Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28441 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. I, 22/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23857/2006 proposto da:

T.F. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 71, presso l’avvocato ARIETA

Giovanni, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA, TIVU’ + S.P.A. IN

LIQUIDAZIONE, F.A.;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 23/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ARIETA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma, con decreto depositato il 23/6/2006, in accoglimento del reclamo del Pubblico Ministero e dell’interveniente litisconsortile liquidatore della TIVU+spa, ha annullato il decreto di liquidazione del G.D., depositato il 30/11/2005, e in riferimento all’incarico, visti del D.M. 30 maggio 2002, art. 2 e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, ha liquidato al Dott. T.F., ausiliario del G.D., la somma di Euro 61.537,92, oltre Iva e cassa previdenza, e dichiarato inammissibili le domande di restituzione di quanto indebitamente versato e di emissione di nota di credito, proposte dal liquidatore della TIVU+, per carenza di legittimazione, compensando tra le parti le spese di lite.

Il Dott. T., nominato Consulente Tecnico il 26/10/05, per verificare l’analisi delle scritture contabili depositate a corredo della domanda di concordato in relazione alla corrispondenza formale dei dati esposti in ricorso, per l’accertamento della veridicità dei dati aziendali e la verifica della fattibilità del piano di ristrutturazione, aveva chiesto la liquidazione dell’onorario su un valore della consulenza di Euro 33.312.547,00, proponendo in alternativa: Euro 190.836,00 ai sensi dell’art. 31, n. 1, lett. a) della Tariffa professionale, ovvero l’importo di Euro 30.697,98, raddoppiato della L. n. 319 del 1980, ex art. 5 in Euro 61.537,92, adeguato in base al D.M. 30 maggio 2002.

Il G.D. aveva liquidato euro 190.000,00 ai sensi dell’art. 31 cit..

Proponeva opposizione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, lamentando la mancata considerazione del C.T. come “ausiliario” Giudice, da cui l’applicabilità del D.M. 30 maggio 2002, richiamato dagli artt. 49 e 50 del T.U.S.G., con liquidazione in euro 1180,00 per il primo quesito a vacazioni, ed in Euro 10256,56 del D.M. 30 maggio 2002, ex art. 2, per il secondo, comprensivo del terzo.

Il Dott. T. eccepiva la carenza di legittimazione del P.M., chiedeva in subordine applicarsi la Tariffa professionale o comunque, i criteri di liquidazione di cui alla L. n. 319 del 1980, artt. 2 e 5; il liquidatore della società debitrice aderiva al reclamo, ed in via autonoma, concludeva per la revoca del provvedimento di liquidazione e per la condanna del Dott. T. alla restituzione di quanto già corrisposto, o dell’inferiore importo risultante in eccesso dopo la liquidazione, disponendo che per tale esubero venisse emessa nota di credito dall’accipiens, per consentire il recupero della ritenuta d’acconto già versata.

Il Commissario giudiziale eccepiva la carenza di legittimazione del P.M..

Il Tribunale ha in primis ritenuto proposta domanda L. Fall., ex art. 26 e non ex art. 170 T.U.L.S.G., avendo il primo ricorso natura di rimedio tipico, destinato ad operare in tutti i casi nei quali non è stato previsto un diverso mezzo di impugnazione contro i decreti del G.D., per cui non può essere ritenuto prevalente il rimedio generale introdotto successivamente dal TU cit..

Ha quindi ritenuto tempestivo il reclamo ed ha concluso per la legittimazione ad impugnare del P.M., rilevando che: vige senza modifiche la L. Fall., art. 162, da interpretarsi secondo le condizioni oggi richieste dalla novella; ne consegue che v’è obbligo di sentire il P.M.; se si ritenesse abrogato la L. Fall., art. 162, non si capirebbe il rinvio della L. Fall., art. 179, che in caso di mancata approvazione da parte dei creditori del concordato, impone al giudice di riferire al tribunale, che deve provvedere L. Fall., ex art. 162, comma 2; la specialità della normativa delle procedure concorsuali induce a ritenere che il P.M., che deve essere obbligatoriamente sentito, acquista legittimazione ad esprimere giudizi e proporre istanze, anche istruttorie, oppure non intervenire affatto, con le conseguenti facoltà di esprimere censure in relazione ai provvedimenti emessi; a volere ritenere applicabile la disciplina generale, si deve ritenere che il fondamento del parere richiesto non può che poggiare sull’art. 70 c.p.c., comma 1, n. 5:

