Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28457 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 15/12/2020), n.28457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25010-2019 R.G. proposto da:

COOPSETTE SOCIETA’ COOPERATIVA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA,

in persona del commissario liquidatore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIOVANNI DALEFFE, ACHILLE

SALETTI;

– ricorrente –

contro

PARMA SVILUPPO SRL, IMPRESA PIZZAROTTI & C. SPA, in persona dei

rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo studio

dell’avvocato MARIO NUZZO, rappresentate e difese dagli avvocati

VINCENZO MARICONDA, FRANCESCA PACE;

– resistenti –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 6646/2019 del

TRIBUNALE di MILANO, depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO, che

conclude per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i

restanti, e l’annullamento del provvedimento impugnato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Milano, con sentenza (rectius: ordinanza) n. 6646 del 4 luglio 2019, pronunciata in sede di opposizione avverso decreto ingiuntivo n. 7661 del 2018, richiesto ed ottenuto dalla Coopsette in liquidazione coatta amministrativa nei confronti delle società Impresa Pizzarotti & C. s.p.a. e la Parma Sviluppo s.r.l. per crediti relativi al contratto intercorso in data 22.12.2014 fra la Parco Farnese s.r.l., cedente, e la Coopsette, cessionaria, di cessione dei crediti vantati dalla cedente nei confronti della Parma Sviluppo derivanti da accordo avente a sua volta ad oggetto la cessione da parte della Parco Farnese a quest’ultima le sue partecipazioni a Sviluppi Immobiliari Parmensi, che prevedeva un credito “variabile” di Euro 5.810.692,00 e un credito “dilazionato” di Euro 300.000,00, mentre la Coopsette vantava nei confronti di Parco Farnese crediti per finanziamento soci per Euro 6.110.692,00, ha accolto l’eccezione di nullità del decreto sollevata da parte opponente per sussistenza di rapporto di continenza fra il presente giudizio e l’azione revocatoria fallimentare proposta dall’opposta e notificata alla opponente Parma Sviluppo s.r.l., dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia, funzionalmente competente ai sensi degli artt. 24 e 67 della legge fallimentare, giudizio nel quale la Coopsette chiedeva la dichiarazione di inefficacia e revoca del pagamento dell’importo di Euro 6.110.692,00 a titolo di corrispettivo della cessione dei crediti nei confronti di Parco Farnese s.r.l. – poi incorporata in Impresa Pizzarotti & C. s.p.a. – mediante compensazione, per essere entrambe le azioni proposte dall’opposta relative ad obbligazioni nascenti dal medesimo rapporto negoziale principale, ossia l’accordo quadro stipulato dalle parti nel luglio 2014 e poi confermato e parzialmente modificato nel dicembre dello stesso anno.

Avverso siffatto provvedimento la Coopsette ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza, articolato su quattro motivi, cui hanno resistito la Impresa Pizzarotti & C. s.p.a. e la Parma Sviluppo s.r.l. con memoria difensiva ex art. 47 c.p.c..

Essendosi ritenute applicabili le condizioni per la decisione ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Procuratore Generale di formulare le sue conclusioni, presentate nel senso dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, ed all’esito del loro deposito è stato adottato decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale ha depositato memoria illustrativa parte resistente.

Considerato che:

– con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 645 c.p.c. per avere il Tribunale di Milano violato la propria competenza funzionale a decidere sull’opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendola derogabile per ragioni di continenza.

Con il secondo motivo la Coopsette denuncia la violazione dell’art. 39 c.p.c. per avere il Tribunale di Milano ritenuto sussistente un rapporto di continenza tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e l’azione revocatoria fallimentare pendente dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia.

