Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28443 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. I, 22/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO s.r.l. LA TARTUFAIA, in persona del curatore Dott.

V.E., rappresentato e difeso per procura in calce al

ricorso dall’avv. DI MARTINO Vincenzo ed elett.te dom.to nello studio

del medesimo in Roma, Viale Parioli n. 63;

– ricorrente –

contro

D.S.A. e F.G., rappresentati e difesi

dall’avv. MARAZZITA Giuseppe ed elett.te dom.ti presso lo studio del

medesimo in Roma, Via Otranto n. 47;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 649/06

depositata il 6 febbraio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

novembre 2011 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito per il ricorrente l’avv. Vincenza DI MARTINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità o il

rigetto del ricorso, con condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I sigg. F.G. e D.S.A. proposero il 24 novembre 2003 istanza tardiva di ammissione al passivo del fallimento della s.r.l. La Tartufaia. La domanda fu accolta dal Tribunale di Tivoli con sentenza, con la quale tuttavia fu escluso il rimborso delle spese processuali in considerazione della mancata richiesta degli attori e della contumacia della curatela.

La Corte d’appello di Roma, in accoglimento del gravame degli originari attori e nella persistente contumacia del fallimento, ha condannato quest’ultimo anche alle spese del giudizio di primo grado, sul rilievo che tale condanna va pronunciata d’ufficio senza necessità di istanza della parte vittoriosa, che del resto nella specie l’aveva pure formulata in udienza, depositando anche la nota spese.

Il curatore ha quindi proposto ricorso per cassazione con un solo motivo, cui gli intimati hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione della L. Fall., art. 101 e art. 91 c.p.c., e segg.. Premesso che, ai sensi della L. Fall., art. 101, u.c. (nel testo anteriore alla riforma introdotta con dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 86), al creditore insinuatosi tardivamente il rimborso delle spese processuali spetta solo nel caso in cui il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile, si sostiene che il Giudice delegato (rectius: il Tribunale) non avrebbe potuto condannare il fallimento alle spese processuali in difetto di istanza del creditore di esonero dalla responsabilità per il ritardo nella presentazione dell’istanza.

1.1. – Il motivo è infondato.

La L. Fall., art. 101 (testo originario), nel disporre che, nel caso di dichiarazione tardiva di eredito, “il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile”, sì ispira all’esigenza di tenere indenne l’amministrazione del fallimento da spese dovute a colpa del creditore che si insinui tardivamente. Questa esigenza sussiste esclusivamente per quelle spese dell’insinuazione tardiva che non siano richieste dall’insinuazione tempestiva, perchè soltanto tali spese possono ritenersi causate dal ritardo e quindi giustificano una responsabilità del creditore; essa non ricorre, invece, per le spese del procedimento contenzioso che sia eventualmente promosso con la opposizione all’insinuazione tardiva, in guisa non diversa da quella del giudizio di cognizione cui da luogo l’opposizione alla insinuazione tempestiva. In questo secondo caso non viene in rilievo il ritardo nella insinuazione, con la relativa responsabilità, bensì il giudizio d’opposizione con la corrispondente responsabilità per la sua instaurazione nel caso di soccombenza;

ragion per cui alla regola dell’art. 101, predetto subentra quella dell’art. 91 c.p.c., per la quale le spese del giudizio debbono far carico alla parte che ad esso ha dato ingiustamente causa (cfr. la risalente Cass. 1822/1974, cui il Collegio ritiene di dare continuità non condividendo le aperture in senso contrario presupposte dalla più recente Cass. 10854/2003).

Nella specie si è verificata appunto 1’ipotesi dell’opposizione del curatore alla domanda tardiva, visto che l’ammissione è stata disposta con sentenza e non con decreto ai sensi del cit., art. 101, comma 3; sicchè non vi è spazio per l’applicazione dell’ultimo comma dello stesso articolo.

3. Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 600,00, di cui 500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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