Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28446 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 05/11/2019), n.28446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16996/2014 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO

BONAMICO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del Commissario Straordinario pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO e ANTONIETTA CORETTI;

– controricorrente –

e contro

Z.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 201/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/03/2014, R.G.N. 1047/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MONICA GRASSI per delega verbale Avvocato ARTURO

MARESCA;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Torino, con sentenza dell’11 marzo 2014, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto l’opposizione, svolta da Trenitalia s.p.a., avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto il pagamento, congiuntamente o disgiuntamente con la s.p.a. P.M. Ambiente (di seguito P. M. Ambiente), di somme per ferie non fruite, ROL, rateo 14 mensilità, TFR, in favore di Z.F., e aveva condannato TRENITALIA s.p.a. al pagamento, in favore del predetto lavoratore, e per quanto in questa sede rileva, della somma di Euro 41.831,65 per TFR, al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali.

2. In riferimento alla domanda di accertamento che TRENITALIA s.p.a. assumeva di avere proposto nei confronti dell’INPS, per ottenere, dal Fondo di garanzia, quanto pagato, a titolo di TFR, al lavoratore dipendente della società appaltatrice P. M. Ambiente s.p.a., fino al 3.12.2009, quale committente obbligato con vincolo di solidarietà, la Corte di merito riteneva preclusi esame e relativa statuizione per non essersi mai costituito, nel giudizio di primo grado, il contraddittorio con l’ente previdenziale, e per non essere suscettibile di gravame il provvedimento negativo del Tribunale sulla richiesta dell’opponente di chiamare in causa l’ente previdenziale, peraltro costituitosi in sede di gravame.

3. La Corte di merito riconosceva, inoltre, la responsabilità solidale della società, per il pagamento del TFR, alla stregua del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, vigente all’epoca della cessazione del rapporto lavorativo, per essere Trenitalia subentrata a Ferrovie dello Stato nel contratto in essere con l’appaltatore P. M. Ambiente, acquisendo la qualifica di committente anche per il periodo precedente e, in tal modo, succedendo alla società cedente anche ai fini dell’operatività della garanzia, posta a favore dei dipendenti dell’appaltatore, dall’art. 1676 c.c., ben prima dell’entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 276; affermava, pertanto, la responsabilità solidale della società alla stregua delle disposizioni succedutesi nel tempo (L. n. 1369 del 1960, art. 3, art. 1676 c.c., D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29); in accoglimento del gravame incidentale svolto dal lavoratore, e in considerazione dell’epoca di maturazione del diritto al pagamento del TFR (alla cessazione del rapporto di lavoro, nella specie in data 3 dicembre 2009), riconosceva, alla stregua del vigente del D.Lgs. n. 276 cit., art. 29, la responsabilità solidale della società in riferimento anche al periodo antecedente alla costituzione di Trenitalia (in data 1 dicembre 2000), ex art. 1676 c.c. e anche per le quote di TFR maturate dopo il 1 gennaio 2007; infine, rigettava la domanda proposta dalla società per la condanna al pagamento delle somme dovute al lavoratore, anche a titolo di TFR, nei soli importi netti, ritenendo, invece, che i crediti pecuniari del lavoratore andassero accertati e liquidati al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali.

4. Avverso tale sentenza ricorre Trenitalia s.p.a., con ricorso affidato a quattro motivi, cui resiste l’INPS, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria; Z.F. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo, deducendo plurime violazioni di legge (D.Lgs. n. 267 del 2003, art. 29, L. n. 1369 del 1960, art. 3, artt. 1676,2120,2697,2909 c.c., artt. 10,11 preleggi, artt. 112, 115,116, 324,346 c.p.c.) e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, la parte ricorrente assume che erroneamente la Corte di merito avrebbe fondato la responsabilità solidale di Trenitalia per le quote di TFR maturate prima del D.Lgs. n. 276 del 2003, sia sul D.Lgs. n. 276, art. 29, sia sull’art. 1676 c.c., sia sulla L. n. 1369 del 1960, art. 3, in tal modo riconoscendo un’obbligazione di pagamento anche per quote di TFR maturate prima del 24 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 276 cit.) e violando il giudicato interno giacchè la sentenza di primo grado aveva limitato l’applicazione del D.Lgs. n. 276, art. 29, alle quote di TFR maturate dopo l’indicato discrimine temporale.

6. Il motivo è da rigettare.

7. A parte il rilievo per cui, dalla lettura della sentenza ora gravata, risulta smentito l’assunto difensivo incentrato sul riferimento temporale, nella sentenza di primo grado, ai soli ratei di TFR successivi al mese di ottobre 2003, va osservato che il credito del lavoratore al TFR è sorto nel vigore del D.Lgs. n. 276, art. 29, perchè il rapporto di lavoro è cessato il 3 dicembre 2009, e la richiamata disposizione non delimita l’obbligazione solidale del committente ai ratei del T.F.R. maturati a decorrere dalla sua entrata in vigore.

8. Questa Corte, in fattispecie analoghe, ha ripetutamente affermato che il T.F.R. deve essere compreso tra i trattamenti retributivi previsti dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, stante la natura di retribuzione differita dell’istituto (cfr., da ultimo, Cass. n. 6333 del 2019, i precedenti ivi richiamati e successive conformi).

