Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28456 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. I, 22/12/2011, (ud. 29/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27670-2009 proposto da:

P.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso l’avvocato SASSANI BRUNO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VETTA GIUSEPPE, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTENERO DI BISACCIA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. CATALANI 39, presso

l’avvocato ADOTTI ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE

MICHELE ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 81/2009 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 18/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2011 dal Presidente Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SASSANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento del primo e

secondo motivo, assorbimento del terzo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.M. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Larino il Comune di Montenero di Bisaccia, esponendo che il Sindaco aveva disposto l’occupazione d’urgenza per la durata di anni cinque di un terreno del P. esteso mq. 2000, per la costruzione della strada residenziale “(OMISSIS)”, immettendosi nel possesso dell’area in data 30.10.1982, e che l’occupazione era divenuta irreversibile non essendo seguita nei termini l’emanazione del decreto di esproprio. Chiedeva pertanto la condanna del Comune al pagamento della indennità di occupazione legittima e del risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima e la perdita di proprietà dell’area occupata.

Il Tribunale adito condannava il convenuto al pagamento della somma di L. 100.996.000 a titolo di risarcimento danni per la privazione della proprietà del terreno in questione e di L. 25.250.000 per l’indennità di occupazione legittima. Il Comune impugnava detta sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Campobasso, deducendo l’incompetenza del Tribunale in relazione alla domanda di liquidazione dell’indennità per occupazione legittima, la riduzione della entità del dovuto a titolo di risarcimento del danno e la esclusione degli interessi.

Costituitosi in giudizio, l’appellato associandosi all’appellante per quanto riguarda l’incompetenza del Tribunale per la determinazione della indennità di occupazione legittima, chiedeva la rideterminazione di detta indennità secondo il criterio di cui alla L. n. 2892 del 1885, art. 13 con gli interessi legali dalla data di scadenza di ciascuna annualità sino al soddisfo. Per il resto chiedeva il rigetto dell’appello. Con sentenza del 27 febbraio 2009, depositata il 18.6.2009, la Corte adita dichiarava l’incompetenza funzionale del Tribunale a decidere sulla liquidazione dell’indennità di occupazione legittima; determinava l’entità del risarcimento del danno patito dal P. in Euro 22.296,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi; determinava l’indennità di occupazione legittima in Euro 16.845,00; confermava nel resto l’impugnata sentenza. Avverso detta sentenza P.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il Comune di Montenero di Bisaccia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 4 con contestuale erronea applicazione dell’art. 345 c.p.c..

Deduce il ricorrente che il giudice a quo, accogliendo il motivo di appello del Comune con il quale assumeva che la domanda di corresponsione degli interessi sulla indennità per l’occupazione legittima dei fondi non era stata formulata con l’atto di citazione in primo grado, avrebbe errato nel non riconoscere gli interessi sulla somma liquidata a detto titolo, ritenendo tale richiesta avanzata dinanzi alla Corte d’Appello intempestiva alla stregua dell’art. 345 c.p.c..

Tale domanda, formulata al P. per la prima volta nella comparsa dinanzi alla Corte d’Appello avrebbe dovuto essere accolta, non venendo in considerazione l’art. 345 c.p.c., considerato che la richiesta degli interessi dinanzi a tale giudice non potrebbe considerarsi domanda nuova, ma domanda da trattarsi e decidersi in unico grado stante la speciale competenza della Corte d’Appello in unico grado per la liquidazione della indennità di occupazione legittima.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. e) e L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 3 e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 3 con contestuale violazione dell’ari. 112 c.p.c. e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 324, 343 e 346 c.p.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 4.

Deduce il ricorrente che erroneamente il giudice a quo non avrebbe ritenuto applicabile il criterio per il risarcimento del danno da adottare in ragione della sopravvenienza in corso di causa della sentenza della Corte Costituzionale n. 348/07 e della successiva L. n. 244 del 2007 sul rilievo che la sentenza del primo giudice, che aveva applicato per la determinazione del danno, quale regola della decisione della questione, il più riduttivo criterio di cui al D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis era stata impugnata sul punto solo dal Comune.

Il fatto che la sentenza del primo giudice fosse stata impugnata dal solo Comune non impedirebbe l’applicazione dello ius superveniens, dato che non potrebbe più parlarsi di preclusione sul punto da giudicato una volta che il Comune, con la sua impugnazione, abbia impedito la definitiva ed immodificabile determinazione dell’indennità, ponendone in discussione l’ammontare da esso ritenuto incongruo.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia omessa o quantomeno insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Anche tenendo fermo l’originario criterio di computo adoperato dal Tribunale, la sentenza impugnata non motiverebbe affatto la decisione di definire in L. 30.000 al mq. il valore venale del terreno, invece che in L. 70.000 al mq. come determinato dal c.t.u..

