Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28439 del 15/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2021, (ud. 08/06/2021, dep. 15/10/2021), n.28439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23646/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Autostradale Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pasquale Russo,

Guglielmo Fransoni e Francesco Padovani, con domicilio eletto presso

lo studio del secondo, in Roma via Crescenzio n. 2, giusta in calce

al controricorso;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 1642/15/14, depositata il 28 marzo 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8 giugno 2021,

fissata ai sensi della L. n. 176 del 2020, art. 23, comma 8 bis, dal

Cons. Fuochi Tinarelli Giuseppe;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Basile Tommaso, che, riportandosi alle conclusioni scritte,

ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto

dell’incidentale.

Udito l’Avv. dello Stato Gianmario Rocchitta per l’Agenzia delle

entrate che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Udito l’Avv. Guglielmo Fransoni per la contribuente che ha concluso

per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento

dell’incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Autostradale Srl impugnava l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, per l’anno 2007 per Ires, con il quale, in relazione al disconoscimento delle perdite dichiarate dalla società per gli anni 2004, 2005 e 2006, operato con autonomi avvisi di accertamento, aveva determinato un maggiore imponibile.

L’impugnazione era accolta dalla CTP di Milano. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo, cui resiste la contribuente con controricorso, poi illustrato con memoria, proponendo altresì ricorso incidentale con un motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va disattesa, in primo luogo, l’istanza di riunione attesa la diversità delle questioni dei diversi giudizi, non sussistendo neppure ragioni di economia processuale per una tale soluzione

2. E’ preliminare l’esame del ricorso incidentale, che ha natura pregiudiziale avendo la contribuente denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, per aver la CTR ritenuto ammissibile l’appello della Agenzia delle entrate.

2.1. Il motivo è infondato.

Secondo l’orientamento assolutamente consolidato di questa Corte, infatti, nel processo tributario deve ritenersi – qualora l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato – compiutamente assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello (v. Cass. n. 16163 del 3/8/2016; Cass. n. 7639 del 22/03/2017; Cass. n. 9937 del 20/04/2018; Cass. n. 11061 del 11/05/2018; da ultimo Cass. n. 15519 del 21/07/2020).

Nella vicenda in giudizio, invero, da un lato la CTR ha chiarito che l’Agenzia “ha specificato i motivi evidenziando come i primi giudici avessero deciso la vertenza non sulla base della legittimità dell’avviso di accertamento, come chiesto, ma sulla base degli esiti delle controversie relative agli avvisi di accertamento per gli anni 2004, 2005 e 2006”; dall’altro è la stessa parte ad affermare riproducendo (anche se solo parzialmente, e, dunque, al limite dell’inammissibile) le deduzioni in appello dell’Agenzia delle entrate – che l’Ufficio, oltre ad insistere sulla legittimità dell’avviso e del ricorso alla modalità procedurale ex art. 41 bis cit., aveva esplicitamente riproposto le deduzioni già svolte in primo grado.

Ciò basta per ritenere l’insussistenza della lamentata violazione.

3. L’unico motivo del ricorso principale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, per aver la CTR ritenuto non sussistere i presupposti di legge per la ripresa in quanto “non si è in presenza d’accertamento di un maggior utile né di deduzioni ed agevolazioni non spettanti ma di una rettifica del riporto delle perdite pregresse”, in conseguenza di avvisi di accertamento per altre annualità.

3.1. Il motivo è inammissibile non cogliendo la ratio della decisione.

3.2. La CTR, difatti, delineati i caratteri dell’accertamento parziale, ha rilevato che tale modalità procedurale “non costituisce una nuova forma di accertamento che deroghi alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39” (in coerenza con quanto ripetutamente affermato da questa Corte: v. Cass. n. 28681 del 07/11/2019; Cass. n. 21984 del 28/10/2015) “può essere utilizzato dall’A.F. in quanto emerga “un maggior utile” o si sia in presenza di “imposte non evase””, mentre “nel caso di specie” “non si è in presenza d’accertamento di un maggior utile né di deduzioni ed agevolazioni non spettanti ma di una rettifica del riporto delle perdite pregresse per i cui esercizi di formazione erano stati emessi avvisi di accertamento”.

La CTR, dunque, non ha affatto disconosciuto – come pretende l’Ufficio – la rilevanza, in linea generale, delle perdite pregresse (e la liceità della ripresa) anche per le annualità successive nelle quali la perdita sia stata riportata, purché, peraltro, tale condotta si sia risolta nel conseguimento di un maggior utile, vuoi nell’accezione di un maggior ricavo, vuoi di una minore perdita, vuoi per l’indebita deduzione di costi ed agevolazioni.

Tale effetto non si realizza, invece, ove – come accertato in fatto dalla CTR – le perdite siano state sì riportate ma, in concreto, non utilizzate tuir ex art. 84, restando non incidenti sulla determinazione dell’imponibile e del reddito d’impresa.

Del resto, è sempre possibile per l’Ufficio (anche alla luce della recente pronuncia delle Sezioni Unite, n. 8500 del 25/03/2021, che, pur relativa alla contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale, individua il momento rilevante per la ripresa in quello in cui il singolo rateo è indicato nella specifica dichiarazione annuale) se, successivamente, la perdita venga utilizzata per ridurre il reddito imponibile, procedere ad un nuovo accertamento e rettifica delle dichiarazioni rese.

4. In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso principale e rigettato quello incidentale.

Le spese vanno compensate attesa la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale. Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2021

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