Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28443 del 07/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 07/11/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 07/11/2018), n.28443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25103-2014 proposto da:

KLIMAK TECNICAIR S.A.S. DI R.R. & C., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO CIGLIANO, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

P.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2588/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/04/2014 R.G.N. 933/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2018 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) Con sentenza n.2588 del 2014 la corte di appello di Roma ha respinto il ricorso della società Klimak Tecnicair sas avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma nel 2008 di accoglimento della domanda di P.C., assunto dalla società in qualità di apprendista, diretta a far accertare il diritto all’inquadramento di lavoratore di 4^ livello di cui al CCNL settore commercio, per il periodo di durata del rapporto dal 15.1.2004 al 21.7.2005, con condanna della società al pagamento delle differenze retributive pari ad Euro 11.691,00.

2) La corte ha ritenuto che l’istruttoria esperita in primo grado avesse consentito di ritenere provato quanto dedotto dal lavoratore, avendo i testi escussi confermato che il P. aveva svolto le mansioni di addetto alla vendita al pubblico, come da declaratoria contrattuale di 4^ livello, svolgendo in maniera autonoma l’attività di acquisizione di ordini mediante offerte telefoniche ai clienti, intrattenendoli, preparando le offerte scritte, e smaltendo autonomamente le offerte di routine; che inoltre nulla era emerso in merito ad un’attività di addestramento o di formazione che giustificasse l’inquadramento nella qualifica di apprendista.

3)Ha infine ritenuto la corte territoriale che non era censurabile la decisione del tribunale di non acquisire agli atti di causa, come richiesto dalla società, il documento tardivamente esibito in udienza, stante la tardività dell’istanza.

4)Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società Klimak con tre motivi. E’ rimasto intimato il P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5)Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la corte errato nel ritenere che P. avesse assolto l’onere probatorio a suo carico, oltre che l’onere di dedurre specificatamente le mansioni svolte, inquadrabili nel 4^ livello del CCNL, non come mero apprendista, omettendo anche di dedurre che la società gli aveva fatto svolgere un corso di formazione per agenti e che la preparazione tecnica gli veniva impartita dal legale rappresentante. Avrebbe poi errato la corte di merito nel non considerare quanto emerso dalle deposizioni dei testimoni escussi in primo grado che avevano riferito in merito alle informazioni tecniche ed alle istruzioni che il P. riceveva dal legale rappresentante nell’espletamento delle sue mansioni.

6) Il motivo è inammissibile perchè ciò che la ricorrente lamenta non è una violazione delle norme di diritto richiamate, in termini di un’ errata distribuzione dell’onere probatorio da parte della corte distrettuale per aver mal individuato il soggetto onerato di fornire la prova del diritto che si intende far valere e neanche di aver ritenuto provato il fatto costitutivo della domanda del P. in assenza di qualsiasi acquisizione di prove; essa censura la sentenza per aver mal valutato le risultanze probatorie dell’istruttoria testimoniale svolta in primo grado. Prove testimoniali che infatti riproduce, peraltro in maniera frammentaria, così formulando a questa corte un’ inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni testimoniali al fine di verificare l’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione sarebbe mancata o sarebbe stata insufficiente. Operazione del tutto preclusa in questa sede di legittimità.

7)Con il secondo motivo la società deduce la violazione dell’art. 421 c.p.c., artt. 24 e 101 Cost., per avere la corte distrettuale confermato la tardività della produzione, richiesta in primo grado, del quaderno manoscritto del P., documento che avrebbe provato l’avvenuta formazione a cui il lavoratore era stato sottoposto, non facendo così uso dei suoi poteri officiosi di cui all’art. 421 c.p.c., perchè la prova richiesta e non ammessa era funzionale a contestare le asserzioni del P. circa lo svolgimento di mansioni superiori ed in piena autonomia.

8)Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza perchè non trascrive l’istanza con cui sarebbe stata avanzata la richiesta di produzione del documento nè trascrive il contenuto al fine di verificarne la potenziale decisività.

9)Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta un omesso esame circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per non aver tenuto conto di quanto era emerso dalle deposizioni dei testimoni escussi in primo grado, da cui si ricavava la non autonomia del P. nello svolgere le mansioni affidategli e la costante attività di formazione svolta dal legale rappresentante nei suoi confronti.

10) Anche tale motivo è inammissibile. Le censure in realtà hanno ad oggetto l’iter motivazionale della sentenza impugnata che, a dire della ricorrente, avrebbe ritenuto provate le circostanze dedotte in ricorso ed oggetto di testimonianza, relative all’attività svolta ed al grado di autonomia con cui la prestazione lavorativa era eseguita, senza addestramento e formazione propria dell’apprendistato. Tali censure non sono oramai ammissibili, perchè il vizio censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, consente soltanto di denunciare un vizio relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo- vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia- secondo l’insegnamento delle SU n. 8053 e n. 8054 del 2014.

11)In sostanza, il motivo di ricorso deve riguardare la motivazione in ordine alla sussistenza di un fatto, che deve essere, a sua volta, controverso e decisivo, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (Così Cass. n. 9866/2017). La società ricorrente non ha indicato il fatto, nè, tanto meno, ha spiegato perchè sarebbe controverso e decisivo, ma ha lamentato una mancata o comunque errata valutazione delle prove testimoniali;

12)Il ricorso deve pertanto essere respinto, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, cui va aggiunto il pagamento del contributo previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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