Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28440 del 14/12/2020

Cassazione civile sez. III, 14/12/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 14/12/2020), n.28440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di sez. –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 12930 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

Z.B.V., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta

procura in calce al ricorso, dagli avvocati Claudia Zhara Buda,

(C.F.: ZHR CLD 62P66 C351Y), e Massimo Zhara Buda; (C.F.: ZHR MSM

67P23 C351S);

– ricorrente –

nei confronti di:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore (C.F.:

(OMISSIS));

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, (C.F.:

80224030587);

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n.

3206/2016, pubblicata in data 20 maggio 2016;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 20

ottobre 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il medico Z.B.V., deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, ha agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Roma, che ha ritenuto prescritti i diritti fatti valere.

La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, esclusa la prescrizione, ha comunque rigettato la domanda.

Avverso tale decisione ricorre la Z.B., sulla base di due motivi.

Resistono con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il M.I.U.R., il Ministero della Salute il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, art. 112 c.p.c., art. 115 c.p.c., art. 345 c.p.c., comma 2, con riferimento alle Direttive 82/76/CEE, 75/362/CEE, artt. 5 e 7, e 75/363/CEE, al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 4, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

Con il secondo motivo si denunzia “In subordine, Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

I due motivi del ricorso esprimono un’unitaria censura, sono logicamente connessi e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente.

Secondo la ricorrente, la corte di appello avrebbe illegittimamente rilevato di ufficio, in mancanza di eccezione (o comunque di adeguata contestazione) della controparte, la mancata inclusione del diploma di specializzazione da lei conseguito (in Medicina Legale e delle Assicurazioni) tra quelli di cui agli elenchi allegati alle direttive Europee e per le quali era operante l’obbligo dello Stato di prevedere una adeguata remunerazione per il periodo di frequenza.

Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile.

L’inclusione del corso di specializzazione nelle professioni sanitarie tra quelli di cui agli elenchi allegati alle direttive Europee che sanciscono l’obbligo per lo Stato membro di prevedere una adeguata remunerazione per il periodo di frequenza (ovvero la sua equipollenza a quelli riconosciuti in almeno due stati membri), rappresenta uno dei fatti costitutivi del diritto del medico specializzato ad ottenere l’indennizzo per la mancata (o tardiva) attuazione delle suddette direttive; non è dunque configurabile – come pare invece ritenere, erroneamente, la ricorrente – la mancata inclusione negli elenchi in questione come un fatto impeditivo del diritto di cui si discute. Si tratta, in altri termini, di un elemento costitutivo della fattispecie, che l’attore deve specificamente allegare nella sua domanda e, ove occorra, deve altresì provare in giudizio. La sua effettiva sussistenza va, di conseguenza, sempre verificata dal giudice, indipendentemente dalla proposizione di una specifica eccezione in proposito da parte del convenuto (e senza che vi sia alcuna necessità di sollecitare le parti ad un ulteriore contraddittorio su di esso).

Le censure in diritto della ricorrente, sotto tale aspetto, risultano pertanto del tutto infondate.

La relativa questione è d’altra parte – come più volte sottolineato da questa Corte – rilevante sia in diritto (con riguardo alla corrispondenza tra la specializzazione conseguita dall’attore e quelle espressamente incluse negli elenchi allegati alle direttive), sia eventualmente in fatto (con riguardo alla sua equipollenza rispetto alle diverse specializzazioni previste negli altri stati membri).

Lo stesso principio di non contestazione, in proposito, può quindi eventualmente operare con esclusivo riguardo agli aspetti rilevanti in fatto.

Tanto precisato, le censure avanzate dalla ricorrente, oltre che infondate in diritto per i profili appena evidenziati, risultano altresì, per gli ulteriori profili prospettati, inammissibili, in quanto non sufficientemente specifiche, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Posto che non vi sono dubbi sul fatto che la scuola di specializzazione frequentata dalla Z.B. (in Medicina Legale e delle Assicurazioni) non è inclusa negli elenchi di cui agli artt. 5 e 7 della Direttiva n. 362/75/CEE (come del resto correttamente rilevato dalla corte di appello; cfr. comunque in proposito, con specifico riguardo a tale specializzazione, ad es., Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1058 del 17/01/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 8377 del 29/04/2020; entrambe non massimate), sarebbe stato necessario quanto meno che fosse richiamato specificamente nel ricorso il contenuto dell’atto introduttivo in cui era allegata l’equipollenza della suddetta specializzazione a quelle previste da altri due stati membri (con la precisa indicazione di dette specializzazioni e delle ragioni della pretesa equipollenza), nonchè il contenuto delle difese delle amministrazioni convenute, dalle quali poteva eventualmente evincersi la mancata contestazione di tali circostanze di fatto.

Nel ricorso, invece, mancano del tutto i suddetti richiami; esso, sotto questo profilo, deve pertanto ritenersi difettare di specificità.

Quanto sin qui esposto risulta assorbente di ogni altro profilo di censura sollevato nel ricorso.

Va comunque rilevato – anche a scopo di completezza espositiva – che la disposizione di cui all’art. 101 c.p.c., comma 2, (introdotta in base alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 13, ed applicabile ai soli giudizio iniziati dopo il 4 luglio 2009, ai sensi dell’art. 58 medesima legge), invocata dalla ricorrente, non è direttamente applicabile nella fattispecie, in quanto il giudizio risulta iniziato introdotto nel giugno 2009, (cioè prima del 4 luglio 2009).

D’altra parte, la violazione delle norme processuali richiamate nel ricorso, quali “principi regolatori del giusto processo”, soggiace alla disposizione di cui all’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 2: essa, per determinare l’invalidità della sentenza, deve avere carattere decisivo, cioè deve avere inciso sul contenuto della decisione e, dunque, deve avere arrecato un effettivo pregiudizio a chi la denuncia, pregiudizio che va da quest’ultimo evidenziato (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22341 del 26/09/2017, Rv. 646020 – 03; conf.: Sez. 6 – L, Ordinanza n. 26087 del 15/10/2019, Rv. 655459 – 01). Sarebbe stato pertanto necessario che la ricorrente avesse allegato e dimostrato gli effetti decisivi sull’esito del giudizio che la violazione della regola sulla sollecitazione del contraddittorio avrebbe avuto e, quindi, quanto meno che avesse indicato cosa avrebbe replicato in caso di rilievo officioso della questione di cui si discute; tali indicazioni mancano del tutto nel ricorso che, anche per questo profilo, deve pertanto ritenersi inammissibile.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore delle amministrazioni controricorrenti, liquidandole in complessivi Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA