Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28448 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 05/11/2019), n.28448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8357/014 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO

SAVONAROLA, 39, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO MAZZA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA

VIALE REGINA MARGHERITA, 1, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

DE STEFANO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6771/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 28/10/2013 R.G.N. 4320/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, e ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LEONARDO MAZZA;

udito l’Avvocato MAURIZIO DE STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 6771/2013, ha respinto l’appello principale proposto dall’avvocato T.S. ed ha accolto quello incidentale (relativo alla omessa pronuncia di condanna rispetto al credito accertato dal primo giudice), proposto da Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (CNPAF), avverso la sentenza del Tribunale in funzione di Giudice del lavoro della stessa città che aveva accolto, limitatamente alle pretese per l’anno 2002, l’opposizione a cartella con la quale era stato intimato il pagamento di Euro 29.708 per conguaglio contributi anno 1998 sanzioni ed interessi relativi all’anno 2002.

2. La Corte territoriale ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente ritenendo la sussistenza di validi atti interruttivi ed, in particolare, ha ritenuto efficace a tali fini anche la richiesta contenuta nella raccomandata recapitata il 19 luglio 2008, presso un indirizzo non più corrispondente allo studio e residenza del destinatario e ciò in quanto presso tale precedente indirizzo lo stesso aveva mantenuto un recapito, come dimostravano le circostanze che pur essendo la variazione dell’indirizzo dello studio avvenuta il 5 febbraio 2007 e quello della residenza il 23 luglio 2007, il modello 5 dell’anno 2008 – da comunicare entro il mese di luglio dello stesso anno – non conteneva le nuove indicazioni; la raccomandata del 19 luglio 2008 era stata inviata nella stessa via (OMISSIS) dove era stata consegnata dal medesimo agente postale ed accettata da incaricati che avevano apposto firme sovrapponibili a quelle apposte anche in occasione della ricezione della precedente raccomandata del 26 novembre 2003, con la quale era stato chiesto il pagamento dei contributi per l’anno 1998.

3. Avverso tale sentenza, l’Avvocato T.S. propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi illustrati da memoria.

4. Resiste con controricorso CNPAF.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia omessa motivazione delle ragioni del ricorso al metodo presuntivo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); in particolare, ad avviso del ricorrente, la sentenza non avrebbe motivato – come avrebbe dovuto – sulle ragioni che l’avevano indotta, privilegiando elementi che solo in via presuntiva l’avevano condotta a ritenere che la lettera del 26 novembre 2008 fosse effettivamente stata recapitata presso un luogo riferibile al destinatario, a trascurare le dirette risultanze anagrafiche e le certificazioni dell’Ordine degli Avvocati.

2. Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), si denuncia la mancanza, illogicità o contraddittorietà della motivazione sul fatto che la sentenza aveva affermato che l’avvocato T. aveva ammesso di aver ricevuto la raccomandata di richiesta dei contributi datata 26 aprile 2003 il successivo 10 dicembre 2003, mentre il medesimo avvocato aveva ammesso di averla ricevuta il 26 aprile 2003 e tale data non impediva la prescrizione del credito.

3. Il terzo motivo di ricorso ha per oggetto ulteriore vizio di motivazione, ex art. 360, comma 1 n. 5), che si ravvisa nella efficiente consegna o meno all’avvocato T.S. della raccomandata del luglio 2008 recapitata il 19 luglio 2008, posto che le ragioni, meramente presuntive, addotte dalla sentenza impugnata riguardo al mantenimento di un recapito presso il vecchio indirizzo di studio e di residenza non potrebbero supportare l’effetto di ritenere provata la circostanza della presunzione di conoscibilità, da parte del destinatario, della richiesta di pagamento.

4. Il quarto motivo deduce la violazione e o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., anche con riferimento al divieto di praesumptio de praesumptio, nonchè degli artt. 1334,1335,2942 e 2697 c.c., ed in tal senso si evidenzia che il ragionamento presuntivo sarebbe illegittimo perchè fondato non su fatti noti, ma su mere congetture di corrispondenza tra le firme apposte sulle raccomandate nel 2003 e nel 2008 oppure sulla asserita identità di soggetto quanto all’agente postale che le aveva recapitate. Altrettanto illegittimo sarebbe presumere, posto che lo stesso non era stato esibito, che il modello 5 per l’anno 2007 contenesse ancora la vecchia indicazione come quello per l’anno 2008.

