Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28449 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 15/12/2020), n.28449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26005-2015 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALLEBONA 10,

presso lo studio dell’avvocato EGIDIO LANARI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

CO.CA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 45,

presso lo studio dell’avvocato LUCA CRISTINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GILDO CIARALDI;

– controricorrente –

contro

C.R., M.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5950/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 5950 del 2014 (depositata il 30 settembre 2014) la Corte di appello di Roma respingeva l’impugnazione proposta da C.C., coniuge superstite, avverso la decisione del Tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda proposta dallo stesso attore nei confronti dei figli C.C. e R. di intervenuta usucapione dell’appartamento caduto in comunione ereditaria per il 50% del valore e di pronuncia costitutiva della proprietà in favore di M.R..

L’originario attore ha proposto ricorso per cassazione nei riguardi della predetta sentenza, articolato su quattro motivi, cui resisteva C.C. con controricorso, rimaste intimate le restanti parti.

Con decreto presidenziale del 9 giugno 2017 veniva disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso a C.R., nei cui confronti le notificazioni del 30 ottobre e del 9 novembre 2015 non erano andate a buon fine, e dalla comunicazione dello stesso decreto emergeva – dopo disposti accertamenti – che l’unico difensore della parte ricorrente era deceduto in data 18.09.2016. Disposta con ordinanza interlocutoria n. 1442 del 2019 la notificazione del decreto e degli atti conseguenti alla parte personalmente, dai tentativi di comunicazione alla parte risultava che C.C. era deceduto da tempo, come da relata di notifica effettuata dall’Ufficiale giudiziario. Con ulteriore ordinanza interlocutoria n. 3118 del 2020, considerata la necessità di rinnovare l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di C.R., veniva dato l’ordine alla parte più diligente affinchè vi provvedesse e comunque veniva comunicato allo stesso C.R. nella qualità di erede del ricorrente, unitamente a C.C., quali figli legittimi dell’originario attore, il quale non svolgeva alcuna difesa.

Essendosi ritenute applicabili le condizioni per la decisione di inammissibilità sopravvenuta del ricorso, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore dell’unico resistente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Considerato che:

come dedotto nelle ordinanze interlocutorie n. 1442 del 2019 e n. 3118 del 2020, in pendenza del presente procedimento è deceduto il ricorrente, originario attore, l’unico che si opponesse al riconoscimento del diritto in comproprietà della quota del 50% del solo immobile oggetto della comunione ereditaria sorta con la morte di R.A., coniuge di C.C., e madre di C.C. e R., per cui appare evidente la comunanza di interessi tra la posizione dell’attore e quella dei suoi eredi, per essere questi ultimi già parti avversarie nel giudizio, a seguito del venir meno degli effetti della domanda di usucapione in favore del genitore, in difetto di interesse ad agire dei resistenti, che rende implausibile la formulazione dei motivi di ricorso fondati sull’interesse ad avvantaggiarsi degli effetti della domanda altrui.

Alla luce di tale circostanza sopravvenuta, è chiaro che, essendo venute meno le contrapposte posizioni delle parti, per essere divenuti i germani C. comproprietari dell’intero appartamento per successione anche di C.C., non avendo M.R. formulato alcuna domanda nel corso giudizio in cui risulta essere stata evocata dall’originario attore, i C. e quest’ultima hanno ormai perso qualsiasi interesse ad una pronuncia sul ricorso, che, per tale ragione, va dichiarato inammissibile.

Ne consegue che non v’è più ragione per verificare se la Corte di merito abbia pronunciato bene o male sulla domanda di intervenuta usucapione una volta che tale conflitto non può più darsi per essere la figura dei comproprietari dell’appartamento in contestazione riferibile ai soli germani C..

Deve, pertanto, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Nessuna pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Pur se il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, non deve farsi luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013): la ratio della norma – orientata a scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose – induce ad escludere che il meccanismo sanzionatorio ivi previsto sia applicabile in ipotesi di inammissibilità non originaria ma, come nella specie, sopravvenuta (Cass. 15 settembre 2014 n. 19464).

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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