Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28441 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. III, 14/12/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 14/12/2020), n.28441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di sez. –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 14659 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

G.A.S., (C.F.: (OMISSIS)),

C.A.G.S., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura

allegata al ricorso, dall’avvocato Sergio Alfano, (C.F.: LFN SRG

60E23 A638B);

– ricorrenti – controricorrenti al ricorso incidentale –

nei confronti di:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore (C.F.:

(OMISSIS));

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

Rettore, legale rappresentante pro tempore rappresentati e difesi

dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: 80224030587);

– controricorrenti – ricorrenti in via incidentale –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Messina n.

791/2016, pubblicata in data 19 dicembre 2016;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 20

ottobre 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I medici specializzati G.A.S. e C.A.G.S., deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, hanno agito in giudizio nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e dell’Università degli Studi di Messina, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le loro domande sono state rigettate dal Tribunale di Messina. La Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accolto parzialmente la sola domanda del C. e, esclusa la legittimazione dell’Università, ha condannato i due Ministeri convenuti al pagamento dell’importo di Euro 6.713,94 in favore di quest’ultimo.

Avverso tale decisione ricorrono il G. ed il C., sulla base di tre motivi.

Resistono con controricorso il M.I.U.R., il Ministero della Salute e l’Università degli Studi di Messina, che propongono a loro volta ricorso incidentale, sulla base di due motivi, cui resistono i ricorrenti con ulteriore controricorso.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

I ricorrenti G. e C. hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ricorso principale.

Con il primo motivo si denunzia “ex art. 360, n. 3; violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.”. Con il secondo motivo si denunzia “ex art. 360, n. 5; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Con il terzo motivo si denunzia “ex art. 360, n. 3; Violazione e falsa applicazione degli artt. 342,343,345 e 346 c.p.c.”.

I tre motivi del ricorso principale esprimono una censura unitaria, sono logicamente connessi e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente.

La decisione impugnata viene contestata nella parte in cui la corte di appello ha ritenuto non dimostrata la frequenza dei rispettivi corsi di specializzazione da parte degli attori per gli anni successivi al primo (e precisamente, per gli anni successivi al 1982/1983 per il G. e per quelli successivi al 1983/1984 per il C.), con conseguente integrale rigetto della domanda del G. (sull’assunto che il risarcimento fosse dovuto esclusivamente per le annualità di corso iniziate dopo il 1 gennaio 1983) ed accoglimento parziale (per il solo anno accademico 1983/1984) della domanda del C..

Il ricorso è fondato.

In esso viene richiamato specificamente, in conformità a quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il contenuto della originaria comparsa di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato, nella parte in cui quest’ultima ha espressamente riconosciuto che gli attori avevano frequentato i rispettivi corsi di specializzazione a partire dall’anno 1982. Di tale riconoscimento, peraltro, si dà esplicitamente atto anche nella stessa sentenza impugnata, con riguardo alla frequenza rispettiva, da parte del G., del corso di specializzazione in Chirurgia Oncologica dall’anno accademico 1982/1983 e, da parte del C., del corso di specializzazione in Ematologia Generale, dall’anno accademico 1983/1984.

E’ pacifico, inoltre, che gli attori abbiano effettivamente conseguito i rispettivi titoli di specializzazione, il che implica che gli stessi devono necessariamente aver frequentato i relativi corsi per gli anni previsti.

Risultano quindi fondate sia la censura di violazione del principio di non contestazione, sia quella di insanabile contraddittorietà logica della decisione: la prima, perchè effettivamente emerge dal contenuto degli atti difensivi delle parti richiamati nel ricorso che non vi era stata alcuna contestazione, da parte delle amministrazioni convenute, in ordine alla allegata frequenza dei corsi di specializzazione per tutti gli anni della rispettiva durata; la seconda, perchè è insanabilmente contraddittorio, sul piano logico, dare per pacifico il conseguimento del titolo (che richiede la frequenza integrale del corso) e allo stesso tempo ritenere non provata tale integrale frequenza.

La decisione impugnata va pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.

Non sussistendo infatti contestazione sulla frequenza dei corsi quadriennali, il C. deve in realtà ricevere l’importo di Euro 6.713,94 per quattro annualità (e non per una sola, come stabilito dalla corte di appello), mentre il G. deve ricevere il medesimo importo per tre annualità (considerato, per quest’ultimo, che nel ricorso non vi è una specifica censura in merito all’espressa affermazione, contenuta nella decisione di secondo grado, secondo cui per l’anno accademico 1982/1983 non gli spettava alcun risarcimento), oltre gli accessori, come determinati nella decisione impugnata (e cioè interessi legali a decorrere dalla domanda giudiziale).

2. Ricorso incidentale.

2.1 Con il primo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., degli artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell’art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (Trattato di Roma) nella versione consolidata (GUCE n. C 325 del 24 dicembre 2002), dell’art. 117 Cost., comma 1, dell’art. 16 della Direttiva CEE 82/76, nonchè degli artt. 5 e 7 della Direttiva “riconoscimento” 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) “.

Le amministrazioni ricorrenti deducono che il G., essendosi iscritto al corso di specializzazione nel 1982, non avrebbe diritto ad alcun risarcimento.