Con il terzo mezzo la ricorrente insiste nel dedurre la violazione dell’art. 39 c.p.c. per avere il tribunale di Milano ritenuto sussistente un rapporto di continenza fra i due giudizi sopra indicati, affermando erroneamente che raccoglimento della domanda revocatoria pendente dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia investirebbe il rapporto azionato avanti al Tribunale di Milano.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 28 e 38 c.p.c. per avere il tribunale di Milano ritenuto che Pizzarotti non potesse essere convenuta in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale di Milano, nonostante le pattuizioni fossero state sottoscritte dalla Pizzarotti in proprio e prevedevano la competenza esclusiva del Tribunale di Milano.

Le censure – da trattare in via unitaria per la evidente connessione argomentativa che le avvince – sono prive di fondamento.

E’ pacifica nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione del principio secondo cui, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 2, la continenza ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti e titolo e da una differenza soltanto quantitativa dell’oggetto, ma anche quando fra le due cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte, o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi (v. già Cass., Sez. Un., 23 luglio 2001 n. 10011; Cass. 21 aprile 2000 n. 5267; Cass. 30 marzo 2000 n. 3924; Cass. 24 febbraio 2000 n. 2109; Cass. 10 marzo 1999 n. 2077).

Nella fattispecie in esame deve, quindi, sulla base della richiamata giurisprudenza, ritenersi la sussistenza di un rapporto di continenza fra il giudizio di revocatoria fallimentare, nel quale è stata chiesta la dichiarazione di inefficacia e revoca del pagamento di Euro 6.110.692,00 eseguito a titolo di corrispettivo della cessione dei crediti nei confronti della Parco Farnese mediante compensazione, di cui all’accordo quadro del 2014, ed il giudizio monitorio introdotto dalla stessa Coopsette per ottenere il pagamento di Euro 300.000,00 pari alla quota fissa prevista nel medesimo rapporto negoziale.

Ciò premesso, si tratta di risolvere la questione in ordine ai poteri del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo qualora innanzi a lui sia eccepita la continenza fra la domanda proposta in sede monitoria e quella formulata successivamente innanzi ad altro giudice adito quale tribunale fallimentare.

Va al riguardo precisato che il combinato disposto della L. Fall., artt. 24 e 52, implica che il tribunale da cui è stato dichiarato il fallimento del debitore che ha compiuto l’atto pregiudizievole ai creditori resta il solo competente a decidere l’inefficacia (o meno) dell’atto, mentre unicamente le successive e consequenziali pronunzie di restituzione competono al tribunale che ha dichiarato il fallimento del beneficiario del pagamento revocato, secondo le modalità stabilite per l’accertamento del passivo e dei diritti dei terzi (cfr. Cass. n. 7583 del 1994 e Cass. n. 2746 del 1963; di recente: Cass. 4 ottobre 2016 n. 19795).

Tali considerazioni, assorbenti rispetto ad ogni altra questione sollevata nel ricorso, conducono al rigetto del ricorso, per avere il Tribunale di Milano tenuto conto dell’eccezione in tal senso proposta dalla parte opponente, convenuta in senso sostanziale, dal momento che ove il Tribunale di Reggio Emilia, giudice fallimentare avanti al quale pende la domanda revocatoria proposta dalla Coopsette in liquidazione coatta, in sede di revocatoria fallimentare dichiarasse l’inefficacia dei pagamenti effettuati da detta società sulla base dell’accordo quadro de quo, verrebbe addirittura meno il titolo -ossia lo stesso negozio stipulato da Pizzarotti e Coopesette – sulla base del quale è stato chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo per cui è controversia limitatamente alla parte “dilazionata” del corrispettivo, trattandosi di un’azione costitutiva che modifica “ex post” una situazione giuridica preesistente (v. Cass., Sez. Un., 23 novembre 2018 n. 30416), operando il principio di cristallizzazione del passivo alla data di apertura del concorso in funzione di tutela della massa dei creditori.

Risultato infondato in ogni sua parte, il proposto ricorso deve rigettarsi, con dichiarazione della competenza del Tribunale di Reggio Emilia a conoscere dell’opposizione del decreto ingiuntivo de quo e con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Reggio Emilia;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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