Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2846 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. III, 09/02/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 09/02/2010), n.2846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25369/2005 proposto da:

G.G. (OMISSIS), R.M., G.

M.G., G.D.L., G.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 145,

presso lo studio dell’avvocato DEL MEDICO ERMINIA MARIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato PECORARO Calogero con studio in

93100 CALTANISSETTA, VIA PALADINI 82 giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

ZURIGO ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) (già DANUBIO ASSICURAZIONI

S.P.A.) in persona del legale rappresentante pro tempore Dott.

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VASARI 5,

presso lo studio dell’avvocato RUDEL Raoul, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ATTARDI SEBASTIANO, SPAGNOLO SANTO

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

N.A.S., N.L.M., N.

S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 73/2004 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, emessa il 24/2/2004, depositata il 03/07/2004, R.G.N.

73/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato RUDEL RAOUL;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per la inammissibilità rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Dopo 23 giorni trascorsi in stato di coma, il trentenne Gi.

G. morì a causa delle lesioni riportate nello scontro, verificatosi nella notte del (OMISSIS), tra il motociclo sul quale viaggiava e quello condotto da N.A.S. (di proprietà della madre ed assicurato dalla Zurigo Assicurazioni), poi ritenuto responsabile di omicidio colposo dal tribunale per i minorenni di Caltanissetta.

Nel 1998 i genitori ed i fratelli del defunto agirono giudizialmente per il risarcimento nei confronti dell’assicuratore, del N. e degli eredi della madre, che resistettero.

Con sentenza n. 514 del 2002 l’adito tribunale di Caltanissetta accolse le domande, ritenendo, tra l’altro, che l’incidente si fosse verificato per colpa esclusiva del N. e riconoscendo la somma di Euro 487.727,713 per danno biologico direttamente subito dal defunto.

2.- La decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Caltanissetta che, decidendo con sentenza n. 73 del 2004 sugli appelli di tutte le parti, ha ravvisato l’apporto causale colposo (per il 20%) della stessa vittima in ordine all’incidente, ha rideterminato in Euro 30.000,00 il danno biologico complessivamente subito dal defunto in riferimento al tempo per il quale era sopravvissuto alle lesioni ed ha diversamente liquidato alcune voci di danno, in particolare elevando quella per danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale direttamente patito dai congiunti.

3. Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione i genitori ed i fratelli del G., affidandosi a sei motivi cui resiste con controricorso la Zurigo Assicurazioni s.a..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorrenti censurano la sentenza:

a) col primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., e per ogni tipo di vizio della motivazione nella parte in cui la corte d’appello aveva ravvisato il concorso causale colposo della vittima (nei limiti del 20%) per non aver tenuto rigorosamente la destra;

b) col secondo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223 e 1226 cod. civ., nonchè per ogni tipo di vizio della motivazione in relazione al capo della sentenza che aveva ancorato la liquidazione del danno biologico subito dal defunto al tempo (23 giorni) per il quale era sopravvissuto alle lesioni;

c) col terzo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 2059, 1223 e 1226 cod. civ., nonchè per ogni tipo di vizio della motivazione relativamente all’adozione dello stesso criterio per la liquidazione del danno morale subito dal defunto;

d) col quarto, per identici vizi concernenti la liquidazione del danno morale direttamente patito dai congiunti;

e) col quinto, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1223 e 1226 cod. civ., nonchè per ogni tipo di vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento del danno biologico che si assumeva direttamente subito dai congiunti e che il giudice del merito aveva rifiutato di accertare tramite consulenza tecnica d’ufficio per l’assoluto difetto di elementi che ne consentissero la configurabilità in concreto;

f) col sesto, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 2059, 1223 e 1226 cod. civ., nonchè per ogni tipo di vizio della motivazione in punto di mancato riconoscimento del danno patrimoniale ai congiunti diversi dalla sorella G.M.G..

2.- Tutti i motivi sono infondati per le ragioni che vengono qui di seguito sinteticamente esposte sulla scorta delle premesse che gli affermati vizi della motivazione sono apoditticamente prospettati ma non specificamente illustrati e che il ricorso, nelle parti in cui auspica in diritto soluzioni diverse da quelle ampiamente consolidate, non contiene argomentazioni nuove rispetto a quelle già reiteratamente scrutinate e non condivise dalla Corte (da ultimo, tra le altre, da Cass., sez. un., n. 26972 del 2008).

2.1.- Il primo motivo si risolve in una censura dell’apprezzamento di fatto della corte d’appello che, in linea con quanto ritenuto dal giudice penale sulla base degli accertamenti compiuti dagli agenti intervenuti dopo l’incidente, ha considerato che era assolutamente certo che l’incidente si fosse verificato in prossimità del centro della carreggiata e che, dunque, neppure la vittima aveva tenuto rigorosamente la propria destra, così colposamente concorrendo – sia pure solo per il 20% – a cagionare un incidente che non si sarebbe altrimenti verificato.

2.2.- Il secondo non adduce argomenti nuovi a sostegno dell’assunto che la perdita della vita costituirebbe la massima possibile lesione della salute e che, dunque, andrebbe in tal caso riconosciuto a favore dello stesso defunto il risarcimento per la lesione del diritto alla salute nel massimo grado (100%). I due diritti (alla salute ed alla vita) sono invece diversi ed insuscettibili di essere confusi in sede risarcitoria, per l’assorbente ragione che la lesione del diritto alla salute è indennizzata in funzione della sua negativa ripercussione sulla vita residua, sicchè, persa la vita, viene meno la ragione stessa del risarcimento del danno della salute per il tempo in cui la vita è venuta meno. Residuano, per contro, spazi risarcitori a favore dei congiunti per la perdita del rapporto parentale; e tali spazi risultano nella specie adeguatamente colmati dal giudice del merito, che ha elevato gli importi riconosciuti ai congiunti per danno non patrimoniale diverso da quello dalla lesione della loro stessa salute.

2.3.- Il terzo motivo è infondato per le medesime ragioni (al di là del rilievo che le sezioni unite hanno escluso la configurabilità di un danno da sofferenza psichica anche temporanea per chi, a causa del suo stato di coma, non sia in condizione di avvertire dolore).

2.4.- Il quarto motivo esclusivamente impinge nelle valutazioni di fatto della corte d’appello, che ha liquidato la somma complessiva di Euro 155.423,88 per danno non patrimoniale subito dai congiunti del deceduto. I ricorrenti non criticano l’iter argomentativo seguito dal giudice del merito per giungere a siffatta liquidazione, ma si limitano ad affermare – e del tutto apoditticamente – che i giudici del distretto sono adusi ad attestarsi su importi oscillanti tra il doppio ed il quadruplo. Non spiegano tuttavia come e perchè, nè sostengono di averlo rappresentato in sede di merito, prima che la liquidazione fosse effettuata.

2.5.- Il quinto motivo è infondato, costituendo principio consolidato che la consulenza tecnica d’ufficio è legittimamente negata quando la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 9060 del 2003).

2.6.- L’infondatezza del sesto ed ultimo motivo direttamente discende dal rilievo che i ricorrenti non affermano di avere offerto elementi sulla base dei quali si sarebbe dovuto presumere che il defunto avrebbe contribuito ai bisogni della famiglia a favore di persone diverse dalla sorella, alla quale il danno patrimoniale è stato invece riconosciuto (per ragioni che non vengono esposte in ricorso).

3.- Il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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