si tratta di intervento obbligatorio e non facoltativo, e ciò sia che il Tribunale intenda dichiarare l’inammissibilità del concordato preventivo che l’ammissione alla procedura; nella specie, il P.M. era intervenuto esprimendo il suo parere motivato sull’ammissibilità e fondatezza del concordato preventivo, si era già “costituito”, e dunque gli competevano i poteri di istanza ed istruttori propri della parte costituita; a nulla rileva che le spese della C.T.U. non possano essere a suo carico e difetti quindi un interesse concreto, atteso che l’interesse ritenuto dalla legge e che determina l’obbligatorietà dell’intervento è di natura pubblicistica, e sì riferisce alla retta applicazione delle norme ed al corretto svolgimento del concordato.

A ritenere trattarsi di procedimento di volontaria giurisdizione, continua il Tribunale, va posto l’accento sull’art. 740 c.p.c., che consente espressamente al P.M. di proporre reclamo contro i decreti del Tribunale per i quali è necessario il suo parere, con una disposizione applicabile a tutti i procedimenti camerali, ex art. 742 bis c.p.c.; se il P.M. “agente” è considerato “come la parte”, ed è titolare di tutti i poteri, compreso quello di impugnazione, il P.M. interveniente ha una “posizione circoscritta dall’azione della parte”, quindi può svolgere pienamente attività processuale alìinterno del giudizio promosso dalla parte.

Il Tribunale ha ritenuto altresì l’intervento in via adesiva ed autonoma o litisconsortile del liquidatore della società, a cui spettano tutti i poteri processuali di chi è titolare chi propone una domanda, salve le eventuali preclusioni, nella specie non contestate dalle altre parti.

Nel merito, il Tribunale ha ritenuto applicabili le tabelle approvate con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ai sensi della L. n. 400 del 1988, art. 17, commi 3 e 4, come specificato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 50, di portata generale e comunque in via di interpretazione analogica; applicato l’ art. 2 del D.M. cit., non contestato dal P.M. reclamante, quanto meno in relazione al secondo capo di consulenza, il Tribunale ha riconosciuto tre liquidazioni, per il totale di euro 30.697,98, aumentabile ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, ad Euro 61.537,92, oltre I.V.A. e C.P.A..

Il Tribunale ha infine respinto le domande di restituzione e di emissione della nota di credito proposte dal liquidatore della TIVU’+ s.p.a., per carenza di legittimazione.

Ricorre il Dott. T., sulla base di due articolati motivi.

Gli intimati Pubblico Ministero presso il Tribunale, TIVU’+ s.p.a. in liquidazione ed il commissario giudiziale nel concordato preventivo della TIVU’+ s.p.a. in liquidazione non hanno depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo articolato motivo, il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 26, artt. 69- 72 c.p.c., della L. n. 319 del 1980 (in particolare, artt. 1 e 11), dell’art. 220 c.p.p., e segg., e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170.

Premessa la ricorribilità del decreto in oggetto ex art. 111 Cost., il ricorrente deduce, di contro alle argomentazioni del Tribunale, che la carenza assoluta, in capo al P.M., del potere di proporre reclamo è desumibile dall’art. 72 c.p.c., come interpretato dalla giurisprudenza ed è di fondamentale importanza la distinzione tra P.M. agente ed interveniente, che si risolve nella netta differenziazione dei poteri assegnati dalla legge nei due casi; il potere di impugnazione è speculare al potere di azione ed è predicabile qualora la legge riconosca il potere di proporre la domanda, a prescindere dal ravvisare la sussistenza di un pubblico interesse(peraltro sempre sussistente).

La legittimazione del P.M., sotto altro concorrente profilo, è stata esclusa dalla pronuncia del S.C. 11975 del 2002, le cui conclusioni trovano puntuale riscontro, in jure, nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, comma 1, che individua la legittimazione quoad rationem, volta per volta ed a seconda dei casi, a condizione che i soggetti indicati abbiano la corrispondente legittimazione ad attivare il procedimento liquidatorio.

1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 162 e 26, artt. 69-72 c.p.c..