5. Il quinto motivo denuncia vizio di motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio rappresentato dal difetto di disamina del secondo motivo d’appello inerente al computo dell’anno 1998 fra quelli utili ai fini dell’anzianità contributiva seppure con valore contributivo pari a zero, posto che la sentenza impugnata aveva del tutto omesso di giudicare sul punto ritenendo di potersi esimere in ragione della decisione sulla mancata prescrizione del credito contributivo per l’anno 1998.

6. Il sesto motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la nullità della sentenza per omessa pronuncia sempre con riferimento al motivo d’appello inerente al computo dell’anno 1998 fra quelli utili ai fini dell’anzianità contributiva seppure con valore contributivo pari a zero, non essendo tale domanda alternativa o subordinata a quella principale.

7. Preliminarmente va osservato che non è accoglibile la richiesta di rinvio a nuovo ruolo della discussione della causa avanzata dal ricorrente, accompagnata alla dichiarazione di aver inoltrato, per mero spirito conciliativo, richiesta di definizione agevolata della cartella oggetto del presente giudizio ex D.L. n. 34 del 2019, posto che di tale richiesta non è stata depositata alcuna copia al fine di consentirne l’esame a questa Corte di cassazione.

8. Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.

9. Vanno trattati congiuntamente i primi tre motivi in quanto connessi. Attraverso la denuncia di vizio di motivazione, sostanzialmente, il ricorrente si duole che il ragionamento del giudice d’appello sia viziato in quanto lo stesso è approdato al convincimento che il credito contributivo riferito all’anno 1998, il cui decorso del termine prescrizionale è iniziato il 19 luglio 1999, non è prescritto in ragione della sussistenza di due atti interruttivi costituiti dalla lettera raccomandata recapitata il 10 dicembre 2003 e di quella recapitata il 19 luglio 2008. Tale approdo, ad avviso del ricorrente, sarebbe viziato in quanto poggiato a sulla scelta – non motivata – di non riconoscere valore dominante, circa la prova della effettiva residenza e sede dello studio legale, alle risultanze anagrafiche e del Consiglio dell’ordine degli avvocati rispetto al ragionamento presuntivo prescelto. Ulteriore vizio motivazionale viene ravvisato nell’erronea affermazione della ammissione dell’avvenuta ricezione della raccomandata datata 26 aprile il 10 dicembre 2003, laddove il ricorrente aveva ammesso di averla ricevuta il 26 aprile 2003.

10. I motivi sono incentrati su critiche alla motivazione non più suscettibili di rientrare nel vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), considerato, peraltro, che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 28 ottobre 2014 per cui trova applicazione il testo, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012.

11. Questa Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 8053 del 2014) ha affermato che la nuova formulazione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Inoltre, Cass. n. 27515 del 2018 ha pure chiarito che la nuova formulazione ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

12. Nel caso di specie, nessuno degli elementi essenziali per la configurazione del vizio qui denunciato è stato evidenziato. Il ricorrente, infatti, lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto provata la circostanza che il destinatario della raccomandata recapitata il 19 luglio 2008 avesse mantenuto un recapito presso il vecchio indirizzo dello studio e dell’abitazione, fondando tale convincimento sulla considerazione che l’esame delle cartoline di ricevimento delle raccomandate recapitate nel dicembre 2003 e di quella recapitata nel 2008 dimostrava che l’agente postale che aveva recapitato i due diversi plichi e l’incaricato alla loro ricezione fossero le medesime persone. Ciò alla luce della ulteriore considerazione che in seno alla comunicazione di cui al modello 5 relativa all’anno 2008 non era stata indicata alcuna variazione di sede professionale o di residenza. La significatività dei dati testè citati ha indotto la Corte di merito, che a pagina 3 mostra di aver ben presente che l’avvocato T. invocava le risultanze sia dell’Ordine degli avvocati di Roma che dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Roma, a ritenere non rilevante il mero dato emergente da tali risultanze. Ancora, la Corte d’appello non ha reso una motivazione viziata in punto di prova del recapito della raccomandata datata 26 aprile 2003 alla data del 10 dicembre 2003, posto che in realtà, una volta che certamente il destinatario aveva ammesso di aver ricevuto il plico, tale data è tratta dalla sentenza dall’esame diretto della cartolina di ricevimento che è stata comparata a quella relativa alla raccomandata del 19 luglio 2008.

