Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28442 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. I, 22/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.D.J.G.F. (c.f.

(OMISSIS)), C.D.J.A. (c.f.

(OMISSIS)) e C.D.J.B. (c.f.

(OMISSIS)) in proprio e quale procuratore di F.

A.P. (c.f. (OMISSIS)) e F.A.

A. (c.f. (OMISSIS)) giusta procura generale alle

liti per notar Vittorio Iazzetti di Napoli in data 27 ottobre 1988 n.

88867 rep., rappresentati e difesi dagli avv.ti BOCCARDI Mario e

Piero per procura in calce al ricorso ed elett.te dom.ti in Roma, Via

Giuseppe Gioacchino Belli n. 96 presso la sig.ra Anna Sallustio;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO D.P.F. in persona del curatore avv.

V.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 977/05

depositata il 18 ottobre 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

novembre 2011 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel marzo 1980 i sigg. C.d.J.B., G.F. e A. e le sig.re F.A. P. e A. convennero davanti al Tribunale di Bari la Coop. edilizia Oriente nonchè i sigg. A.G., S.G., C.A. e S.F.. Premesso che con scrittura privata autenticata avevano venduto alla cooperativa talune superfici fabbricabili in (OMISSIS) e che con separata scrittura non autenticata in pari data il presidente della cooperativa sig. R.C. ed il costruttore sig. D.P. F. si erano impegnati, in luogo del pagamento del prezzo, a trasferire agli attori talune porzioni dell’immobile da edificarsi su quelle aree, e che tale impegno era rimasto inadempiuto avendo la cooperativa assegnato ai sigg. A. e S. e ai sigg.

C. e S. due dei tre appartamenti promessi a loro, gli attori domandarono l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire, il rilascio degli appartamenti, il pagamento della penale pattuita e il risarcimento del maggior danno.

Tutti i convenuti resistettero. In particolare, la cooperativa fece presente che la scrittura del 30 dicembre 1972 non le era opponibile non essendo il presidente autorizzato a firmarla e i sigg.

A., S., C. e S. facendo presente di aver acquistato i rispettivi appartamenti con atto trascritto anteriormente alla citazione in giudizio. Gli attori chiamarono quindi in causa il sig. R.C. e il curatore del fallimento di D.P.F. – i quali si costituirono – per essere garantiti in ordine alle pretese economiche (penale e risarcimento) per l’eventualità che non fosse disposta l’esecuzione in forma specifica del trasferimento.

Il Tribunale, preso atto della ineseguibilità del trasferimento degli immobili, rigettò qualsiasi domanda nei confronti degli acquirenti sigg. A., S., C. e S. nonchè del sig. R., e condannò la cooperativa e il fallimento del D.P. in solido al pagamento della penale e al risarcimento degli ulteriori danni.

Il curatore fallimentare propose appello osservando che, a causa del decesso del suo procuratore in corso di causa, tutti gli atti processuali successivi erano nulli; che le domande di pagamento rivolte nei confronti della massa erano improcedibili dovendo essere proposte nella competente sede concorsuale ai sensi della L. Fall., art. 93, e segg.; che la scrittura non autenticata del 30 dicembre 1972 non era opponibile alla massa stessa essendo priva di data certa anteriore al fallimento.

I sigg. C.d.J. e F.A. resistettero al gravame e proposero anche appello incidentale per una più favorevole liquidazione del risarcimento.

La Corte di Bari ha accolto l’appello principale e dichiarato inammissibile l’appello incidentale.

La Corte ha anzitutto respinto l’eccezione di nullità della notifica dell’atto di appello, osservando che la stessa era stata eseguita con le modalità di cui all’art. 140 c.p.c., presso lo studio del procuratore degli originari attori in (OMISSIS); che la circostanza dell’impossibilità di leggere per intero, nella relata, l’indicazione dell’art. 140 c.p.c., era ininfluente dato che l’esecuzione dei relativi adempimenti, compreso il deposito, l’affissione e la spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento, era comunque attestata; che in difetto di querela di falso era irrilevante la deduzione della mancanza del rituale avviso;

che comunque la pretesa nullità era sanata dall’avvenuta costituzione degli appellati.

Ha quindi dichiarato la nullità degli atti del giudizio di primo grado successivi alla morte del difensore del fallimento e, decidendo – nella inapplicabilità del disposto dell’art. 354 c.p.c. – le ulteriori questioni poste, ha dichiarato l’improcedibilità delle domande rivolte nei confronti del fallimento dovendo le stesse essere proposte secondo il procedimento di insinuazione dei crediti al passivo fallimentare.

I sigg. C.d.J. e F.A. hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati anche da memoria, cui non ha resistito la curatela intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si sostiene l’inesistenza della notifica dell’atto di appello avendo l’ufficiale notificante fatto riferimento, nella relata, all’art. 40 c.p.c. e art. 57 c.p.p..

1.1. – Il motivo è infondato, perchè l’errata indicazione di norme processuali nella relata di notifica non comporta l’inesistenza della notifica stessa, rilevando a tal fine soltanto la presenza degli elementi indispensabili per la configurabilità di un atto di quel tipo.

2. – Con il secondo motivo, ritenuta l’inscindibilità o comunque l’interdipendenza della domande di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e di pagamento della penale e risarcimento del danno, si deduce la nullità della sentenza impugnata per avere la Corte d’appello, in primo luogo, omesso di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti della altre parti del giudizio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., o, comunque, la notifica alle medesime dell’impugnazione ai sensi dell’art. 332, e per non avere, in secondo luogo, ritenuto la non separabilità della seconda domanda dalla prima, con conseguente illegittima declaratoria di improcedibilità della stessa, che invece avrebbe dovuto essere esaminata unitamente all’altra nel giudizio ordinario intrapreso.

2.1. – Il motivo è infondato.

Tra la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e quella di pagamento della penale e risarcimento del danno per il caso di impossibilità della predetta esecuzione esisteva certamente un rapporto di dipendenza, secondo la previsione di cui all’art. 331 c.p.c, trattandosi di domande alternative E’ pur vero, però, che in appello la domanda di esecuzione in forma specifica non è stata più coltivata da alcuno, dato che nè l’appello principale della curatela, nè l’appello incidentale degli originari attori poneva in discussione, espressamente o implicitamente, il rigetto di essa pronunciato dal Tribunale, che è dunque passato in giudicato.

Non si poneva, conseguentemente, a tal riguardo nessuna esigenza di integrazione del contraddittorio in appello.

Le domande di condanna in solido al pagamento della penale e al risarcimento dei danni proposte nei confronti di vari soggetti, ed accolte nei confronti della cooperativa e del fallimento, erano, poi, fra loro scindibili; dunque l’omissione della litis denuntiatio ai sensi dell’art. 332 c.p.c., non comporta nullità della sentenza di appello una volta che sia decorso anche nei confronti dei litisconsorti facoltativi – come nella specie – il termine per appellare (cfr., fra le molte, Cass. 9648/2007, 1013/2003, 6802/1999).

Nè, infine, l’originario vincolo di dipendenza tra la domanda di esecuzione in forma specifica e la domanda risarcitoria avrebbe consentito il simultaneus processus nella sede ordinaria, essendo semmai la causa ordinaria, connessa a quella di ammissione al passivo fallimentare, ad essere attratta nella sede speciale concorsuale (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 21499/2004, 23077/2004).

3. Il ricorso va in conclusione respinto. In mancanza di attività difensiva della parte intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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