In subordine, la legittimazione è esclusa dalla natura “facoltativa” della partecipazione del P.M. al procedimento in questione, ai sensi della L. Fall., art. 162, dopo la modifica della disciplina del concordato preventivo introdotta dal D.L. n. 35 del 2005, convertito nella L. n. 80 del 2005, alla stregua della prevalenza dell’elemento privatistico e negoziale rispetto a quello pubblicistico della “vecchia” legge fallimentare e per l’attenuazione del ruolo e dei poteri del Giudice, per lo più destinati all’esercizio di una funzione di controllo di legittimità, con limitati poteri di verifica del merito della proposta concordataria; nel contesto della nuova disciplina, l’espressione del parere del P.M. va intesa come obbligatoria solo nel caso in cui il Tribunale intenda dichiarare inammissibile la proposta di concordato e per questa via, aprire le porte alla dichiarazione di fallimento.

2.1- Il ricorso, pur ammissibile sotto il profilo della ricorribilità in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., incidendo il decreto di liquidazione su diritto soggettivo, ed avendo il decreto emesso in sede di reclamo i caratteri della definitività e decisorietà sul principio, tra le ultime, vedi le pronunce 15941/07 e 7782/07), è inammissibile sotto diverso profilo, come di seguito esposto.

Come si evince dal dispositivo del decreto del Tribunale e come altresì chiaramente evidenziato in parte motiva, il Giudice del merito ha accolto il reclamo proposto dal P.M. e dal liquidatore della TIVU’+ s.p.a., e, annullato il decreto di liquidazione del G.D., ha provveduto a nuova liquidazione del compenso al Dott. T.. Nella parte motiva, il Tribunale ha espressamente qualificato l’intervento del liquidatore della società come adesivo autonomo o litisconsortile, ex art. 105 c.p.c., comma 1, e non meramente adesivo, ovvero in funzione di sostenere le ragioni di una delle parti, ma per far valere un proprio diritto nei confronti di una delle parti, da ciò conseguendo la spettanza all’interveniente di tutti i poteri propri di chi propone una domanda, salvo le eventuali preclusioni di legge, non contestate nel caso dalle altre parti, e dunque anche della facoltà di reclamare il provvedimento di liquidazione del G.D..

Il Tribunale ha pertanto ritenuto proposto reclamo e dal P.M. e dal liquidatore della TIVU’+ s.p.a..

Il ricorrente, con la presente impugnazione, ha denunciato l’erroneità della pronuncia del Tribunale, per violazione e falsa applicazione di legge, in relazione alla ritenuta legittimazione del P.M. a proporre reclamo, e quindi ha impugnato la pronuncia, per la parte relativa al reclamo proposto dal P.M., mentre nessuna doglianza è stata proposta avverso la pronuncia, nella parte in cui ha accolto, in relazione alla liquidazione del compenso al C.T.U., il reclamo proposto dal liquidatore della società.

E’ nel caso applicabile il principio, chiaramente espresso nella sentenza delle S.U. 16602/05, e seguito dalle successive, tra cui le pronunce 3386/2011, 24540/09,13070/07 ex pluribus, secondo il quale, ove una sentenza od un capo di essa si fondino su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerli, è necessario non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo dell’impugnazione, la quale è intesa alla cassazione della sentenza, in toto od in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano; onde è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, perchè il ricorso avverso la sentenza, oppure il motivo d’impugnazione avverso il singolo capo di essa, debbano essere respinti nella loro interezza, le censure nell’uno o nell’altro contenute avverso le ulteriori ragioni poste a base della sentenza o del capo di essa impugnati divenendo inammissibili per difetto di interesse.

E’ agevole nel caso rilevare che, quand’anche l’impugnazione proposta si concludesse in senso favorevole al ricorrente, non ne conseguirebbe la cassazione del decreto del Tribunale, in relazione al capo di pronuncia relativo all’annullamento del decreto di liquidazione del G.D., con la conseguente liquidazione del compenso, per non essere stata impugnata la pronuncia anche nella parte in cui ha accolto il reclamo proposto dall’interveniente litisconsortile.

Nè, come osservato dal P.G., si potrebbe ipotizzare l’applicabilità nel caso dell’art. 336 c.p.c., non configurandosi, tra le due impugnazioni, del P.M. e del liquidatore interveniente, alcun rapporto di dipendenza, ma bensì di autonomia.

3.1.- Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese, non essendosi costituiti gli intimati.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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