Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28463 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 15/12/2020), n.28463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23429-2019 proposto da:

S.P.A., S.G., nella qualità di eredi di

SA.GA., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

PASQUALE RIPABELLI;

– ricorrenti –

contro

D.C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

MELORIA 52, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BEVIVINO,

rappresentato e difeso dagli avvocati FERDINANDO MASSARELLA, ARTURO

MESSERE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 24/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Il giudizio trae origine dalla domanda, proposta innanzi al Tribunale di Campobasso, da Sa.Ga. nei confronti di D.C.N. con cui chiese accertarsi la comproprietà nella misura del 50% di alcuni terreni e la condanna al rilascio da parte del convenuto, che li possedeva sine titulo.

1.1. D.C.N. si costituì per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale chiese accertarsi l’acquisto della proprietà per usucapione.

1.2. Il Tribunale, disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i comproprietari, rigettò la domanda dell’attore ed accolse la domanda del convenuto, che dichiarò proprietario esclusivo dei terreni.

1.3. La Corte d’appello di Campobasso dichiarò inammissibile il gravame proposto da S.P. Angioina e S.G., in qualità di eredi di Sa.Ga. per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso S.P. Angioina e S.G. sulla base di un unico motivo.

2.1.Ha resistito con controricorso D.C.N..

2.2.Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso.

2.2. In prossimità dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità delle memorie ex art. 380 bis c.p.c. perchè tardivamente depositate in data 19.10.2020 oltre il termine di cinque giorni prima dell’adunanza camerale del 22.10.2020.

2.Con l’unico motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 331 c.p.c. per non avere la Corte d’appello concesso ulteriore termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di S.A. anche se il ricorrente, appena appresa la notizia del decesso attraverso la notifica effettuata da parte dell’ufficiale giudiziario, si sarebbe adoperato per identificare gli eredi così come si sarebbe prontamente attivato per notificare l’atto di appello a S.D., residente all’estero.

2.1.Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

2.1. Ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nelle cause inscindibili o tra loro dipendenti, la tempestiva notificazione dell’impugnazione nei confronti almeno di uno dei i litisconsorti ha efficacia conservativa e rende ammissibile l’impugnazione stessa anche nei confronti delle altre parti cui le notificazioni siano state tardivamente eseguite, dovendosi disporre, da parte del giudice, l’integrazione del contraddittorio con l’assegnazione di un termine perentorio per provvedervi, ai sensi dell’art. 331 c.p.c..

2.2. Il termine per la notificazione dell’ordine di integrazione del contraddittorio, a norma dell’art. 331 c.p.c., è perentorio e non può essere prorogato, nè rinnovato, neppure sull’accordo delle parti e, qualora non osservato, determina, per ragioni di ordine pubblico processuale, l’inammissibilità della impugnazione (Cassazione civile, sez. 3″, 20/01/2016, n. 891; Cassazione civile, sez. I, 26/11/2008, n. 28223; Cassazione civile, sez. 2″, 27/03/2007, n. 7528).

2.3. Qualora la notifica dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, secondo l’indirizzo inaugurato dalle Sezioni Unite, con la sentenza N. 17352 del 24/07/2009, il notificante ha l’onere, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.

2.4. Nell’ampia motivazione della citata sentenza, le Sezioni unite hanno spiegato che la ripresa del processo notificatorio è rimessa alla parte istante e che deve escludersi la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perchè questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perchè non sarebbe “neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata”-.

2.5. Detto orientamento ha trovato applicazione anche in relazione all’ipotesi di integrazione del contraddittorio avente come destinatario una parte che sia deceduta nel corso del procedimento di notifica. Il notificante, dopo aver appreso l’esito negativo del procedimento notificatorio, ha l’onere di attivarsi tempestivamente per evitare di incorrere in decadenze. Questa Corte ha, in un caso analogo, rigettato l’istanza di rimessione in termini per la notifica di un ricorso per cassazione agli eredi di una parte deceduta in quanto non era stata espletata alcuna attività per sedici mesi dalla notizia della morte, acquisita nel corso dell’attività di notifica e non erano state allegate nell’istanza particolari giustificazioni per la protrazione dell’inerzia (Cassazione civile, sez. trib., 06/06/2012, n. 9114; Cassazione civile, sez. 3, 10/05/2013, n. 11139).

2.6. Con una successiva pronuncia, le Sezioni Unite (Cassazione civile, sez. un., 15/07/2016, n. 14594) hanno affermato che il notificante, appreso dell’esito negativo della notifica, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.

2.7. Più di recente, le Sezioni Unite hanno confermato la necessità dell’onere di attivazione del procedimento di integrazione del contraddittorio proprio nell’ipotesi in cui la parte venga a conoscenza della morte del destinatario della notifica o della sua perdita della capacità; in questi casi, proprio in considerazione dell’attività che il notificante deve svolgere per individuare gli eredi, le Sezioni Unite hanno previsto che il termine assegnato dal giudice ai sensi dell’art. 331 c.p.c. è automaticamente interrotto e, in applicazione analogica dell’art. 328 c.p.c., comincia a decorrere un nuovo termine, di durata pari a quella iniziale, indipendentemente dal momento in cui l’evento interruttivo si è verificato. Solo nel caso in cui, per ragioni eccezionali, di cui la stessa parte deve fornire la prova, tale termine risulti insufficiente ad individuare le persone legittimate a proseguire il giudizio, è consentito chiedere al giudice la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2, (Cassazione civile sez. un., 24/05/2019, n. 14266).

2.11. La corte distrettuale ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte; all’udienza del 4.3.2006 il collegio aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei comproprietari ma già all’udienza successiva l’appellante chiese un nuovo termine perchè alcune notifiche non erano andate a buon fine; concessa la remissione in termini, all’udienza del 15.3.2007, gli appellanti chiesero ulteriore termine per notificare l’atto di appello agli eredi del litisconsorte S.A., medio tempore deceduto e per dare la prova del perfezionamenti della notifica nei confronti di S.D.; analoga richiesta venne nuovamente formulata – e rigettata – all’udienza del 5.4.2017.

2.12. L’appellante rimase quindi inerte dall’8 luglio 2016 fino al 5.4.2017 per un periodo di gran lunga al termine di cui all’art. 328 c.p.c., sicchè correttamente la corte di merito ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello.

3.Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

3.1.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

4.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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