E’ opportuno premettere che, diversamente da quanto dedotto nel ricorso delle amministrazioni, la domanda del G. non è stata accolta, neanche in parte, nel giudizio di merito, in quanto per l’anno accademico 1982/1983, dallo stesso certamente frequentato, il risarcimento è stato ritenuto comunque non dovuto (e su tale punto della decisione non vi è una specifica censura del G., come già rilevato) mentre la frequenza per gli anni successivi è stata ritenuta non dimostrata. Tanto premesso, si osserva che la censura avanzata con il motivi di ricorso in esame, risulta manifestamente infondata, in base ai principi ormai costantemente affermati da questa Corte (e che il ricorso non contiene argomentazioni idonee ad indurre a rimeditare).

La Corte di Giustizia della Unione Europea, su rinvio pregiudiziale delle Sezioni Unite di questa stessa Corte, ha infatti fornito l’interpretazione delle disposizioni dell’art. 2, paragrafo 1, lett. c), dell’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè dell’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, con la sentenza pronunciata in data 24 gennaio 2018 nelle cause riunite C-616/16 e C617/16, in cui è in sintesi affermato: a) che “qualsiasi formazione… come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto”; b) che tale obbligo “non dipende dalla adozione, da parte dello Stato membro, di misure di trasposizione della direttiva 82/76”; c) che “una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione…dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”.

Come altresì successivamente chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 20348 del 31/07/2018, Rv. 650269 – 01) “il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); ne consegue che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento”.

Il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, escluso (senza che sia stata sul punto avanzata specifica censura da parte dell’attore) dalla corte di appello per l’anno accademico 1982/1983, spetta dunque certamente al G. per i successivi anni di frequenza del corso di specializzazione.

2.2 Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., degli artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell’art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (Trattato di Roma) nella versione consolidata (GUCE n. C 325 del 24 dicembre 2002), dell’art. 117 Cost., comma 1, dell’art. 16 della Direttiva CEE 82/76, nonchè degli artt. 5 e 7 della Direttiva “riconoscimento” 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Le amministrazioni ricorrenti deducono che il risarcimento non spetterebbe al G., in quanto il corso di specializzazione frequentato dallo stesso (in Chirurgia oncologica) non rientrerebbe tra quelli di cui agli elenchi allegati alle direttive Europee e per i quali era operante l’obbligo dello Stato di prevedere una adeguata remunerazione per il periodo di frequenza.

Il motivo di ricorso in esame è inammissibile.

La questione posta riguarda, in sostanza, la natura “comune” ad almeno due stati membri del corso di specializzazione frequentato dal G., anche in relazione alla sua equivalenza a corsi di specializzazione istituiti in altri stati membri.

Si tratta di una questione che, secondo il costante orientamento di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 – 02; cfr. altresì, sostanzialmente nel medesimo senso, tra le altre: Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 6471 del 31/03/2015; Sez. L, Sentenza n. 190 del 11/01/2016; Sez. 3, Sentenza n. 16665 del 09/08/2016; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21798 del 28/10/2016, Rv. 642960 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 13760 del 31/05/2018, Rv. 648800 – 01), implica anche riscontri fattuali che deve compiere il giudice di merito, sicchè, in mancanza di indicazioni della parte ricorrente circa la sede dei gradi di merito in cui il relativo accertamento sia stato effettuato ed il modo in cui si sia formato, essa è inammissibile nel giudizio di cassazione, non configurandosi come una mera “quaestio iuris” riconducibile all’art. 382 c.p.c., comma 3.

Il ricorso, sotto questo aspetto, difetta di specificità.

In esso non si indica con precisione (richiamandone il contenuto) in quali atti del giudizio di merito era stata eventualmente specificamente posta dalle amministrazioni convenute la suddetta questione, se vi era stata una decisione in primo grado, se essa era stata riproposta in appello ed eventualmente in quali termini.

Poichè, come chiarito in premessa, l’individuazione dei corsi di specializzazione che rientrano tra quelli oggetto di necessaria remunerazione in quanto comuni a due o più stati membri, o comunque ad essi equivalenti, richiede lo svolgimento di accertamenti di fatto, tale questione non può essere posta per la prima volta in sede di legittimità.

3. Il ricorso principale è accolto, per quanto di ragione.

Il ricorso incidentale è rigettato.

La sentenza impugnata è cassata e, decidendo nel merito, i Ministeri convenuti sono condannati, in solido, a pagare in favore di G.A.S., l’importo di Euro 20.141,82 (= Euro 6.713,94 – 3) e, in favore di C.A.G.S., l’importo di Euro 26.855,76 (= Euro 6.713,94 – 4), oltre interessi al tasso legale dalla domanda, per entrambi;

Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione delle oggettive incertezze interpretative ancora esistenti al momento della proposizione dei ricorsi, in ordine ad almeno alcune delle questioni giuridiche affrontate, e tenendo conto altresì del fatto che il ricorso è stato proposto anche nei confronti dell’Università degli Studi di Messina, la quale ha resistito con controricorso, sebbene la decisione, nella parte in cui ha negato la legittimazione passiva di quest’ultima, non risulti affatto contestata dai ricorrenti.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed il Ministero della Salute, in solido, a pagare, in favore di G.A.S., l’importo di Euro 20.141,82 e, in favore di C.A.G.S., l’importo di Euro 26.855,76, oltre, per entrambi, interessi al tasso di legge, dalla domanda;

dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

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