9. Ne consegue che in relazione ai periodi di esecuzione dell’appalto le quote di T.F.R. devono essere incluse nei trattamenti retributivi del cui pagamento il committente è solidalmente responsabile ai sensi del D.Lgs. n. 276 cit., art. 29 e tale affermazione ha trovato conferma sul piano del diritto positivo per effetto delle modifiche poi apportate dal D.L. n. 5 del 2012, art. 21, comma 1, conv., con mod., in L. n. 35 del 2012 (cfr., fra le altre, Cass. n. 10731 del 2016 e, da ultimo, Cass. n. 19339 del 2018 cit.).

10. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 420 c.p.c., comma 9, in relazione agli artt. 106,633 c.p.c. e segg., la parte ricorrente lamenta la soluzione accolta dalla Corte di merito sul gravame avverso il provvedimento di diniego della chiamata in causa dell’INPS.

11. Ebbene, la censura non incrina la statuizione della Corte territoriale, conformatasi alla regola per cui l’autorizzazione alla chiamata in causa di un terzo, su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., è atto discrezionale del giudice, come tale non suscettibile di impugnazione (v., Cass. Sez. U., n. 4309 del 2010 e numerose successive conformi), regola alla cui applicazione ha fatto seguito la preclusione alla disamina della domanda di accertamento proposta dalla società nei confronti dell’ente previdenziale.

12. Con il terzo motivo, deducendo violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 755-757, D.M. 30 gennaio 2007, artt. 2697 e 2120 c.c., in relazione del citato D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, la società assume che, diversamente da quanto statuito dalla Corte di merito, con decorrenza dal 1 gennaio 2007 la titolarità passiva del debito per TFR pertiene al Fondo di tesoreria istituito presso l’INPS.

13. Il motivo è infondato.

14. In continuità con i precedenti di questa Corte (v., da ultimo, Cass. n. 15961 del 2019) va ribadito che in tema di pagamento delle quote di TFR maturate dopo il 1 gennaio 2007, deve escludersi il relativo obbligo da parte del Fondo Tesoreria dello Stato, gestito dall’INPS, ove il datore di lavoro-appaltatore o il committente, obbligato solidale ex lege, non provino l’avvenuto versamento al Fondo, da parte di uno di essi, delle quote di TFR, costituendo tale circostanza un fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro, da provarsi a cura di chi lo eccepisca (Cass. n. 27014 del 2017; nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che aveva ritenuto la permanenza dell’obbligo a carico del datore di lavoro-appaltatore e del committente, solidalmente responsabili alla stregua del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2, che non avevano provato di aver effettuato i relativi versamenti al Fondo).

15. il versamento dei contributi al Fondo di Tesoreria costituisce fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro-appaltatore e, di conseguenza, nei confronti della committente, obbligata solidale ex lege e rientra, pertanto, nell’onere di allegazione e prova a carico di quest’ultima, che lo opponga in eccezione.

16. Trenitalia s.p.a. non poteva, pertanto, limitarsi a sostenere il proprio difetto di legittimazione passiva per le quote del TFR maturate dal gennaio 2007, ma avrebbe dovuto allegare (e provare) i versamenti al Fondo di Tesoreria effettuati dalla società-appaltatrice (P. M. Ambiente s.p.a.) e il motivo di ricorso non indica, come necessario al fine della decisività della censura, le allegazioni compiute nelle fasi di merito circa l’effettivo versamento dei contributi al Fondo di tesoreria (da parte del datore di lavoro).

17. Questa Corte ha anche scrutinato la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che ha ritenuto infondata evidenziando la peculiarità delle due situazioni a confronto, che giustifica la diversità delle discipline (cfr. Cass. n. 20327 del 2016, Cass. nn. 8955, 10777 del 2017, Cass. n. 3885 del 2018).

18. Con l’ultimo motivo si ripropongono, in parte, le censure già svolte con il primo mezzo e, pertanto, già oggetto di disamina, e si svolge, inoltre, ulteriore profilo di censura, per violazione del già richiamato del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, nonchè del D.L. n. 997 del 2008, art. 3, comma 8 e del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, assumendo che la condanna debba essere al netto delle ritenute fiscali.

19. Anche l’ultimo mezzo non è meritevole di accoglimento.

20. Richiamando quando già detto, in uno dei precedenti paragrafi, sulla natura di retribuzione differita del TFR, l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive, in continuità con l’orientamento costante di questa Corte, debbono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali, atteso che il meccanismo di queste ultime si pone in relazione al distinto rapporto d’imposta, sul quale il giudice chiamato all’accertamento e alla liquidazione delle spettanze retributive (come pure all’assegnazione delle relative somme in sede di esecuzione forzata) non ha il potere d’interferire, restando le dette somme assoggettate a tassazione, secondo il criterio cd. di cassa e non di competenza, soltanto una volta che saranno dal lavoratore effettivamente percepite (v., fra le tante, Cass. n. 21010 del 2013; Cass. n. 18044 del 2015 e successive conformi).

21. In conclusione, il ricorso è da rigettare.

22. Le spese, liquidate come in dispositivo in favore dell’INPS, seguono la soccombenza; non si provvede alla regolazione delle spese per la parte che non ha svolto attività difensiva.

23. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate, in favore dell’INPS, in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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