Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28459 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 15/12/2020), n.28459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18659 – 2019 R.G. proposto da:

D.G.d.R.G., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Pompeo Magno, n. 94, presso la

“Morbinati & Longo” società tra avvocati che con l’avvocato

Mauro Longo la rappresenta e difende in virtù di procura speciale

in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, in persona del sindaco pro tempore;

– intimata –

e

AGENZIA delle ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 24276/2018 del Tribunale di Roma;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 settembre

2020 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto ritualmente notificato D.G.G.d.R. citava a comparire dinanzi al Giudice di Pace di Roma l’Agenzia delle Entrate Riscossione e Roma Capitale.

Chiedeva annullarsi l’intimazione di pagamento, per l’importo di Euro 550,66, a lei notificata sulla scorta di cartelle di pagamento asseritamente non onorate.

2. L’Agenzia delle Entrate Riscossione e Roma Capitale non si costituivano.

3. Con sentenza n. 6713/2015 il giudice di pace rigettava l’opposizione.

4. Proponeva appello D.G.G.d.R.

Resisteva L’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Veniva dichiarata contumace Roma Capitale.

5. Con sentenza n. 24276/2018 il Tribunale di Roma accoglieva il gravame, dichiarava non dovute le somme di cui al sollecito di pagamento limitatamente alla cartella n. (OMISSIS) e compensava le spese di lite.

Evidenziava il tribunale che una delle tre cartelle sottese alla intimazione di pagamento era stata annullata con sentenza del giudice di pace n. 23800/2011, sicchè le somme di cui all’intimazione correlate alla cartella annullata non erano dovute.

Evidenziava altresì che si giustificava la compensazione delle spese di lite siccome ben avrebbe potuto l’appellante comunicare agevolmente all’agente per la riscossione l’annullamento della cartella n. (OMISSIS) per effetto della sentenza n. 23800/2011 e riservarsi di agire in giudizio solo qualora l’agente per la riscossione avesse insistito nella sua pretesa.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso D.G.G.d.R.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

L’Agenzia delle Entrate Riscossione e Roma Capitale non hanno svolto difese.

7. Il relatore ha formulato proposta di manifesta fondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

8. La ricorrente ha depositato memoria.

9. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio.

Deduce che il tribunale ha illegittimamente compensato le spese di lite.

Deduce, per un verso, che è risultata totalmente vittoriosa, “sicchè andava tout court esclusa l’ipotesi di soccombenza reciproca” (così ricorso, pag. 5).

Deduce, per altro verso, che la circostanza addotta dal tribunale non vale ad integrare i giusti motivi postulati dall’art. 92 c.p.c., comma 2.

Deduce segnatamente a tal ultimo riguardo che era sua facoltà e non già suo obbligo richiedere in autotutela lo “sgravio” con riferimento alla cartella di pagamento annullata dal giudice di pace con la sentenza n. 23800/2011.

10. Il motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento nei termini che seguono.

11. Va previamente puntualizzato che il presente giudizio ha avuto inizio in prime cure nel 2013 (“la causa veniva incardinata innanzi al Giudice di Pace di Roma ed assumeva il N. R.G. 27313/2013”: così ricorso, pag. 3).

Cosicchè, nella fattispecie, il regime, ratione temporis, per la regolamentazione delle spese di lite è quello (“se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti) di cui al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, antecedente alla novella disposta dal D.Lgs. n. 132 del 2014, convertito con modificazioni nella L. n. 162 del 2014.

12. Su tale scorta si osserva quanto segue.

Al di là ed a prescindere dal paradigma della “reciproca soccombenza”, la cui eventuale proiezione nella fattispecie il Tribunale di Roma non ha vagliato, con riferimento all’ulteriore prefigurazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 nel cui segno è (recte, era) altresì possibile attendere alla compensazione delle spese di lite, questa Corte spiega quanto segue.

Ovvero che, in tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento a ragioni di giustizia o al diverso esito del giudizio di primo grado (cfr. Cass. (decr.) 13.7.2015, n. 14546; Cass. 31.5.2016, n. 11217, secondo cui, in tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente, per derogare il principio della soccombenza, il mero riferimento alla “peculiarità della materia del contendere”; Cass. (ord.) 14.7.2016, 14411, secondo cui, in tema di spese giudiziali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione vigente “ratione temporis”, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica (nella specie, la particolarità della fattispecie), inidonea a consentire il necessario controllo).

Ovvero, ancora, che, in tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione applicabile “ratione temporis”, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 31.5.2016, n. 11222).

13. Ebbene, in questo quadro, senza dubbio le ragioni indicate esplicitamente in motivazione dal Tribunale di Roma a fondamento della disposta compensazione delle spese di lite (il Tribunale di Roma ha ulteriormente specificato, ai fini della disposta integrale compensazione delle spese, che “nel sollecito di pagamento viene infatti espressamente invitato il destinatario a fornire la propria collaborazione comunicando l’eventuale intervenuto pagamento o provvedimento di sgravio (…)”: così sentenza impugnata, pag. 4) riguardano specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa.

E tuttavia le medesime ragioni non possono soccorrere a giustificare l’integrale compensazione delle spese, siccome erronee in diritto.

Tanto, per un verso, alla luce del condivisibile rilievo del ricorrente (cfr. ricorso, pag. 5), secondo cui la possibilità di richiedere l’annullamento in autotutela della cartella costituisce una mera facoltà.

Tanto, per altro verso, sulla scia del “precedente” n. 11222 del 31.5.2016 dapprima citato, “precedente” con cui questa Corte ebbe a delibare e ad annullare una ipotesi di compensazione delle spese di lite ancorata a ragioni sostanzialmente assimilabili a quelle de quibus agitur (con l’ordinanza n. 11222/2016 questa Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva fondato la compensazione sull’opportunità di risolvere in via di autotutela la controversia tributaria, al fine di evitare la proliferazione del contenzioso, in tal modo limitando il diritto di agire in giudizio ex art. 24 Cost.).

Sussiste quindi la falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

14. In accoglimento del ricorso la sentenza n. 24276 del 17.12.2018 del Tribunale di Roma va – nei limiti del motivo di ricorso – cassata con rinvio allo stesso tribunale in persona di diverso magistrato anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

15. In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa in relazione e nei limiti del motivo di ricorso la sentenza n. 24276 del 17.12.2018 del Tribunale di Roma e rinvia allo stesso tribunale in persona di diverso magistrato anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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