

limitatamente al rigetto del motivo di appello concernente la

19

ritenere il fatto provato anche in punto quantum; maggiormente

domanda volta ad accertare e dichiarare che la locatrice
Tennis College s.r.l. non aveva adibito l’immobile alla
destinazione dichiarata con il diniego di rinnovo alla prima
scadenza e ad ottenerne la condanna al pagamento della
sanzione ai sensi dell’art. 31 della legge n. 392 del 1978.

in diversa composizione, che pronuncerà su tale ultima
domanda, attenendosi al principio di diritto di cui sopra.
4.1.

Avuto riguardo all’accoglimento di uno soltanto dei tre

motivi proposti col ricorso principale, si ritiene di
giustizia compensare tra le parti le spese del giudizio di
cassazione, rimettendo al giudice di rinvio soltanto la
liquidazione delle spese di tale ulteriore grado di giudizio.
Per questi motivi

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibili il secondo
ed il terzo motivo del ricorso principale ed assorbito il
ricorso incidentale; accoglie il primo motivo del ricorso
principale, cassa la sentenza impugnata nei limiti di questo
accoglimento e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in
diversa composizione. Compensa interamente tra le parti le
spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013.

Il giudizio va perciò rinviato alla Corte d’Appello di Torino

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