Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2845 del 09/02/2010
Cassazione civile sez. III, 09/02/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 09/02/2010), n.2845
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 24226/2005 proposto da:
A.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE LIBIA 174, presso lo studio dell’avvocato FARAON Luciano,
che la rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
T.D. (OMISSIS), A.A.
(OMISSIS), A.R. (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo
studio dell’avvocato ANTONINI Giuseppe, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato VERZOTTO LUIGI giusta delega a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PADOVA, depositata il
24/06/2005, emessa il 17/6/2005, R.G.N. 5322/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
12/01/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;
udito l’Avvocato LUCIANO FARAON;
udito l’Avvocato GIUSEPPE ANTONINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.C. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, avverso l’ordinanza in data 17.6.2005 del tribunale di Padova che, in accoglimento del reclamo di T.D. e di A. e A.R., ha rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c., proposto da A.C. in sede di opposizione all’esecuzione, volto alla sospensione degli effetti dell’atto di precetto col quale i reclamanti le avevano intimato il rilascio di un immobile sulla base del titolo esecutivo costituito da una sentenza emessa nei confronti della sua dante causa iure hereditario.
Al ricorso resistono con controricorso i menzionati T.- A., che hanno anche depositato memoria illustrativa.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. All’illustrazione dei due motivi di ricorso – con i quali è dedotta violazione dell’art. 24 Cost., e, rispettivamente, dell’art. 111 Cost. – la ricorrente fa precedere il rilievo che l’opinione secondo la quale l’ordinanza cautelare è priva di carattere decisorio costituirebbe una petizione di principio, in quanto essa è suscettibile di produrre un pregiudizio irreparabile e poichè, in caso di rigetto dell’istanza, l’azione cautelare non può avere “alcuno sviluppo ulteriore”.
Prospetta poi, alternativamente, l’incostituzionalità dell’art. 669 terdecies c.p.c., in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la ricorribilità in cassazione del provvedimento che, in accoglimento del reclamo, neghi la misura cautelare, nella specie risolventesi in “un fatto ablativo, come quello della privazione dell’abitazione”; e sostiene che l’ordinanza impugnata sarebbe comunque nulla per mera apparenza della motivazione.
2. Il ricorso è inammissibile.
Correttamente i controricorrenti rilevano che, per costante giurisprudenza di questa corte, il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., è ammesso solo contro provvedimenti connotati dagli indefettibili caratteri della definitività e della decisorietà, nel senso che siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale.
E tanto va escluso per l’ordinanza adottata al tribunale in sede di reclamo contro un provvedimento di natura cautelare, quale che ne sia il contenuto, giacchè trattasi di decisione munita di efficacia temporanea, condizionata all’instaurazione ed all’esito del giudizio di merito, e poichè i limiti alla riproponibilità dell’istanza configurano un carattere di definitività riguardante solo, la cautela (ex multis, Cass., n. 4879 del 2005).
La manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità è consequenziale, dovendo recisamente negarsi che il rifiuto della immediata tutela cautelare si risolva nella privazione del diritto di proprietà (che la ricorrente affermava acquistato per usucapione) e non essendo configurabile in termini di irreparabilità il pregiudizio da mancata tutela interinale di un diritto reale.
3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.700,00 i cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010