Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28440 del 19/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28440 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAISANO GIULIO

Data pubblicazione: 19/12/2013

SENTENZA

sul ricorso 23023-2010 proposto da:
NAPPI

GIUSEPPINA

ANDREINA

MARIA

C.F.

NPPGPP57S70E620U, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio
2013
3135

dell’avvocato IACOBELLI GIANNI EMILIO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

contro

I.N.P.D.A.P.
PER

I

NAZIONALE

DELLA

DIPENDENTI

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 97095380586,
persona del

DI

in

legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,
VI a

CER

echIa

ni

29 p -17e33n

l’Avv.

MASSAFRA Paola che lo rappresenta e
difende, giusta procura speciale notarile
in atti;
– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 469/2010 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il
06/02/2010 R.G.N. 3425/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 06/11/2013 dal
Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;
udito l’Avvocato CASERTANO FRANCESCO per
delega IACOBELLI EMILIO;
udito l’Avvocato MASSAFRA PAOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. MARIO FRESA che
ha concluso per il rigetto del ricorso.

PREVIDENZA

ISTITUTO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Napoli Nappi Giuseppina Andreina Maria
espose che era stata assegnata all’INPDAP in posizione di comando dal 31
dicembre 1997 provenendo dal ruolo del disciolto Ente Poste; che solo in
data 10 aprile 2000 era stata assunta alle dipendenze dell’INPDAP, con
Istituto, con delibera n. 53 del 23 maggio 2000, aveva pubblicato vari bandi
per l’espletamento di procedure selettive interne per la progressione di
carriera, tra cui quelle per la copertura di 313 posti disponibili per la
posizione C4 profilo “Responsabile di processo” e per la copertura di 1501
posti disponibili per la posizione C3 profilo “Facilitatore di processo”,
stabilendo quale clausola per l’ammissione alla procedura, il possesso del
requisito della presenza in servizio di ruolo alla data del 29 dicembre 1999,
requisito che aveva determinato l’esclusione di essa istante. Tanto premesso
e dedotta l’illegittimità dell’inquadramento operato dall’1NPDAP, oltre che
della delibera di approvazione delle selezioni alle quali non era stata
ammessa, la ricorrente chiese l’accertamento del suo diritto
all’inquadramento nell’area C, posizione 4, profilo “funzionario capo”, o,
in subordine, nella posizione 3 della stessa area, profilo di “funzionario di
amministrazione” di cui alla declaratoria del CCNL per i dipendenti del
comparto enti pubblici non economici, previa disapplicazione del
precedente atto di inquadramento e previa dichiarazione di nullità della
clausola del contratto individuale di lavoro con la quale era stato operato
l’illegittimo inquadramento attribuito; conseguentemente, l’istante chiese la
condanna dell’INPDAP al pagamento delle differenze retributive maturate,
con gli accessori di legge, oltre che la dichiarazione di illegittimità o la
disapplicazione del bando di selezione di cui alla circolare n. 25 del 31
maggio 2000, nonché della determinazione del Direttore generale n. 53 del
23 maggio 2000 e dì ogni atto presupposto o conseguente, ivi compresa

inquadramento nell’area professionale C, livello retributivo Ci; che detto

l’esclusione dalle selezioni, con condanna dell’Ente al risarcimento del
danno per perdita di chances, nella misura pari alle differenze tra
trattamento economico in godimento e quello che le sarebbe spettato in
caso di partecipazione alle selezioni.
Con sentenza del 20 dicembre 2005 l’adito Tribunale ha rigettato la
ha confermato la pronuncia di rigetto. La Corte territoriale ha motivato tale
pronuncia di rigetto, per quanto rileva in questa sede, rilevando che
l’appellante non aveva specificato quale fossero state in concreto le
mansioni espletate dalla ricorrente presso l’Ente di provenienza ovvero
nella fase in cui aveva operato in regime di distacco presso l’INPDAP, per
cui non si poteva seguire una concreta verifica della corrispondenza fra le
due qualifiche previa disapplicazione del DPCM in materia di
inquadramento.
La Nappi propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad
un unico articolato motivo.
L’INPDAP ha rilasciato procura.
Il Nappi ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si lamenta ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ. violazione e
falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. 165 del 2001 in relazione all’art. 2103
cod. civ. anche in relazione all’art. 53 della legge 449 del 1997; violazione
e falsa applicazione dell’art. 43 del Contratto Collettivo per i dipendenti
delle Poste Italiane del 26 novembre 1994 in relazione al CCNL del 16
febbraio 1999 per il personale del comparto degli Enti Pubblici non
economici Allegato 2 (CCNL 1998/2001 ); violazione e falsa applicazione
dell’art. 199 comma 2 d.P.R. 3 del 1957 e succ. modifiche; violazione e
falsa applicazione dell’art. 4, 2° comma della legge 273 del 1995;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. (in punto

domanda e la Corte d’appello di Napoli con sentenza del 6 febbraio 2010

di interpretazione dei contratti collettivi richiamati); violazione e falsa
applicazione dell’art. 4 delle disposizioni sulla legge in generale di cui al
r.d. 16 marzo 1942 n. 262; violazione degli artt. 112,115 e 116 cod. proc.
civ.; violazione dell’art. 63 d.P.R. 165 del 2001. In particolare si deduce
l’obbligo del giudice di disapplicare il provvedimento amministrativo
una corretta interpretazione delle norme contrattuali in materia di
inquadramento con un’attenta verifica dei profili previsti e ad una
comparazione con le mansioni concretamente svolte dalla attuale
ricorrente.
Il ricorso non è fondato. In merito alla lamentata violazione delle norme
richiamate va considerato che questa Corte, con sentenza delle Sezioni
Unite ha precisato che il d.p.c.m. 7 novembre 2000 – atto avente natura
amministrativa, in quanto proveniente da una autorità esterna al rapporto di
lavoro – non assolve alla funzione di determinare la concreta disciplina del
rapporto di lavoro, mancando un fondamento normativo all’esercizio di un
siffatto potere, ma solamente a quella di dare attuazione alla mobilità
(volontaria) tra pubbliche amministrazioni. Ne consegue che
l’equiparazione delle qualifiche proprie dell’Ente Poste Italiane con le
posizioni economiche dell’INPDAP, contenuta nel citato d.p.c.m., non ha
efficacia vincolante, dovendosi ritenere giuridicamente giustificata la
verifica compiuta dal giudice di merito sulla correttezza dell’inquadramento
spettante al lavoratore, sulla base dell’individuazione, nel quadro della
disciplina legale e contrattuale applicabile nell’amministrazione di
destinazione, della qualifica maggiormente corrispondente a quelle di
inquadramento prima del trasferimento (Cass. Sez. Un. 12 gennaio 2011 n.
503). Nel caso in esame la Corte territoriale ha considerato che la
descrizione delle mansioni contenute nel ricorso introduttivo non erano
sufficientemente dettagliate in modo da consentire la concreta verifica della

illegittimo con la conseguente necessità, nel caso in esame, di procedere ad

corrispondenza con la qualifica rivendicata e, su tale punto decisivo per la
controversia, la ricorrente nulla censura.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;

100,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori
di legge.
Così deciso in Roma il 6 novembre 2013.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in €

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