13. Come è evidente la Corte territoriale non ha trascurato l’esame di alcun fatto storico oggetto di discussione tra le parti e decisivo per il giudizio ma ha valutato il materiale istruttorio acquisito secondo un apprezzamento tipico del giudice di merito di cuì ha dato, peraltro, perfettamente conto. Va, peraltro, ricordato che quanto al valore probatorio delle risultanze anagrafiche, questa Corte di legittimità ha affermato un principio opposto a quello sotteso alla tesi difensiva del ricorrente. In particolare, (vd. Cass. n. 26895 del 2009, Cass. 1550 del 2013) si è affermato che che fini della corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario assume rilevanza esclusiva il luogo ove questi dimori di fatto in via abituale, con la conseguenza che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza, e possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi anche mediante presunzioni. Il relativo apprezzamento costituisce valutazione demandata al giudice di merito e sottratta al controllo di legittimità, ove adeguatamente motivata.

14. Il quarto motivo, che censura l’accertamento dell’effettivo recapito della raccomandata il 19 luglio 2008 sotto il profilo della violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., è pure infondato.

15. E’ stato affermato condivisibilmente che compete alla Corte di Cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino o no ascrivibili alla fattispecie astratta (Cass. 17535/2008). Se è sicuramente devoluto al monopolio del giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, tale giudizio, tuttavia, non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’invocato art. 360 c.p.c., n. 3, se, violando i succitati criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziarlo a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne la capacità di assumere rilievo in tal senso, ove valutati nella loro sintesi (Cass. 9760/2015 e 19894/2005)” (così Sez. 5, sentenza n. 17183 del 2015).

16. La violazione di legge in questo caso comporta, dunque, che il ragionamento presuntivo, divergendo dallo schema normativo che lo ammette quale fonte di prova, sia carente – come sopra affermato – nel suo momento di sintesi, ovvero nella fase di sussunzione sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione, concordanza) di fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti.

17. Nessuno di tali vizi inficia la sentenza impugnata che, anzi, partendo dal fatto certo e documentato che l’agente postale ha dato atto di aver recapitato la raccomandata di cui si discute, diretta all’avvocato T.S., presso l’indirizzo di via (OMISSIS) (lo stesso indicato dall’avvocato T. nella dichiarazione di cui al modello 5), consegnandola a persona che si è affermata idonea a tale attività, ha correttamente applicato il principio espresso da questa Corte di legittimità secondo il quale ai sensi dell’art. 1335 c.c., l’indirizzo del destinatario, presso il quale deve giungere la dichiarazione recettizia, non necessariamente coincide con i luoghi di individuazione delle persone fisiche (domicilio, residenza, dimora) o degli enti collettivi (sede), potendo identificarsi in un diverso luogo preventivamente indicato, in ragione di un collegamento di altra natura, dal destinatario e, pertanto, rientrante nella propria sfera di dominio e di controllo (Cass. n. 19524 del 2019, Cass. n. 18272 del 2002).

18. Anche i motivi quinto e sesto, da trattare congiuntamente, sono infondati. Con i medesimi si deduce che la stessa questione, relativa alla omessa pronuncia sulla domanda di accertamento del diritto del ricorrente a vedersi considerato l’anno 1998, nonostante la prescrizione dell’obbligo contributivo e la consequenziale impossibilità di effettuare il relativo versamento, ai fini dell’anzianità assicurativa seppure a reddito zero, integri i due differenti vizi di motivazione, lamentando la mancata considerazione del secondo motivo del ricorso in appello, e di violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla medesima domanda.

19. La sentenza impugnata, che non ha quindi omesso di pronunciarsi, ha correttamente ed esplicitamente considerato che l’accertamento negativo del maturarsi della prescrizione, confermando l’obbligo contributivo per l’anno 1998, impediva in radice la formulazione del giudizio sulla questione della computabilità – ai fini dell’anzianità assicurativa – delle annualità per le quali la prescrizione si è invece verificata.

20. Si tratta del cosiddetto assorbimento improprio che si realizza quando la decisione cd. assorbente, in questo caso l’accertamento che nessuna prescrizione dell’obbligo si è verificata, esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande e non integra il vizio di omessa pronuncia, (cfr. Cass. n. 16041 del 2018; Cass. n. 28663 del 2013; Cass. n. 7663 del 2012).

21. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5300,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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