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il Comune di Montenero di Bisaccia ha impugnato la sentenza del primo giudice eccependone, tra l’altro, l’incompetenza per quanto riguarda la indennità di occupazione legittima. Il P., costituendosi in giudizio dinanzi alla Corte d’Appello ha aderito alla eccezione di incompetenza, chiedendo con l’atto di costituzione la rideterminazione di detta indennità con gli interessi legali dalla data di scadenza di ciascuna annualità sino al soddisfo.

La Corte d’Appello ha negato la condanna agli interessi per non essere stati questi richiesti nel giudizio di primo grado.

Il collegio osserva che ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 19 la competenza per la determinazione della indennità di occupazione legittima spetta in unico grado alla Corte d’Appello, per cui il giudizio di detto giudice investito da parte dell’espropriante dell’appello della sentenza del Tribunale, che abbia liquidato il danno da occupazione appropriativa e insieme determinato l’indennità per il periodo di occupazione legittima, per quanto riguarda la richiesta di determinazione della indennità di occupazione, riproposta in tale sede dall’appellato con la richiesta degli interessi (non formulata quest’ultima nel caso di specie dinanzi al Tribunale), non costituisce un giudizio di impugnazione, ma un giudizio di primo grado con la conseguente inapplicabilità, con riferimento alla domanda di rideterminazione dell’indennità e di condanna al pagamento della stessa con gli interessi, dell’art. 345 c.p.c. (cfr al riguardo cass. n. 14687 del 2007; 25013 del 2006).

Conseguentemente sulla somma liquidata a titolo di indennità di occupazione legittima devono essere riconosciuti, come richiesto non costituendo domanda nuova, gli interessi legali dalla scadenza di ciascuna annualità fino al saldo (cfr. cass. n. 16908 del 2003;

cass. n. 9410 del 2006).

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Questa Suprema Corte ha già in altre sentenze esaminato la questione, formulando il principio, che il collegio ritiene condivisibile, secondo cui in tema di risarcimento del danno da occupazione appropriati va, qualora il danno sia stato liquidato secondo il criterio riduttivo di cui al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 7 bis, convertito con modificazioni, in L. 8 agosto 1992, n. 329, introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65, la mancata impugnazione di tale capo della sentenza da parte del privato si traduce in acquiescenza della relativa pronuncia, con la conseguenza che l’impugnazione del medesimo capo da parte dell’Amministrazione non rende applicabili nel giudizio di appello gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 349 del 2007 (nè la più favorevole normativa), dovendosi ritenere precluso l’esame della predetta questione, in quanto il limite della cognizione devoluta al giudice di appello è definito dai motivi di impugnazione, con conseguente divieto della riforma “in pejus” della sentenza impugnata (cfr. cass. n. 15835 del 2010; cass. n. 599 del 2008). Anche il terzo motivo è infondato.

Il giudice a quo ha indicato le ragioni per le quali non ha preso in considerazione il valore di L. 70.000 al mq. ed ha preso in considerazione, per il calcolo del risarcimento del danno la minore somma di L. 30.000 al metro quadro. Ha osservato, infatti, che il c.t.u. aveva commesso l’errore di porre a base del calcolo il valore venale del bene per come valutato all’attualità e non qual’era alla data di acquisizione della proprietà del terreno da parte della P.A.; ha preso altresì in considerazione il valore ricavabile dagli atti pubblici, prodotti in giudizio, ed ha tenuto conto della effettiva situazione dei luoghi nell’anno 1987, al momento dello spirare del decreto di efficacia della occupazione legittima.

Detta motivazione pertanto non solo appare sufficientemente esplicativa delle ragioni della decisione, ma è logicamente e giuridicamente corretta.

Per le considerazioni che precedono il primo motivo può essere accolto, mentre gli altri devono essere rigettati. La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, riconoscendo sulla somma liquidata a titolo di indennità di occupazione legittima gli interessi legali dalla scadenza di ciascuna annualità fino al saldo. L’esito della controversia giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, riconosce sulla somma liquidata per la indennità di occupazione legittima gli interessi legali dalla scadenza di ciascuna annualità al saldo. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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